SCIOPERO DELLA FAME DEI MALATI DI SLA
«Chiediamo una degna assistenza domiciliare per tutti i malati di SLA del Paese. Siamo determinati ad andare avanti finché il Governo non risponderà».Guidano la protesta Salvatore Usala e Giorgio Pinna.
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA: ...AIUTIAMOCI A TROVARE IN QUESTO BUIO UNA LUCE ... CHE CHI DOVREBBE NON HA TEMPO O CORAGGIO DI ACCENDERE... VI LASCIO UNA VOCE CHE CON SACRIFICIO HO CONQUISTATO... MA QUESTO TRISTE E INCONSOLABILE PATRIMONIO E' DI OGNI MALATO ... DI OGNI FAMILIARE CHE PIANGE IN SILENZIO... DA QUANDO QUESTE TRE LETTERE SONO ENTRATE NELLA NOSTRA VITA E CHE MESSE INSIEME FORMANO UNA COSI' PROFONDA E INGIUSTA MALATTIA...
7 commenti:
Vale la pena di lottare per le cose senza le quali non ha senso vivere. Chi ha la SLA e chi lo assiste sa cosa manca, io come malato posso farmene una ragione e cerco di sopravvivere nella speranza di una cura, ma mia moglie deve poter vivere, deve avere una libertà. Questa è la cosa che voglio senza la quale non ha senso vivere. Non c'è disperazione e nemmeno rabbia nelle parole di Salvatore Usala, solo una ferma e lucida determinazione.
Dal 4 novembre Salvatore Usala e Giorgio Pinna hanno cominciato lo sciopero della fame per protestare contro le mancate risposte del Ministero della Salute alle istanze e proposte concrete della comunità dei malati di sclerosi laterale amiotrofica. Si è unito in queste ore un altro malato sardo, Mauro Serra, ed altri da tutta Italia sono pronti a seguirli.
«Salvatore è un uomo di 56 anni e da 5 è affetto da SLA. Giorgio, 50 anni, convive con la SLA da ben 20 anni. Entrambi sardi ed entrambi fermi nella loro protesta che questa volta non è per morire ma per continuare a vivere, ma ad una sola condizione: dignitosamente.
Di questi tempi, si può ancora mettere in gioco la propria vita per un ideale? Evidentemente sì, perché per Salvatore e Giorgio di questo si tratta: entrambi hanno una buona assistenza domiciliare che consente alle loro famiglie di avere un minimo di respiro, ma la gran parte delle famiglie italiane è senza aiuti, lasciate sole e abbandonate dalle istituzioni. Scrive Salvatore con un sofisticato computer in grado di intercettare l'unico movimento rimastogli, quello degli occhi: «Noi adesso lottiamo soprattutto per i diritti negati a tanti altri malati. Per esempio, chi ha la SLA e vive in Sicilia oppure in Lombardia è praticamente abbandonato dallo Stato. Noi in Sardegna siamo più fortunati, ma mica più di tanto.»
«Ho trascorsi i primi anni di SLA a rendere meno problematica la vita a tutti quelli che mi ruotavano intorno: gli impegni a scuola erano tanti, la vita sindacale, la mia famiglia. Volevo essere sereno. Dopo è arrivata la fase di impossibilità fisica, la nutrizione artificiale, la tracheostomia per continuare a respirare. Seppur completamente immobile ho preteso di mantenere tanti bei propositi, la voglia di fare; poi però ho assistito impotente alle morti sofferte per abbandono di tanti amici con la SLA e mia moglie accanto a me sempre con il suo immancabile sorriso, ma sempre più stanca. Quanto potrò andare avanti? Quanto la SLA mi consentirà questa pur misera ma ancora attiva vita?»
La proposta: Salvatore Usala ha indirizzato al sottosegretario Ferruccio Fazio un progetto di integrazione socio-sanitaria dettagliato di presa in carico del malato di SLA al domicilio, comprensivo di tabelle, costi comparati e schema di un corso di formazione per badanti, attingendo a progetti regionali già esistenti nel Lazio e in Sardegna. Il fulcro dell'assistenza domiciliare è l'apporto sociale di aiuto alla persona, sotto forma di assistenza indiretta, debitamente formato alla gestione di un malato complesso come quello di SLA. Ciò consentirebbe una più oculata gestione delle risorse e darebbe un aiuto concreto alle famiglie.
L'associazione: «La mancanza di assistenza ai malati di SLA colpisce tutto il nostro Paese, indistintamente da nord a sud, e getta le famiglie nella più totale disperazione», dichiara Mauro Pichezzi, presidente dell'associazione Viva la Vita Onlus (www.wlavita.org) che riunisce familiari e malati di SLA. «L’apporto dei servizi sanitari, e soprattutto di quelli sociali di aiuto alla persona, è pressoché assente costringendo le famiglie a turni massacranti di assistenza continuativa 7 giorni su 7, tutto l’anno e per anni e anni: c’è chi rinuncia al proprio lavoro, chi sacrifica completamente la propria vita. Intere famiglie che pagano un costo sociale altissimo, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza sociale.»
Ed ancora: «Nel Lazio i malati in fase avanzata come Giorgio e Salvatore in respirazione meccanica già godono di una buona copertura assistenziale sanitaria che arriva anche a 12 ore di infermieri al giorno con punte di 24 ore, con costi medi che si aggirano a 150mila euro all'anno a persona. Con una reale presa in carico anche da parte dei servizi sociali, e con un badantato formato a disposizione delle famiglie, le risorse a disposizione potrebbero essere gestire in modo più oculato con maggiore soddisfazione anche da parte delle famiglie. Purtroppo nel resto del Paese, tranne in alcune realtà in Sardegna e in Puglia, l'assistenza è completamente demandata alle famiglie.
Con il ripristino dei Fondi per la non autosufficienza, si richiede urgentemente al Ministero di destinarne una quota parte alle famiglie colpite dalla SLA per garantire loro un’assistenza sociale. Ciò si può tradurre in un assegno mensile alla persona modulabile a seconda dello stadio della malattia, affinché le famiglie possano assumere un assistente familiare debitamente formato.»
FOCUS SULLE CONDIZIONI ASSISTENZIALI IN ITALIA
«La mancanza di assistenza ai malati di SLA colpisce tutto il nostro Paese, indistintamente da nord a sud, e getta le famiglie nella più totale disperazione. In alcune sporadiche realtà regionali l'assistenza esiste ma è disomogenea e frammentata».
La sclerosi laterale amiotrofica è una grave malattia neurodegenerativa progressiva che attacca le cellule nervose nel cervello e nel midollo spinale deputate a comandare la muscolatura voontaria del corpo. Compromessa l’azione volontaria dell’atto muscolare i malati, nelle fasi più avanzate, arrivano alla paralisi totale dei muscoli scheletrici del corpo, all’impossibilità di respirare, di nutrirsi e di parlare autonomamente.
Per continuare a vivere hanno bisogno di ausili elettromedicali e di assistenza specialistica e continuativa. In assenza del supporto della ventilazione assistita, l'aspettativa media di vita è di circa 3-5 anni. Tuttavia, la mente e le capacità intellettive rimangono inalterate.
La SLA è una malattia rara, a tutt’oggi non ha una cura e colpisce circa 4.000 persone nel nostro Paese.
.
FOCUS SULLE CONDIZIONI ASSISTENZIALI IN ITALIA
Un malato di SLA vive la propria vita a casa, in famiglia, ed ha bisogno di assistenza continuativa e altamente specialistica. Purtroppo, ad oggi, il carico assistenziale è quasi sempre interamente demandato alle famiglie che sono costrette a divenire più esperte di un infermiere di rianimazione.
I familiari diventano quindi veri e propri assistenti formati in grado di gestire con professionalità - e soprattutto con amore - la nutrizione artificiale, la respirazione meccanica, ogni ausilio elettromedicale e di movimentazione indispensabile al malato.
Spesso il familiare è costretto a lasciare il proprio lavoro per gestire il proprio caro, appoggiandosi anche all'aiuto di badanti privati per non essere schiacciato dal carico assistenziale. I costi sociali sono altissimi, si aggirano anche a 5mila euro al mese per chi può permetterseli.
FOCUS SULLE CONDIZIONI ASSISTENZIALI IN ITALIA
In alcune realtà italiane esistono dei modelli assistenziali a domicilio che consentono di ricevere un valido aiuto alle famiglie, ma nella gran parte del Paese c'è solo abbandono da pare delle istituzioni.
Per avere un'adeguata assistenza sociale e sanitaria, un malato di SLA in condizioni avanzate necessita di 100mila euro all'anno, fino ad arrivare a 15mila euro per le fasi iniziali di malattia.
Occorrerebbe, quindi, un impegno economico complessivo di circa 150milioni di euro all'anno per garantire un aiuto concreto alle famiglie.
Nel Lazio, le persone con SLA in condizioni avanzate di malattia - in particolare in ventilazione meccanica continuativa - ricevono dalle proprie Aziende Sanitarie Locali una copertura assistenziale sanitaria di mediamente 12 ore al giorno, con punte di 24 ore. Sono previsti anche accessi dedicati degli specialisti medici per operazioni ordinarie sulla tracheostomia e sulla nutrizione artificiale. L'assistenza è quasi esclusivamente di tipo infermieristico in quanto l'apporto sociale, seppur più volte sollecitato, è pressoché assente.
Un'assistenza di tale intensità costa alle ASL circa 150mila euro all'anno a persona. Attualmente è in procinto di partire, in via sperimentale, un modello regionale di presa in carico che coinvolgerà anche gli stadi iniziali ed intermedi della malattia.
In Sardegna, i malati in condizioni avanzate godono di un contributo regionale alle famiglie di 20mila euro massimo e scalabile in relazione al reddito. Sono previsti anche gli accessi di infermieri della rianimazione e controlli medici periodici al domicilio.
Anche in Puglia, ed in particolare nel leccese e in maniera molto più frammentata nel resto della regione, i malati in fase avanzata usufruiscono di assistenza da parte di infermieri altamente qualificati che coprono mediamente 6-8 ore al giorno.
In Lombardia, invece, esiste un voucher sanitario molto esiguo e un aiuto alle famiglie di 500 euro al mese. Le parole di Chantal Borgonovo, la moglie dell'ex calciatore Stefano colpito dalla SLA: «Con il voucher lombardo potevo scegliere tra cinque accessi settimanali di infermieri o di fisioterapia. Inizialmente, ancora inesperta, ho scelto gli infermieri che però venivano per pochi minuti al giorno per effettuare delle medicazioni ordinarie che normalmente faccio anche io, e meglio. Ho quindi deciso di avere solo la fisioterapia che per Stefano è fondamentale. Oltre a questo e all'assegno mensile di 500 euro, non ho altro. Ovviamente mi aiuto con una badante privata altrimenti non riuscirei a fare fronte al carico che richiede Stefano e a badare ai nostri quattro figli».
In Piemonte le condizioni assistenziali sono anche peggiori. A Torino, per i malati nelle condizioni di Stefano Borgonovo, sono previsti solo due accessi infermieristici a settimana e le ordinarie manovre di gestione della tracheostomia e della nutrizione artificiale sono addirittura effettuate in ospedale, costringendo mensilmente i malati a subire un gravoso trasporto in ambulanza per operazioni che generalmente sono gestite a domicilio.
Nel resto del Paese il panorama è ancora più desolante. Alcune regioni erogano un aiuto economico alle famiglie di 500 euro mensili, ma tutto ciò è comunque insufficiente per alleviare le famiglie dal carico assistenziale giornaliero.
In Sicilia, il dr. Orestano - uno dei più autorevoli urologi italiani colpito dalla SLA che vive a Palermo - spende circa 5mila euro al mese per avere un'assistenza dignitosa. Qui la condizione è ancora più disperata.
Posta un commento