martedì 24 novembre 2009


IL SOGNO DI OMAR

COLPITO DALLA SLA,
AFFIDA ALLA MUSICA I SUOI SENTIMENTI
Vuol pubblicare i brani che cantano il suo intenso dialogo con Dio.
E, grazie al ricavato, aiutare chi soffre come lui.
di Rosanna Biffi

2 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

IL SOGNO DI OMAR

Vuol pubblicare i brani che cantano il suo intenso dialogo con Dio.
E, grazie al ricavato, aiutare chi soffre come lui
Gli occhi azzurri di Omar sorridono da subito, curiosi e cordiali. Avrebbe mille motivi per odiare il mondo e quanti respirano senza fatica, così, senza pensarci su. Invece la sua testa e il suo cuore sono liberi, aperti alla vita e all’amore, capaci di avere la meglio su un corpo tanto provato.

Omar Turati ha 36 anni e una vita che fino al 2003 correva senza intoppi: gli studi di chitarra classica e di sociologia, l’insegnamento della musica, i viaggi, gli amici. Finché nel luglio di quell’anno non arrivò una diagnosi terribile: sclerosi laterale amiotrofica, la Sla, una malattia neurodegenerativa che porta a una progressiva paralisi. «Fin da subito la sigla Sla ha assunto per me un nuovo significato: "solo libera l’anima"», spiega nella sua stanza ad Assago, alle porte di Milano. Dal luglio 2007 Omar è costretto a letto o su una sedia a rotelle, dopo la tracheotomia che da allora lo lega a un respiratore, giorno e notte. «Da quel momento», dice, «la mia vita è completamente cambiata, il prezzo da pagare per continuare a vivere è stata la dipendenza dalle macchine».

La camera di Omar è il centro di casa Turati. Il padre Benito e la madre Giovanna vanno e vengono, lui con un silenzio tranquillo e bonario, lei chiacchierando e spronando, da vera forza della natura qual è. In una poesia che il figlio ha scritto per i loro 40 anni di matrimonio, c’è un verso significativo, verissimo: «Nella nostra casa non c’è mai indifferenza, ma tanto rumore è la sua essenza». Con amici che arrivano di continuo, con i rimbrotti e i gesti d’affetto di una famiglia qualunque. «L’amore è la cosa principale che mi dà forza, perché la qualità della vita dipende dalla qualità dell’amore», aggiunge Omar. «Io sono amato perché so ancora amare. Ci sono tante persone che riescono ad apprezzarmi e a volermi bene, a prescindere dalla malattia. Per me, gli incontri con chi non mi fa sentire malato sono un miracolo d’amore».

Fabio e Fabrizio ha detto...

Il punto d’equilibrio tra Omar Turati e la Sla è una conquista faticosa e continua. Parlare gli costa sforzo, scrivere con un computer dedicato gli è possibile muovendo la testa per comandare il mouse. «Una delle fasi più difficili nell’affrontare una malattia devastante come questa è proprio quella dell’accettazione», confida. «È un processo lungo e doloroso. L’operazione più importante è cercare di dare un senso alla sofferenza e alla malattia. Altrimenti si apre la via della disperazione». Omar il senso l’ha trovato in qualcosa che prima non aveva: la fede. «In me l’accettazione sta andando di pari passo con la continua ricerca di un dialogo con Dio, nella malattia. Io non sono solo. Sono convinto che lassù ci sia Qualcuno che, a modo suo, mi protegge o che cerca di rendermi questa parte di vita meno dolorosa possibile».

A quel Qualcuno incontrato sulla propria croce, Omar ha dedicato quest’anno una canzone scritta e musicata da lui: Vorrei parlar con Dio. Ma lui ci parla con Dio? «Sì, soprattutto la notte». La notte, quando ogni anima è sola. E la sua canzone scaturita dai dialoghi notturni è davvero bella. Lo è nella versione pop, arrangiata dal maestro e produttore Filippo Bentivoglio e accompagnata dal coro Shekinah della Pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Milano.

Le visite a Tettamanzi e Martini

Ma lo è altrettanto nella versione originale di Omar, più melodica, cantata dal suo amico Andrea Bellani ed eseguita da una piccola band costituitasi per l’occasione, Gli amici de "Il ramo", dove "ramo" è il nome di Omar scritto al contrario. «La frase del ritornello "Mi ha lasciato solo libera l’anima" ha due significati», spiega Omar. «Da una parte è la dichiarazione di un limite oggettivo; dall’altra, inserita in un contesto gioioso di amore per la vita e di consapevolezza della preziosità della propria esistenza, diventa appunto un inno all’amore, alla speranza». Il progetto è pubblicare e vendere il Cd, per trasmettere a chi è malato (ma anche a chi non lo è) una straordinaria testimonianza di vita, e per devolvere il ricavato a tre associazioni vicine a chi soffre di Sla: l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, la Fondazione Stefano Borgonovo e l’Associazione Aldo Perini.

A Stefano Borgonovo, l’ex campione del Milan e della Fiorentina colpito anch’egli dalla Sla, Omar è affezionato in modo particolare, dopo aver passato un periodo di degenza vicino a lui all’ospedale Niguarda di Milano: «Allora era chiuso e arrabbiato con la vita. Ma quando è arrivato un sofisticato strumento che gli ha permesso di tornare a esprimersi, è come se avesse ritrovato il senso della vita. L’ho visto rifiorire».

Borgonovo ha già deciso di appoggiare il progetto del Cd. Così come lo ha fatto il cardinale Carlo Maria Martini, che Omar ha potuto conoscere a fine settembre, un anno dopo aver incontrato l’attuale arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi. Da allora, il giovane mantiene una corrispondenza con entrambi. Uno scambio epistolare tra anime libere.