mercoledì 18 novembre 2009


Malato di Sla... mentre la sanità va in pezzi:

la doppia tragedia di Cris
Cristinziano Ionata, immobilizzato e attaccato a un respiratore, sperimenta il paradosso dei tagli ai servizi essenziali dopo due mesi di coma in ospedale. Al dolore privato di una malattia terribile che non lascia scampo, si aggiunge l’inefficienza della sanità pubblica: un anno e due mesi per avere l’invalidità, quattro mesi per un letto speciale, ogni giorno una trafila estenuante tra uffici Asl e ambulatori per le forniture mediche. La moglie Nicoletta racconta l’incubo giornaliero: “La fisioterapia è stata sospesa per mancanza di fondi, e ora anche quelle la dobbiamo pagare noi rivolgendoci a un privato”.

6 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Malato di Sla mentre la sanità va in pezzi: la doppia tragedia di Cris
Cristinziano Ionata, immobilizzato e attaccato a un respiratore, sperimenta il paradosso dei tagli ai servizi essenziali dopo due mesi di coma in ospedale. Al dolore privato di una malattia terribile che non lascia scampo, si aggiunge l’inefficienza della sanità pubblica: un anno e due mesi per avere l’invalidità, quattro mesi per un letto speciale, ogni giorno una trafila estenuante tra uffici Asl e ambulatori per le forniture mediche. La moglie Nicoletta racconta l’incubo giornaliero: “La fisioterapia è stata sospesa per mancanza di fondi, e ora anche quelle la dobbiamo pagare noi rivolgendoci a un privato”.

Nell’epoca della sanità allo sfascio, dei tagli sempre più massicci anche sui servizi essenziali come effetto collaterale di decenni di sprechi e leggerezze gestionali, ammalarsi in Molise può rivelarsi un’esperienza doppiamente tragica. Agli effetti devastanti della malattia e al dolore privato, si aggiunge la beffa di una sanità pubblica che funziona a regime ridotto, e che concretizza solo in parte quell’assistenza sancita dalla morale comune e dalla Costituzione.
Cristinziano Ionata è un esempio vivente di questo paradosso. Ha 56 anni, abita a Petacciato, è immobilizzato, vive attaccato a un respiratore artificiale, senza poter più parlare né muovere un solo muscolo. Cris, come lo chiamano i suoi cari e gli amici, è un malato di Sla, acronimo che sta per sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come morbo Lou Gehrig, dal nome del giocatore statunitense di baseball che fu la prima vittima accertata di questa patologia. E’ una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso che colpisce i cosiddetti neuroni di moto e causa la perdita irreversibile della capacità di deglutire, di parlare, di respirare, fino alla morte. Chi ne soffre mantiene però inalterate le funzioni cognitive e sensoriali: sente, capisce, vede, ragiona, prova emozioni, ma non può fare nulla, è come costretto in una gabbia.

Solitamente la Sla, che è una malattia rara e colpisce tra 1 e 3 persone su 100mila, ha un decorso di alcuni anni. Nel caso di Cris però è stata fulminante. «La Sla gli è stata diagnosticata il mese di giugno 2008: un anno dopo è andato in coma e quando è uscito dall’ospedale era completamente immobilizzato e aveva subito la tracheotomia». Nicoletta, la moglie, parla con gli occhi lucidi nella cucina di Petacciato, e il suo racconto fra dolore e rabbia è spezzato dal suono dell’allarme collegato al respiratore artificiale, che impazzisce di continuo. «Ecco come è ridotto Cris: collegato a una macchina che nemmeno i medici di famiglia conoscono. Quando si mette a suonare, e capita spesso, io non so che fare. E non so nemmeno chi chiamare. All’inizio il medico veniva e diceva: ‘signora, che posso fare?’. Adesso non viene neanche più».

E’ inimmaginabile la vita di un malato di Sla, ed è inimmaginabile anche la vita di chi lo assiste. 24 ore al giorno a controllare il paziente, «senza potersi mai fermare, senza potersi allontanare un attimo perché c’è il rischio che succeda qualcosa. Cris deve essere imboccato, cambiato, lavato, girato, pulito con il sondino, deve prendere medicine. Per andare incontro alle esigenze della famiglia lo Stato garantisce l’assistenza domiciliare, «ma la ragazza mandata dal Comune viene tre ore a settimana. Che ci faccio, io, con tre ore a settimana? Chiaramente non è colpa sua, lei non c’entra nulla. Ma i Comuni hanno pochi soldi, e i servizi sono quelli che sono. Anche per cose così gravi…».

Fabio e Fabrizio ha detto...

Il “risparmio” sull’assistenza domiciliare è davvero il minimo, in questa storia. Visto che, per fare un altro esempio, la sanità non garantisce nemmeno la fisioterapia. «E’ stata sospesa per mancanza di fondi, così mi è stato detto» racconta ancora Nicoletta. «Fino al mese scorso il fisioterapista veniva 5 giorni su sette, come è indispensabile viste le condizioni di mio marito. Ora viene una volta a settimana, e le altre quattro sedute, delle quali non si può fare a meno, devo pagarle io rivolgendomi a un privato».

A complicare le cose è anche la burocrazia, ovvero quell’apparato di richieste, carte, cartelle cliniche, permessi, file in ambulatorio, prenotazioni di visite mediche che viaggiano con ritmi lontani anni luce dai bisogni del malato. «La malattia è stata diagnosticata a mio marito nel giugno 2008. Abbiamo presentato la richiesta di invalidità a luglio. E sa quando ci è arrivata la risposta? Nel mese di ottobre 2009! Un anno e due mesi dopo…».
Prima di avere il letto speciale, quello da ospedale per intenderci, che per un malato di Sla costretto a stare immobile non è certo un optional, sono passati quattro mesi. E ancora: «Ogni volta che mi occorrono pannoloni, disinfettanti, sondini e altro per la cura quotidiana, è un rimpallo di uffici. Le forniture sono contate, anzi a dire il vero sono inferiori rispetto a quelle che servono. E così sono costretta a passare tutte le mattine a Termoli fra gli uffici Asl e gli ambulatori. Il che – precisa Nicoletta, comprensibilmente amareggiata – significa che devo chiamare sempre qualcuno per stare con Cris, che certamente non può rimanere solo».

Anche cambiare la cannula del respiratore, che apparentemente sembra un’operazione facile, può rivelarsi un incubo. «In ospedale non sono nemmeno riusciti a dirmi chi è preposto alla sostituzione della cannula, che va fatta ogni mese. Alla fine, dopo la solita trafila e rimpallo di responsabilità, ho capito che Cris deve andare nel reparto di otorino. Il medico non può venire a casa, quindi è lui che deve spostarsi. Ma in ospedale si rendono conto di cosa significa un viaggio da Petacciato a Termoli per un malato di Sla? Deve essere accompagnato in ambulanza, ma l’ambulanza pubblica non è mai disponibile. Quindi sono costretta a rivolgermi, anche in questo caso, ai privati». A sentire gli uffici della Asrem, emerge che “i malati di Sla hanno diritto a tutte le visite domiciliari di cui hanno bisogno”. Ma l’affermazione ha il sapore di una beffa, visto che per una visita neurologica i tempi di attesa oscillano tra uno e tre mesi. «E che i medici ormai non ci vengono proprio, a casa. Dicono: signora, cosa possiamo fare noi? Non sappiamo gestire un paziente del genere…».

Era il giorno di Pasqua del 2008 quando Cristinziano Ionata, che ha lavorato per 24 anni nell’azienda chimica Flexisys di Termoli, è inciampato in fabbrica facendosi male. E’ stata la spia che qualcosa non andava: la malattia, che compromette progressivamente l’uso delle mani e la facoltà motoria, lo aveva cominciato ad aggredire, senza lasciargli scampo. In poco tempo è stata necessaria la sedia a rotelle finché, la scorsa estate, ha avuto una terribile crisi respiratoria ed è andato in coma. «Due mesi ricoverato nel reparto di Rianimazione, sottoposto alla tracheotomia. Un mese per far arrivare il respiratore, visto che era agosto e le ditte erano in ferie. Davvero pazzesco».
E poi, quando è stato dimesso, l’ammissione sconfortante dei dottori alla moglie: «Lo rimandiamo a casa, qua noi non possiamo fare nulla». Il calvario è cominciato così, e va avanti da quasi tre mesi tra rabbia, disperazione, senso di impotenza e solitudine. La famiglia di Cris sono la moglie Nicoletta e la sorella Angela, e se non ci fossero loro lui sarebbe completamente abbandonato. Entrambe però non demordono, e superano l’inefficienza della sanità pubblica con una forza di volontà straordinaria. Anche se è dura, anche se «in certi giorni senti che non ce la puoi fare».

Fabio e Fabrizio ha detto...

Una sanità che taglia sui servizi essenziali e realizza solo parzialmente il diritto all’assistenza, nonostante i proclami dei politici che a fronte di un dissesto totale ancora si ostinano a parlare di “efficienza” e “qualità”, a stento riesce a pensare ai bisogni fisici. Figurarsi il resto. E infatti alla famiglia di Cristinziano Ionata, che non può più parlare e non riesce più a dialogare con i propri cari ad eccezione di qualche battito di ciglia per dire “sì” o “no”, nessuno in Molise ha parlato di mezzi di comunicazione speciali. Solo per un caso fortuito la signora Nicoletta ha appreso, tramite una dottoressa di Roma, che esiste un comunicatore a controllo oculare, ovvero un computer dotato di software che “legge” lo sguardo del paziente e lo traduce in parole su una tastiera virtuale. «Quando i tecnici sono venuti da Roma a casa nostra per fare una dimostrazione e hanno accertato che il comunicatore è perfettamente compatibile con le condizioni di Cris, io l’ho visto contento. Per la prima e unica volta da quando è a immobile, ho letto il sorriso nei suoi occhi». Nicoletta ha presentato domanda alla Asl per averlo. «So che costa molto ma so che è un diritto di chi ha questa malattia. Spero che non lo facciano aspettare troppo: mio marito non può resistere ancora così».

GUIDETTI family ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
GUIDETTI family ha detto...

Cristinziano,

NON MOLLARE !!!

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un abbraccio.
dario

Anonimo ha detto...

COSA AGGIUNGERE...
FORZA CRIS
UN ABBRACCIO CON TUTTO L'AFFETTO