giovedì 5 novembre 2009


STRAGE DI VIAREGGIO
Mario Orsi, affetto da Sla,
il 29 giugno ha perso la moglie e la figlia di 23 anni.
Ora, in quanto non autosufficiente, vive nell'agonia di una clinica privata a Lido di Camaiore.
«Voglio vedere in faccia chi ha ucciso tutta la mia famiglia.
Esigo giustizia prima che si verifichi un'altra strage.
Il mio futuro? Per vivere ho bisogno di assistenza: resterò in clinica».

3 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Oggi, ripercorrendo quel binario maledetto, pendolari e macchinisti vengono accolti alla stazione di Viareggio da un mega striscione che campeggia sopra le loro teste, srotolato lungo il cavalcavia che sovrasta la ferrovia: "Giustizia e verità per la nostra città". "Giustizia" perché nonostante ordinanze milionarie, rimborsi annunciati e ricostruzioni sbandierate le vittime della strage ferroviaria non hanno ancora ricevuto un solo euro. "Verità" perché, a quasi quattro mesi dalla tragedia, nessun nome è ancora iscritto nel registro degli indagati. Non avere indagati significa anche non poter aprire le pratiche assicurative da parte delle aziende responsabili e, conseguentemente, avviare le procedure di rimborso alle vittime. Che attendono impotenti tra speranza e rassegnazione. Senza più casa, senza più familiari, senza più lavoro. E adesso, senza più soldi. «Se non fosse per la beneficenza della Misericordia e della Croce Verde di Viareggio non avrei neppure i soldi per andare a trovare mia madre al Centro grandi ustionati di Torino» racconta Antonio Lunardi, abitazione e ufficio squarciati nella notte del 29 giugno e i cui genitori, salvi per miracolo, sono ricoverati da oltre tre mesi al centro specializzato piemontese. «Ho perso il lavoro e non ho più entrate. Continuo a pagare i dipendenti e sto esaurendo i miei risparmi. Ogni tre giorni vado a Torino con la macchina che mi ha ricomprato la Misericordia ma le spese sono insostenibili e i rimborsi non arrivano».

Fabio e Fabrizio ha detto...

Molti cittadini, nonostante la disgrazia avvenuta, stanno continuando a pagare le bollette della luce, i mutui e i leasing delle case andate in fumo. Ma c'è chi sta peggio. Mario Orsi, affetto da Sla, il 29 giugno ha perso la moglie e la figlia di 23 anni. Ora, in quanto non autosufficiente, vive nell'agonia di una clinica privata a Lido di Camaiore. «Voglio vedere in faccia chi ha ucciso tutta la mia famiglia. Esigo giustizia prima che si verifichi un'altra strage. Il mio futuro? Per vivere ho bisogno di assistenza: resterò in clinica».
Nel frattempo all'ufficio stampa di Ferrovie continuano ad arrivare richieste di interviste a Mauro Moretti, amministratore delegato del gruppo Fs. Ma lui glissa, o perlomeno, come ci dicono gli addetti alla comunicazione, «sta valutando le varie richieste dei giornalisti». A ridosso della strage Moretti affermò che «non abbiamo ancora attivato la nostra assicurazione perché non ci sentiamo responsabili». Secondo l'ad di Ferrovie «la responsabilità dell'incidente è da attribuirsi alla società privata americana Gatx Rail, proprietaria della carrozza e, in quanto tale, addetta alla manutenzione del mezzo ferroviario». L'azienda americana, a sua volta, rimpalla le colpe sugli affittuari del mezzo, la Fs Logistica (società del gruppo Ferrovie dello Stato). Secondo i dirigenti della Gatx, una volta affittato il vagone, la sua gestione e manutenzione ricadono sotto la responsabilità di chi lo affitta. In ogni caso, ci ha detto il numero uno dell'azienda americana, Johannes Mansbart, «è ancora prematuro parlare di responsabilità. Ad oggi non ci sono risultati disponibili per permettere una seria valutazione delle cause dell'incidente. Non è ancora chiaro cosa ha contribuito alla rottura dell'asse. Tutto quello che è disponibile al momento - ha concluso Mansbart - sono report mediatici e voci speculative». Intanto, per mettere le mani avanti, ha donato un milione di euro al conto corrente "Pro disastro Viareggio".
Lo scaricabarile delle colpe è grottesco e a rimetterci sono soltanto i cittadini di Viareggio, vittime innocenti di una strage evitabile e attori passivi di un ping pong di accuse senza indagati. «Non è normale che a quattro mesi dalla tragedia non sia ancora emerso il nome di nessun colpevole - afferma Graziano Maffei, l'avvocato delle vittime della strage - Si tratta di un fatto assolutamente inusuale.

Fabio e Fabrizio ha detto...

Sul caso sta indagando la Procura della Repubblica di Lucca, che ha deciso di affidare il caso a due consulenze tecniche, le quali hanno richiesto sei mesi di tempo per il verdetto. Ma chiederanno sicuramente una proroga e le attese si allungheranno ulteriormente».
Con l'intento di fare pressione sulla magistratura il 28 settembre sono state consegnate alla procura di Lucca, alla polizia e ai carabinieri di Viareggio un centinaio di denunce contro ignoti per strage e disastro colposo da parte di cittadini di Viareggio, parenti e conoscenti delle vittime: un tentativo, spiegano i promotori dell'iniziativa, per imprimere un'accelerazione alle indagini che devono chiarire cause e responsabilità. L'ordinanza varata dal commissario Claudio Martini (anche presidente della Regione Toscana) e dal capo della Protezione Civile Guido Bertolaso prevede uno stanziamento di 15 milioni da parte del Governo. Secondo Maffei «la cifra non è sufficiente per sanare le tragiche e gravi problematiche delle vittime». Sembra d'accordo anche il ministro ai trasporti Altero Matteoli, in visita mercoledì scorso a Viareggio: «Sappiamo che i 15 milioni stanziati fino a questo momento non sono sufficienti, ma il governo metterà a disposizione le risorse necessarie mano a mano che si faranno i lavori» ha assicurato Matteoli.
L'ordinanza prevede anche un rimborso del 100% delle spese sostenute per il trasloco degli uffici e un massimo di 366 mila euro di rimborso per ogni imprenditore. Ma gli imprenditori, quando sentono parlare di questi dati, scoppiano a ridere. Qualcuno rimane fiducioso, altri stanno perdendo le speranze. «Ci sentiamo vittime di serie B» affermano in molti. «In Abruzzo alcune case sono state assegnate dopo pochi mesi, ma a Viareggio nemmeno l'ombra» dice Gianni Bini, che in via Ponchielli aveva uno studio di registrazione dal quale sono passati anche celebrità della musica italiana. Il 29 giugno ha perso tutto, almeno 400 mila euro andati in fumo tra apparecchiature e strutture.