mercoledì 26 maggio 2010


SLA ALTO RISCHIO
"11 VOLTE MAGGIORE"
TRA I CALCIATORI PROFESSIONISTI

Uno studio evidenzia un aumento del rischio di contrarre la Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) tra i calciatori, ma la ricerca e' ferma.
I risultati della ricerca, tutta italiana e 36 anni di rilievi, sono stati spiegati da Nicola Vanacore, ricercatore dell'Istituto Superiore di Sanita'.
In un'intervista alla Onlus Viva la Vita, Vanacore ha detto che due perizie epidemiologiche hanno mostrato che tra i calciatori professionisti c'e' un alto rischio di Sla.

3 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Una relazione tra calcio e Sla, Sclerosi laterale amiotrofica, esiste. Un dato di fatto è che i calciatori italiani si ammalano e muoiono più di Sla rispetto al resto della popolazione generale, e non sappiamo ancora il perché. Tali sono i risultati degli studi epidemiologici italiani pubblicati 5 anni fa e che tuttora non sono stati smentiti. Ma la ricerca ha bisogno di finanziamenti per progredire, finanziamenti ad oggi irreperibili, così tutto è immobile. Non ci sono risorse perché non c'è interesse, denuncia oggi Viva la vita onlus, associazione di familiari e malati di Sla che punta il dito sull'occasione sprecata di una ricerca tutta italiana che potrebbe dare ulteriori importanti risultati. Al 1998 risale l'indagine giudiziaria commissionata dal procuratore aggiunto di Torino Raffaele Guariniello: furono eseguite due indagini epidemiologiche con lo scopo di verificare se tra i calciatori professionisti il doping potesse aver causato un rischio maggiore di contrarre la malattia, una condotta dall'Università di Torino su 7mila calciatori di serie A e B, l'altra condotto dall'Istituto superiore di sanità su 24mila calciatori di serie A, B e C. Entrambi gli studi mostrarono un alto rischio di Sla nei calciatori professionisti: di 7 volte maggiore rispetto al resto della popolazione nella ricerca di Torino, di 11 volte in quella dell'Iss. Quest'ultimo ha analizzato anche tutte le altre cause di morte riscontrando, ad esempio, una frequenza di alcuni tumori all'apparato digerente di circa 2 volte in più rispetto alla popolazione generale. Ma da allora la ricerca di è fermata e dal 2005 in Italia non c'è stato nessun bando di ricerca destinato alla comprensione del fenomeno. E se la Federazione italiana gioco calcio ha istituito una Commissione scientifica sul tema e "quindi sembrerebbe che gli studi siano andati avanti" dice Viva la vita onlus, in realtà non è così: la Figc ha finanziato la ricerca su un recettore che, però, non avrebbe nulla a che vedere con il rapporto tra calcio e Sla.

Accanto a tutto questo regna la grande disinformazione, evidenzia ancora l'associazione Viva la vita onlus, che banalizza i risultati fin qui ottenuti. Un appello di familiari e malati a riprendere le indagini, insomma, a investirci risorse, e a non far cadere nel dimenticatoio - come sarebbe facile, visto il vastissimo giro di interessi economici che ruota intorno al mondo del calcio, anzi che agli alti livelli ne è la sostanza stessa - un percorso di conoscenza tanto importante. "E' probabile che abbiamo intercettato l'inizio di una curva epidemica. Abbiamo per le mani uno dei più grandi gruppi-campione della storia della medicina, con un fenomeno molto probabilmente in aumento, una sorta di esperimento naturale che è avvenuto o sta ancora avvenendo e nessuno muove un dito" dice Nicola Vanacore, ricercatore neuroepidemiologo del Centro Nazionale di Epidemiologia e Sorveglianza della Salute dell'Istituto Superiore di Sanità ed autore, con altri, di uno dei due studi epidemiologici sul tema commissionati dal procuratore Guariniello. Oggi un gruppo dell'Iss guidato da Vanacore ha deciso di ricominciare la ricerca, "ma il problema vero è il finanziamento per questo studio, per il quale ad oggi non c'è interesse e quindi non vi sono risorse. È un'occasione d'oro che ci sta passando sotto il naso - dice Viva la vita onlus - e più passa il tempo e peggio è". (ep)

Anonimo ha detto...

Viva la Vita Onlus intervista Nicola Vanacore, uno degli autori dello studio epidemiologico commissionato dal procuratore Guariniello.
Esiste un rapporto tra calcio e SLA? La grande disinformazione di questi anni rischia di banalizzare la reale portata dei risultati di una ricerca tutta italiana che vuole rispondere a questo interrogativo. Ma di più: segnali inequivocabili indicano che il rischio di contrarre la SLA tra i calciatori è in forte ascesa ma la ricerca è colpevolmente immobile. Perché?

Viva la Vita Onlus, associazione di familiari e malati di SLA, ha voluto rispondere a questi interrogativi intervistando Nicola Vanacore, ricercatore neuro epidemiologo del Centro Nazionale di Epidemiologia e Sorveglianza della Salute dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed autore, con altri, di uno dei due studi epidemiologici sul tema commissionati dal procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello.

È del 1998 l'indagine giudiziaria commissionata da Guariniello in cui vennero eseguite due perizie di tipo epidemiologico per verificare se tra i calciatori professionisti il doping potesse aver causato un rischio maggiore di contrarre la SLA. La prima perizia venne eseguita dal gruppo di ricercatori guidato da Adriano Chiò dell'Università di Torino e fu condotta su circa 7mila calciatori delle serie A e B; la seconda invece venne commissionata ad un gruppo di ricercatori dell'ISS guidata da Stefano Belli su un campione molto più ampio di 24mila giocatori delle serie A, B ed anche C. Entrambi gli studi mostrarono un alto rischio di SLA nei calciatori professionisti italiani, di 7 volte maggiore nella ricerca di Chiò e di 11 in quella di Belli. Ma lo studio dell'ISS ha analizzato anche tutte le altre cause di morte riscontrando, ad esempio, un eccesso di alcuni tumori all'apparato digerente di circa 2 volte in più rispetto alla popolazione generale. L'inchiesta giudiziaria ha quindi consentito di mettere in luce un fenomeno tanto inatteso quanto estremamente utile per tentare di comprendere le cause che generano la SLA, tuttora ignote. In medicina - precisa Vanacore - c’è una regola molto semplice: se si studiano i fenomeni rari si comprende l’origine dei fenomeni più frequenti, e quindi la ricerca sui calciatori professionisti è estremamente utile per tutto il resto della comunità.
La ricerca però si è incredibilmente arrestata. Sono state formulate delle ipotesi sulle cause che, però, rimangono tali fintanto non si approfondiscono gli studi, ma in Italia dal 2005 non c’è stato nessun bando di ricerca destinato alla comprensione del fenomeno dell’eccesso di SLA tra i calciatori.

Anonimo ha detto...

La malattia è complessa e con predisposizione genetica e, probabilmente, per scoprire le origini di questo fenomeno non ce la farà mai un unico ricercatore competente in un solo ambito, ma è necessario condividere gli studi e unire le forze. Tutto ciò non è mai accaduto.
La FIGC ha meritoriamente istituito una Commissione scientifica per sostenere la ricerca sulla SLA con l'intento di chiarire in modo definitivo i possibili rapporti tra la patologia e l’attività calcistica. Quindi sembrerebbe che gli studi siano andati avanti, ma la realtà è che la FIGC ha finanziato un importante lavoro sul polimorfismo del recettore dell’acetilcolina che, però, non ha nulla a che vedere con il rapporto tra calcio e SLA.
In questo contesto, il risultato più sorprendente e mai evidenziato dagli organi di informazione è un altro: l'aggiornamento dello studio di Chiò del 2009 commissionato da Guariniello, assolutamente attendibile, rileva un rischio invariato pari a 7 volte di più; l'ISS, invece, ha intercettato un forte aumento imprevisto. In 36 anni di rilevi, su 24mila giocatori delle serie A, B e C sono emersi 8 casi di decesso per SLA che hanno portato a stimare l'aumento del rischio tra i calciatori professionisti pari a circa 11 volte; ma nei successivi 8 anni incredibilmente risultavano altri 16 casi.
«Non è stato possibile stimare l'aumento del rischio dei successivi 8 anni per mancanza di dettagliate informazioni, ma è altamente probabile che abbiamo intercettato l'inizio di una curva epidemica - dichiara Vanacore -. Abbiamo per le mani uno dei più grandi cluster della storia della medicina, con un fenomeno molto probabilmente in aumento, una sorta di esperimento naturale che è avvenuto o sta ancora avvenendo e nessuno muove un dito.»
È quindi intuibile che una quota rilevante di calciatori affetti da SLA provenga dalla serie C: concentrare l’attenzione solamente sulle serie A e B può essere un grave errore.
Oggi un gruppo dell’Istituto Superiore di Sanità e dell’Istituto Superiore per la Sicurezza e la Prevenzione del Lavoro, guidato da Vanacore, ha deciso di ripartire da zero ricostituendo il cluster con gli album delle figurine Panini e mettendo da parte, quindi, il lavoro fin qui svolto poiché condotto nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria i cui dati sono coperti da segreto istruttorio. Ma il problema vero è il finanziamento di questa ricerca per la quale, ad oggi, non c'è interesse e quindi non vi sono risorse.
È un’occasione d’oro che ci sta passando sotto il naso, e più passa il tempo e peggio è.

L'intervista completa al dr. Vanacore è sul sito di Viva la Vita Onlus all'indirizzo http://www.wlavita.org/08_ufficiostampa/CS/Intervista_Vanacore.html