Sla, in Italia assistenza ancora inadeguata
Sarebbe inadeguata l'assistenza per i 2.392 malati di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) residenti nelle regioni italiane. Una eccezione per il territorio veneto e quello lombardo.
Sarebbe inadeguata l'assistenza per i 2.392 malati di Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) residenti nelle regioni italiane. Una eccezione per il territorio veneto e quello lombardo.
Il riscontro arriva dal Convegno organizzato dal Laboratorio Fiaso
(Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere)
che si è tenuto ieri a Milano presso l'Auditorium Giorgio Gaber (piazza Duca D'Aosta, 1).
REGISTRO NAZIONALE MALATTIE RARE
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L'evento aveva tra i suoi obiettivi quello di promuovere le "buone prassi" per la gestione delle malattie neurodegenerative ed analizzare il modello italiano di governance sanitaria della Sla. Lo studio Fiaso individua l'esordio delle problematiche dei pazienti già a partire dalla diagnosi. Poca attenzione verrebbe dedicata all'ascolto dell'utente che chiede aiuto alle strutture sanitarie: 45 minuti dura il colloquio di accoglienza e solo nel 71% dei casi viene effettuato in luoghi atti a tutelare la privacy della persona. Addirittura 1 caso su 3 viene "seguito" in corsia.
Solo l'80% degli ospedali possiede una sezione dedicata per la cura di questa patologia neuromuscolare e in molti di questi centri gli spazi risultano essere scarsi. Le liste d'attesa sono in media di 30 giorni, 60 per i centri specialistici. La durata media dei ricoveri e' di quasi 20 giorni con un trend cha va da da 10 a 45,5 giorni. L'80% dei pazienti, ad oggi, è nella fase terminale della malattia e molti preferirebbero trascorrere gli ultimi istanti della loro vita nel proprio ambiente famigliare. Scarso supporto viene dato ai "care giver" (la persona, spesso un famigliare, che stabilmente si occupa del malato). Infine non sono sufficienti i posti letto presenti nelle strutture ospedaliere dedicate a questo.
In Italia vengono stimati per gli anni futuri 3.600 nuovi casi di Sla. Ed ecco allora che la questione relativa all'assistenza diventa un problema allarmante e che necessita di una immediata presa in carico da parte delle istituzioni interessate per l'individuazione di percorsi ad hoc diagnostico-terapeutico-assistenziali (attualmente presenti solo in Veneto e in Lombardia). Secondo il vice presidente Fiaso, nonché direttore generale della Asl di Milano, Walter Giacomo Locatelli urge un approccio multidisciplinare ed univico, frutto di un lavoro sperimentale già attuato da diversi anni e che proviene dall'esperienza dei professionisti dell'aiuto impegnati in questo settore. E' fondamentale puntare all'erogazione di interventi non parcellizzati e di risposte integrate al problema Sla.
I dati, purtoppo, non sono attendibili al 100% perchè risultano essere solo 9 le Regioni che hanno ottemperato all'obbligo di trasmettere i dati all'Iss (Istituto Superiore della Sanità) attraverso la piattoforma web relativa al RNMR (Registro Nazionale delle Malattie Rare). Inoltre il portale sembrerebbe essere poco efficace rispetto agli scopi istituzionali: nella fase di "elaborazione e analisi dei dati statistici" pare che non sia possibile distinguere i casi di Sla da quelli di Sla sospetta, essendo il registro di carattere amministrativo e non strettamente epidemiologico. Ecco il link del RNMR: http://www.iss.it/cnmr/regi/cont.php?id=860&lang=1&tipo=14
Aiuti economici (500 euro al mese) alle famiglie dei malati di Sla, ricoveri di sollievo di 90 giorni in strutture accreditate senza costi aggiuntivi, assistenza integrata dall’ospedale al letto di casa. Sono le caratteristiche che fanno del sistema lombardo di assistenza per i malati di sclerosi laterale amiotrofica «un modello da esportare». A sottolinearlo una nota del Pirellone che commenta i risultati di uno studio di Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere), Fondazione Istud e Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica). In Italia, ci sono vari problemi: i parenti dei malati lamentano liste d’attesa lunghe 30 giorni e chiedono una diversa assegnazione dei posti letto per non affiancare malati di Sla a stadi diversi. Il modello lombardo «è frutto di un percorso cominciato dal 2006» ricorda Giulio Boscagli, assessore alla Famiglia.
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