Un centro per vincerela Sla e l'Alzheimer
Inaugurato l’Istituto di Neuroscienze
al San Luigi di Orbassano
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA: ...AIUTIAMOCI A TROVARE IN QUESTO BUIO UNA LUCE ... CHE CHI DOVREBBE NON HA TEMPO O CORAGGIO DI ACCENDERE... VI LASCIO UNA VOCE CHE CON SACRIFICIO HO CONQUISTATO... MA QUESTO TRISTE E INCONSOLABILE PATRIMONIO E' DI OGNI MALATO ... DI OGNI FAMILIARE CHE PIANGE IN SILENZIO... DA QUANDO QUESTE TRE LETTERE SONO ENTRATE NELLA NOSTRA VITA E CHE MESSE INSIEME FORMANO UNA COSI' PROFONDA E INGIUSTA MALATTIA...
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Affonda le sue radici nel cuore nero del dramma nazista uno dei più scintillanti e moderni centri di ricerca del Piemonte: l’Istituto di Neuroscienze Cavalieri-Ottolenghi di Orbassano. Inaugurato ieri, il centro ha trovato ospitalità all’interno del San Luigi Gonzaga e vedrà lavorare gomito a gomito otto gruppi di ricerca esperti di diverse discipline.
All’istituto lavoreranno 60 persone tra ricercatori, tecnici e studenti. Strumentazioni all’avanguardia e laboratori attrezzatissimi saranno a loro disposizione per studiare malattie come il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, le atassie, le lesioni del midollo spinale, la Sla, gli ictus e il morbo di Alzheimer. E dire che tutto era nato oltre mezzo secolo fa, esattamente il 19 maggio del 1958 quando Annetta Cavalieri, vedova del banchiere astigiano Emilio Ottolenghi, lasciò in eredità all’Università di Torino un patrimonio sconfinato con l’idea di far nascere un centro di ricerca.
Venduto all’inizio degli Anni Novanta, quel lascito fruttò 29 miliardi di lire. I beni della signora erano costituiti dalla villa «La Specola» nel Novarese (venduta per 385 milioni) e numerosi immobili (compreso un cinema) in piazza dell’Esedra (poi piazza della Repubblica) a Roma. Ma non solo. C’erano anche pregiata argenteria, una collezione di pizzi antichi e molti quadri di pittori dell’Ottocento.
La signora Annetta, di origine ebraica, aveva da tempo in animo di lasciare tutto all’università. Il suo sogno era quello di creare un polo di ricerca che si occupasse dello studio delle cause biologiche delle malattie mentali e delle loro terapie. Sua sorella, deportata in un lager nazista, ne ne era ritornata nel 1945 affetta da una grave malattia mentale. Nel corso degli anni, il progetto iniziale si è ampliato ed è andato a coprire discipline diverse come, appunto, le neuroscienze.
«Purtroppo - spiega il professor Pier Maria Furlan, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia del San Luigi Gonzaga - negli anni la conOscenza delle patologie del sistema nervoso è stata più rapida rispetto a quella delle sue cure e terapie. Ma sono sicuro che la presenza di un istituto come quello delle Neuroscienze a Orbassano, sarà molto utile nel colmare questo gap».
Le ricerche attualmente in atto all’istituto riguardano la rigenerazione dei neuroni, la plasticità del cervello, la cura di malattie neurologiche e del midollo spinale. Il centro si occuperà di ricerca pura, niente posti letto. Sarà legato al dipartimento psichiatrico più grande d’Italia, quello dell’Asl 3 del Piemonte, che copre una popolazione di 650.000 persone.
«La struttura si manterrà con il lascito - dice ancora Furlan - ma il modello di finanziamento è “americano”: per i progetti saranno gli stessi ricercatori a dover trovare i fondi».
Uno degli obiettivi è favorire la multidisciplinarietà. «La costituzione - spiega il professor Ferdinando Rossi, direttore del nuovo istituto - ha permesso di concentrare in un solo luogo ricercatori con esperienze complementari e diverse». I macchinari saranno in comune tra i ricercatori e anche l’architettura, a pianta circolare, è stata studiata in quest’ottica
Affonda le sue radici nel cuore nero del dramma nazista uno dei più scintillanti e moderni centri di ricerca del Piemonte: l’Istituto di Neuroscienze Cavalieri-Ottolenghi di Orbassano. Inaugurato ieri, il centro ha trovato ospitalità all’interno del San Luigi Gonzaga e vedrà lavorare gomito a gomito otto gruppi di ricerca esperti di diverse discipline.
All’istituto lavoreranno 60 persone tra ricercatori, tecnici e studenti. Strumentazioni all’avanguardia e laboratori attrezzatissimi saranno a loro disposizione per studiare malattie come il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla, le atassie, le lesioni del midollo spinale, la Sla, gli ictus e il morbo di Alzheimer. E dire che tutto era nato oltre mezzo secolo fa, esattamente il 19 maggio del 1958 quando Annetta Cavalieri, vedova del banchiere astigiano Emilio Ottolenghi, lasciò in eredità all’Università di Torino un patrimonio sconfinato con l’idea di far nascere un centro di ricerca.
Venduto all’inizio degli Anni Novanta, quel lascito fruttò 29 miliardi di lire. I beni della signora erano costituiti dalla villa «La Specola» nel Novarese (venduta per 385 milioni) e numerosi immobili (compreso un cinema) in piazza dell’Esedra (poi piazza della Repubblica) a Roma. Ma non solo. C’erano anche pregiata argenteria, una collezione di pizzi antichi e molti quadri di pittori dell’Ottocento.
La signora Annetta, di origine ebraica, aveva da tempo in animo di lasciare tutto all’università. Il suo sogno era quello di creare un polo di ricerca che si occupasse dello studio delle cause biologiche delle malattie mentali e delle loro terapie. Sua sorella, deportata in un lager nazista, ne ne era ritornata nel 1945 affetta da una grave malattia mentale. Nel corso degli anni, il progetto iniziale si è ampliato ed è andato a coprire discipline diverse come, appunto, le neuroscienze.
«Purtroppo - spiega il professor Pier Maria Furlan, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia del San Luigi Gonzaga - negli anni la conOscenza delle patologie del sistema nervoso è stata più rapida rispetto a quella delle sue cure e terapie. Ma sono sicuro che la presenza di un istituto come quello delle Neuroscienze a Orbassano, sarà molto utile nel colmare questo gap».
Le ricerche attualmente in atto all’istituto riguardano la rigenerazione dei neuroni, la plasticità del cervello, la cura di malattie neurologiche e del midollo spinale. Il centro si occuperà di ricerca pura, niente posti letto. Sarà legato al dipartimento psichiatrico più grande d’Italia, quello dell’Asl 3 del Piemonte, che copre una popolazione di 650.000 persone.
«La struttura si manterrà con il lascito - dice ancora Furlan - ma il modello di finanziamento è “americano”: per i progetti saranno gli stessi ricercatori a dover trovare i fondi».
Uno degli obiettivi è favorire la multidisciplinarietà. «La costituzione - spiega il professor Ferdinando Rossi, direttore del nuovo istituto - ha permesso di concentrare in un solo luogo ricercatori con esperienze complementari e diverse». I macchinari saranno in comune tra i ricercatori e anche l’architettura, a pianta circolare, è stata studiata in quest’ottica
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