giovedì 27 maggio 2010


Il governo risparmia sugli invalidi

Berlusconi ha annunciato ieri che la manovra finanziaria non toccherà la sanità. Ma il ministro dell’Economia è di tutt’altro avviso, e per ora i conti non tornano. Le anticipazioni sulla manovra che Giulio Tremonti sta mettendo a punto, parlano infatti di ticket sui medici specialisti e di un giro di vite sulle pensioni di accompagnamento per gli invalidi. Quest’ultimi, “non deambulanti” e “non autosufficienti”, se cumuleranno 25 mila euro lordi tra reddito (o pensione) e indennità, non potranno più avere i soldi per l’accompagnamento. Lo stesso se raggiungeranno quota 38 mila euro insieme al coniuge.

4 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Berlusconi ha annunciato ieri che la manovra finanziaria non toccherà la sanità. Ma il ministro dell’Economia è di tutt’altro avviso, e per ora i conti non tornano. Le anticipazioni sulla manovra che Giulio Tremonti sta mettendo a punto, parlano infatti di ticket sui medici specialisti e di un giro di vite sulle pensioni di accompagnamento per gli invalidi. Quest’ultimi, “non deambulanti” e “non autosufficienti”, se cumuleranno 25 mila euro lordi tra reddito (o pensione) e indennità, non potranno più avere i soldi per l’accompagnamento. Lo stesso se raggiungeranno quota 38 mila euro insieme al coniuge.

“Le notizie sono ancora fumose, ma se si verificheranno sarà una catastrofe”, spiega Mauro Pichezzi, presidente dell’associazione “Viva la Vita Onlus”, che si occupa dei malati di sclerosi laterale amiotrofica. “Le famiglie dei malati di Sla finiranno sul lastrico, perché la situazione è già disperata. Non escludiamo un atto forte come un nuovo sciopero della fame dei nostri malati e una manifestazione di piazza per far sentire la voce di chi davvero vive in condizioni di indigenza”. Secondo uno studio commissionato dall’associazione, infatti, le famiglie sopportano un carico di circa 2 mila euro al mese a malato, principalmente per una badante e per i mancati guadagni di familiari impiegati nell’assistenza, con punte di 5 mila euro al mese a causa della carenza delle strutture pubbliche sanitarie e sociali. La situazione dei disabili è critica anche senza il ricorso a provvedimenti restrittivi. Luca Faccio è affetto da tetraparesi spastica, vive in Veneto , è invalido al 100 per cento e percepisce come pensione d’invalidità 256,97 euro. A queste somma 480,47 euro di accompagnamento, per l’assistenza e le cure. “In queste condizioni è impossibile vivere – spiega Faccio – io sono laureato in Scienze dell’educazione, risiedo nella culla dell’industrializzazione, ma non trovo lavoro. Hanno anche sospeso gli incentivi per l’assunzione dei disabili. L’unica cosa che mi hanno proposto è un tirocinio a due euro l’ora per quattro ore al giorno. Mi costa di più farmi accompagnare e riportare dal luogo di lavoro rispetto a quello che guadagno. E quando ho provato a chiedere a cosa mi serviva quel tipo di lavoro mi è stato risposto: a socializzare. Io sono sposato, ho amicizie, il lavoro mi serve per vivere, non per socializzare. Pensate che in questo momento anche mia moglie è disoccupata. Come si fa a sopravvivere con 737,44 euro, comprese le cure?”. Una domanda che Luca Faccio ha posto al ministero dell’Economia e alla presidenza della Repubblica, anche tramite il suo blog www.lucafaccio.it.

“Aspettiamo ancora la firma dei livelli essenziali di assistenza, in cui si elevano gli standard minimi – spiega ancora Pichezzi – altro che tagli. Abbiamo bisogno di maggiori risorse per i disabili, specialmente in questo periodo di crisi, per evitare catastrofi”.

Anonimo ha detto...

Il Ministro dell’Economia la scorsa settimana fa ha annunciato che a pagare la Manovra sarebbero stati “falsi invalidi e veri evasori”.

Autorevoli esponenti della Maggioranza hanno pervaso i media di invettive contro i falsi invalidi - causa del disastro economico - sui quali sarebbe caduta la scure di una politica nuova che elimina le ingiustizie e fa cassa. Sono seguite veline artatamente false che buona parte dei giornali, schierati e non, hanno rilanciato acriticamente, senza approfondire i fatti e i risvolti.

Dimenticando, ad esempio, che l’Italia per l’invalidità civile spende meno della Polonia, dell’Ungheria, della Francia e della Germania e di molti altri. Che meno di noi spende solo la Grecia, l’Estonia, la Bulgaria, l’Iralnda. Che la nostra spesa è inferiore all’Europa dei 15 e anche a quella dei 27 (Fonte: Relazione sullo stato economico del Paese, Ministero dell’economia).



La FISH e le associazioni aderenti reclamano da tempo immemore un’opera di pulizia – ma anche di razionalizzazione del sistema - in questo come in altri campi.

Allo stesso tempo però, sono perfettamente consapevoli che un annuncio tanto roboante ed una campagna così accuratamente costruita non poteva non nascondere ben altro: il taglio delle prestazioni a persone con vera disabilità.

E si è iniziato da una “categoria” che già di tutele ne ha ben poche.

L’innalzamento della soglia percentuale dal 74% all’85% per vedersi erogare l’assegno mensile, non colpisce in alcun modo i falsi invalidi, bensì principalmente persone con disabilità intellettive di media entità espulse dal mercato del lavoro per lo stigma dell’improduttività e per lo stesso stigma privati della vita di relazione ordinaria. Il carico assistenziale ricade, ancora una volta, esclusivamente sulle loro famiglie.



L’entità della loro disabilità è troppo bassa per poter acceder a prestazioni superiori (pensione e indennità di accompagnamento), ma troppo elevata per poter acceder al mondo del lavoro.

Ricordiamo che per queste persone è già previsto, ai fini pensionistici, un doppio requisito molto rigido: essere iscritti alle liste di collocamento e non superare un reddito annuo lordo di 4.408 (quattromilaquattrocentootto) euro. Disoccupati e indigenti.



Oltre a qualche centro diurno, con funzioni più di sollievo che altro, la collettività ha messo loro a disposizione solo l’assegno mensile di assistenza (256 euro al mese). Poco più che un rimborso spese per il trasporto. Fin troppo facile prendersela con loro.

Inutile dire che se per lo Stato il risparmio sarà ridicolo, per i diretti interessati la nuova regola sarà una gravissima perdita.



“I falsi invalidi secondo il Ministro Tremonti – commenta Pietro Vittorio Barbieri, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap - sono le persone ai margini della società che - alla faccia del principio costituzionale della non discriminazione e del pieno sviluppo della personalità, e dei loro diritti fondamentali - vengono private dell’unica misura nazionale che ne incentiva, già in modo esiguo, la permanenza nel proprio contesto familiare, e che restituisce qualche seppur minima opportunità di inclusione sociale.”



La FISH e le associazioni aderenti sono mobilitate per ogni iniziativa democratica affinché la discussione parlamentare possa riequilibrare una mancanza di equità così evidente.

Fabio e Fabrizio ha detto...

La spesa sanitaria italiana puo' considerarsi ormai sotto controllo considerando congiuntamente che, per effetto degli interventi di contenimento attuati negli ultimi anni, la spesa pro-capite e' oggi del 17,6% inferiore a quella dell'Europa a 15 e addirittura quasi il doppio piu' bassa se nel confronto si pongono anche paesi extraeuropei come il Canada, il Giappone e gli Usa. E' quanto emerge dal VII Rapporto Ceis - Sanita' 2009 del Centro studi economici ed internazionale afferente alla Facolta' di Economia dell'Universita' Tor Vergata di Roma, presentato oggi a Roma.
In particolare, la spesa sanitaria totale in Italia nel 2008 (ultimo dato consuntivo disponibile) e' stata pari all'8,7% del Pil (e il dato del 2009 risultera' cresciuto ulteriormente, anche per effetto della recessione economica) ma, con l'indotto che crea, si stima che l'economia legata alla Sanita' in termini di valore aggiunto superi il 12%, rappresentando la terza industria italiana dopo alimentari ed edilizia.
Malgrado l'importanza strategica del settore, rafforzata dall'elevato contenuto di ricerca e innovazione, e quindi di potenziale capacita' competitiva sui mercati, si assiste, secondo il Ceis, ad una netta prevalenza delle politiche sanitarie sul lato assistenziale rispetto a quelle sul lato industriale: ne segue che la bilancia commerciale farmaceutica e' positiva con un saldo di appena +0,6 mld di euro se si considera il solo commercio di medicinali, ma e' negativa di -2,4 mld allargando le analisi anche alle materie prime; quella dei dispositivi medici e' invece ampiamente negativa: -3,6 mld.
La prevalenza delle politiche sul lato assistenziale si spiega, evidenzia il Ceis, 'facilmente, essendo dettata dalle preoccupazioni sul lato dell'impatto sulla spesa pubblica, che indubbiamente e' rilevante e pari al 6,7% del Pil'.
Ma, si legge nel rapporto, 'a ben vedere tali preoccupazioni sembrano scarsamente fondate': l'incidenza della spesa sanitaria totale in Italia e' pari all'8,7% del Pil rispetto all'8,9% media dei Paesi Oecd.
E, per effetto di una percentuale di spesa complessivamente destinata alla Sanita' su livelli medio-bassi, unita ad una perdurante scarsa crescita del Pil, la spesa totale pro-capite italiana e' oggi del 17,6% inferiore (pari a 2.286 euro) a quella dei Paesi Eu 15 (e se si considerassero anche Paesi quali Canada, Giappone e USA tale scarto quasi raddoppierebbe).
L'intervento pubblico, in termini quantitativi, si attesta al 76,5% della spesa totale: percentuale sostanzialmente in linea con i livelli medi europei (77,4%). Ma, mentre il finanziamento della Sanita' in senso stretto risulta in linea con i dati europei, quello per la non autosufficienza e la tutela sociale appare largamente carente (appena 123 euro per anziano over 65) e frammentato (Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, Fondo per le Politiche sulla Famiglia, il Fondo per le Politiche relative ai Diritti ed alle Pari Opportunita', il Fondo per le Non Autosufficienze, il Fondo per l'Inclusione Sociale degli Immigrati) per quanto concerne la non autosufficienza e, in generale, il sociale.

Fabio e Fabrizio ha detto...

Da un punto di vita organizzativo il sistema da una parte vede alcune tendenze comuni (ad es. accorpamento delle ASL e riduzione dei Posti Letto per acuti), ma con velocita' diverse e altrettante forze centrifughe a livello regionale, da ultimo accelerate per effetto del federalismo. La dimensione media delle ASL sfiora oggi i 350.000 abitanti, ma con una variazione regionale molto accentuata: considerando i casi estremi, si passa da 1,5 mil. di abitanti della unica ASL della Regione Marche, ai 118.200 della Regione Basilicata, con un rapporto di 1 a 12; analogamente la dimensione media dei distretti passa dai 154.000 abitanti in media della Regione Lazio (superando di fatto la soglia dei 60.000 abitanti indicata dalle norme) a meno di 25.000 del Molise (con una rapporto di circa 1 a 6).
Circa due terzi delle Regioni e Province Autonome hanno, nel periodo 2000 2007, ridotto contemporaneamente numero di strutture e di posti letto, e di queste circa meta' hanno ridotto i posti letto in una percentuale maggiore rispetto a quella delle strutture. Ad oggi la densita' di posti letto per acuti ogni 1.000 abitanti registra un valore medio nazionale pari a 3,8; le Regioni con minore dotazione di posti letto per acuti risultano la Campania e il Piemonte con, rispettivamente 3,3 e 3,4 posti letto per acuti ogni 1.000 abitanti. Per contro, la Regione che presenta la densita' di posti letto per acuti piu' elevata e' il Molise con 5,2 posti letto ogni 1.000 abitanti. La disomogeneita' territoriale e' significativa anche nel caso dei posti letto per riabilitazione e lungo degenza. A fronte di una media nazionale pari a 0,6 posti letto per non acuti ogni 1.000 abitanti, a livello locale si registrano dotazioni che variano da 1,3 posti letto nella P.A. di Trento sino alla completa assenza di tale tipologia nella Valle d'Aosta