venerdì 15 gennaio 2010


Io, mio marito e la Sla... Il racconto di Flavia
Senso di abbandono, difficoltà economiche.

La testimonianza di una donna al convegno organizzato dall’associazione Viva la vita:
“Il comunicatore è arrivato 4 mesi dopo
il decesso di mio marito"

1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

La storia/ Io, mio marito e la Sla... Il racconto di Flavia
Senso di abbandono, difficoltà economiche. La testimonianza di una donna al convegno organizzato dall’associazione Viva la vita: “Il comunicatore è arrivato 4 mesi dopo il decesso di mio marito
Venerdí 15.01.2010 12:27
Solitudine, senso di abbandono, difficoltà economiche. È questa la situazione in cui versano centinaia malati e familiari che nel Lazio, e nel resto d’Italia, si trovano a dover combattere una battaglia impari con la sclerosi laterale amiotrofica, più comunemente nota come Sla. E di questo si è discusso a Roma nel corso del convegno organizzato dall’associazione Viva la vita Onlus per presentare il volume “Oltre il soffitto”, pubblicato dalla casa editrice Lombar Key con il patrocinio della provincia di Roma.

Si tratta di un libro che, oltre a presentare uno studio su 19 pazienti affetti da Sla e residenti nella Capitale, propone analisi, alcuni progetti di ascolto e sostegno della Caritas romana e, soprattutto, una serie di testimonianze di malati, familiari e volontari.

LA STORIA - “Quando mio marito è stato dimesso dopo la tracheostomia mi sono trovata completamente sola”, ha raccontato Flavia che ha perso appena 10 mesi fa il compagno di un’intera vita. Ha dovuto imparare tutto, e ha dovuto impararlo da sola, fino a trasformarsi in una “infermiera professionale” h24. “Una volta – ha ricordato – quando ancora riusciva a impugnare la matita, mi ha scritto: ‘non ti posso più dire quanto ti amo’”. Il problema è stato che il tanto atteso “comunicatore” è arrivato solo dopo 4 mesi dopo il decesso.

“Io non ho sentito la sua voce per due anni, quando invece mio marito avrebbe potuto comunicare con me – ha proseguito Flavia. – Avrebbe potuto comunicare almeno i suoi bisogni”. Sono tanti i ricordi degli ultimi mesi in comune, durante i quali la coppia ha continuato a parlare con gli occhi. “Non posso mai dimenticare la prima volta in ospedale – ha detto ancora. – Era pieno di zanzare, lo pungevano e lui non poteva fare niente. Non si poteva grattare. Io agitavo senza sosta una racchetta”. L’ultimo messaggio è per le istituzioni: “Mi piacerebbe che questi politici che chiacchierano in continuazione la smettesse di parlare e trascorresse non dico una settimana, ma almeno 24 ore con una famiglia dove vive un malato di Sla.