Un padre malato da sei anni di Sla e un figlio, che per pagare una badante che aiuti la madre dall´accudirlo mette in vendita un rene su un portale online.
Viva la vita: "In Italia la Sla si trasforma in tragedia familiare"
Per il presidente della onlus Mauro Pichezzi la mancata assistenza a molte famiglie sta assumendo i tratti di una catasfrofe: "Se i malati vogliono vivere, così non trovano ragioni per farlo". Appello al governo:
"Il problema è da mesi all'attenzione del ministero"
Guarda il video di Andrea e di suo padre Domenico in fondo a questo blog
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Un padre malato da sei anni di Sla e un figlio, che per pagare una badante che aiuti la madre dall´accudirlo mette in vendita un rene su un portale online. L'accusa di un ventenne di Vecelli: "Ci sentiamo abbandonati dallo Stato"
di Federica Cravero
Una donna malata di Sla«Vendo un rene al miglior offerente». La disperazione sta tutta nelle poche parole di un annuncio online messo su Kijiji. Sono le parole di un figlio che da sei anni vede soffrire suo padre, malato di Sla, e vede sua madre che ogni giorno muore un po´ anche lei accanto a lui. «Non abbiamo le possibilità economiche per permetterci una badante.
Io e mia madre non ce la facciamo più, ci sentiamo abbandonati dallo Stato», si sfoga Andrea Pancallo, 20 anni, di Vercelli, che si è rivolto all´associazione Viva la vita. Suo padre Domenico ha 50 anni e dal 2004 è affetto dalla sclerosi laterale amiotrofica. «Oggi è completamente immobile, non comunica più neanche con gli occhi, è attaccato ad un respiratore e nutrito per via artificiale», racconta Andrea. La malattia è entrata di prepotenza nella vita di tutta la famiglia. «A quindici anni ho visto cose che non avrei dovuto e voluto vedere - dice oggi - Io lavoro e la notte accudisco mio padre, mentre mia madre mi dà il cambio di giorno. Però i nostri sforzi non bastano, perché la stanchezza sta annientando mia madre. Per questo ho messo in vendita un rene. So che mi possono dare ventimila euro, ci pagherei una badante per un anno o poco più».
Quello che le istituzioni offrono, infatti, non basta. Il medico a casa, un operatore sanitario dalle 14 alle 18 ore la settimana e un fisioterapista tre volte alla settimana. «Ma la fisioterapia respiratoria ce lo paghiamo noi con un assegno di 250 euro del ministero delle Politiche sociali che non sappiamo fino a quanto durerà - racconta Andrea - Per il resto mio padre tra pensione d´invalidità e accompagnamento sfiora i mille euro al mese. Hanno detto che più di questo non ci spetta». Dunque solo la vendita di un rene sembra la via di uscita, se non si vuole che Domenico Pancallo venga ricoverato in una casa di cura.
«Lo faccio per mio padre e soprattutto per mia madre, che non esce più di casa. La Sla è diventata la malattia dei calciatori, ma non è così, loro si contano sulle dita di due mani.
Invece questa è una malattia che colpisce tutti».
La Regione Piemonte, in una delibera che sarà presentata lunedì, non solo rifinanzierà l´assegno di cura per l´assistenza a domicilio degli anziani non autosufficienti, come già fatto l´anno scorso, ma estenderà questo provvedimento anche a coloro che, pur avendo meno di 65 anni, abbiano gravi disabilità. Il contributo varia dagli 800 ai 1.350 euro al mese a seconda della gravità della situazione, elevabili a 1.640 euro per chi non ha una rete familiare.
«Abbiamo ben presente il dramma della non autosufficienza, sia degli anziani sia dei malati cronici e in particolare di quelli dei pazienti affetti da Sla - ha detto l´assessore regionale alla Salute, Eleonora Artesio - Per loro la spesa per il 2010 sarà di 6 milioni di euro e qualche settimana fa abbiamo definito un modello di presa in carico completa e continua delle persone affette da Sla».
Il dramma di un ragazzo
devastato dalla malattia
del padre e lasciato solo
ad affrontarne le conseguenze
VERCELLI
«Ho deciso di vendermi un rene perchè ci sentiamo abbandonati dallo Stato italiano e non abbiamo le possibilità economiche per permetterci una badante che allevi le nostre sofferenze». Lo dichiara Andrea Pancallo, 20 anni, di Vercelli, figlio di Domenico che dal 2004 lotta contro la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica: «Papà si è ammalato all’età di 44 anni, ed in poco tempo la malattia lo ha reso incapace di essere autonomo in tutto e per tutto. Oggi è completamente immobile, non comunica più neanche con gli occhi, è attaccato ad un respiratore e nutrito per via artificiale. Ci siamo trovati da un giorno all’altro catapultati in una realtà di dolore e di sofferenza che non ci ha risparmiato nemmeno un minuto, e da allora siamo soli».
A raccontare la storia di Andrea è l’Associazione Viva la vita Onlus. Già dall’età di quindici anni Andrea ha assunto il ruolo di capo famiglia. Ha dovuto rinunciare a tutti i suoi sogni, ha sospeso gli studi dopo aver conseguito la qualifica triennale di operatore elettrico ottenuta con grossi sacrifici: studiando, lavorando e assistendo il padre, il tutto nello stesso tempo. Si alzava alle cinque di mattina per aprire il bar del padre, alle otto correva a scuola e all’una del pomeriggio ancora al lavoro fino alla sera, per poi passare una nottata pressochè insonne accanto al padre. «I miei sforzi e il mio lavoro - sottolinea Andrea - non bastano, perchè la stanchezza e il carico assistenziale che richiede mio padre stanno annientando mia madre, ed io questo non lo posso permettere».
Domenico la notte è accudito dal figlio, il giorno gli dà il cambio la madre Maria che ha totalmente rinunciato alla sua vita e non esce più di casa. Le istituzioni locali offrono poco e nulla, «solo un’ora al mattino per le pulizie alla persona e tre accessi settimanali di fisioterapia, ottenuti dopo feroci lotte con l'Asl».
Il cambio cannula e peg - manovre ordinarie per un malato nelle condizioni di Domenico - avvengono in ospedale come in gran parte della Regione: operazioni che potrebbero essere quasi sempre effettuate a domicilio evitando inutili, costosi e sofferti trasporti in ambulanza. «Mia madre si sta lasciando andare; è stanca, non ce la fa più e non posso permettere che la Sla porti via anche lei. - continua Andrea -. Sentirmi dire "Vorrei potermi chiudere a chiave in quella stanza e lasciarmi morire insieme a lui" oppure "Ti prego se muoio prenditi cura di tuo padre", da figlio mi distrugge il cuore e non posso assolutamente permettere che tutto questo accada. Non posso permettere che mia madre a neanche cinquant’anni debba aver paura di andare a dormire perchè è talmente stanca da pensare di non svegliarsi più».
Da qui l’unica soluzione possibile nella testa di un ragazzo che è stato abituato dalla vita a cavarsela da solo e ad essere inascoltato nel suo grido di aiuto: «Ho deciso di vendermi un rene, potrò comunque vivere una vita regolare, salvare la vita a qualcuno e soprattutto assicurare un’assistenza a papà e un angolino di vita anche a mamma che ne ha ogni diritto». Mauro Pichezzi, presidente dell’associazione Viva la Vita Onlus, spiega: «Siamo in un Paese in cui vivere con la Sla si trasforma in una tragedia familiare. Le Istituzioni devono intervenire con urgenza per affrontare un problema che è già da mesi all’attenzione del Ministro della Salute e che finora non ha avuto alcuna risposta concreta. Lasciare che le cose vadano avanti così per migliaia di famiglie in Italia vuol dire ignorare del tutto il valore della vita umana». Per Pichezzi «non si tratta di polemica politica, ma di tratta di intervenire su un’emergenza che sta assumendo i tratti di una catastrofe: se i malati di Sla vogliono vivere non trovano ragioni per farlo in queste disperate condizioni. La civiltà del nostro Paese si dimostra proprio in queste occasioni e chiediamo con forza al Governo e alle Regioni di intervenire con un sostegno economico per salvare i malati e le loro famiglie».
10 FEB – La Commissione parlamentare di inchiesta sul Ssn aprirà un’indagine sulle forme di assistenza per le gravi disabilità. Lo ha annunciato il presidente della Commissione, Ignazio Marino, spiegando che l’iniziativa è scattata anche in seguito al caso rimbalzato oggi sulle pagine di cronaca di un giovane di Vercelli deciso a vendere un rene per avere la disponibilità economica necessaria ad aiutare il padre malato di Sla. “I più deboli – ha affermato Marino - non possono essere i più soli”. La Regione Piemonte, intanto, annuncia una delibera per offrire un contributo economico ai portatori di gravi disabilità.
Il presidente della Commissione d’inchiesta ha quindi citato il ministro della Salute Ferruccio Fazio, “che proprio ieri, nel corso di un'audizione in Senato, ha parlato di un impegno concreto del Governo nel garantire assistenza adeguata alle persone in stato vegetativo. In tal senso il ministro ha riferito di una spesa di 70 milioni di euro da parte delle Regioni. Vogliamo sapere a quali Regioni si riferisce e come sono stati investiti questi denari”.
Riguardo al caso di Vercelli, l’assessore regionale alla Salute, Eleonora Artesio, ha affermato che “lunedì la Giunta finanzierà un provvedimento che, già dallo scorso anno, ha istituito l'assegno di cura per l'assistenza a domicilio degli anziani non autosufficienti e che ora prevedere un contributo economico possa essere erogato anche a coloro che, pur di età inferiore ai 65 anni, siano portatori di gravi disabilità”. Il contributo dovrebbe essere di un massimo di 800 euro mensili nei casi di bassa intensità assistenziale, i 1.100 euro nei casi di media intensità e i 1350 euro in quelli di medio-alta intensità (elevabili a 1.640 per i soggetti senza rete familiare). La spesa prevista, per il 2010, sarà di 6 milioni di euro. “Qualche settimana fa – ha aggiunto Artesio - abbiamo inoltre approvato una delibera in cui per la prima è stato definito un modello modello di presa in carico completa e continua delle persone affette da Sla. Provvedimento, che, insieme all'assegno di cura, ci auguriamo contribuisca ad alleviare il percorso dei malati e dei loro familiari. Certo – ha concluso l’assessore - il bisogno legato alle non autosufficienze è molto esteso e in Piemonte si impegnano annualmente 500 milioni di euro, quando lo Stato, per tutto il territorio nazionale, ne riserva 400”.
PIEMONTE: REGIONE PRONTA ISTITUIRE ASSEGNI CURA PER MALATI DI SLA
(ASCA) - Torino, 10 feb - ''La Regione Piemonte, piu' di altre realta', ha ben presente il dramma della non autosufficienza, sia degli anziani sia dei malati cronici e in particolare dei pazienti affetti da Sla. Per questo, fin dallo scorso anno, ha istituito l'assegno di cura per l'assistenza a domicilio degli anziani non autosufficienti, provvedimento che verra' rifinanziato lunedi' con una delibera di Giunta, che prevede che il contributo economico possa essere erogato anche a coloro che, pur di eta' inferiore ai 65 anni, siano portatori di gravi disabilita'''.
Lo dichiara l'assessore alla tutela della salute e sanita', Eleonora Artesio, in merito alla vicenda del signor Pancallo.
Il contributo, sulla base della valutazione e del piano di assistenza predisposto dall'Unita' di valutazione handicap, verra' erogato fino a un massimo di 800 euro mensili nei casi di bassa intensita' assistenziale, i 1.100 euro nei casi di media intensita' e i 1350 euro in quelli di medio-alta intensita' (elevabili a 1.640 per i soggetti senza rete familiare). La spesa prevista, per il 2010, sara' di 6 milioni di euro.
''Qualche settimana fa - aggiunge Artesio - abbiamo inoltre approvato una delibera in cui per la prima e' stato definito un modello modello di presa in carico completa e continua delle persone affette da Sla. Provvedimento, che, insieme all'assegno di cura, ci auguriamo contribuisca ad alleviare il percorso dei malati e dei loro familiari. Certo il bisogno legato alle non autosufficienze e' molto esteso e in Piemonte si impegnano annualmente 500 milioni di euro, quando lo Stato, per tutto il territorio nazionale, ne riserva 400. A questo occorrerebbe pensare quando si commentano negativamente i costi dei servizi sanitari, ritenendoli eccessivi, o quando si utilizzano criteri meramente matematici per assegnare le risorse alle Regioni, senza tenere conto dell'invecchiamento e del disagio''.
Intervista al Consigliere nazionale Aisla che ricorda:
"Questa di cui parliamo non è solo la malattia dei calciatori"
Massimo Mauro: "La Sla colpisce tutti
e le famiglie dei malati vanno aiutate"
di FEDERICA CRAVERO
Pancallo è uno dei 400 malati di Sla in Piemonte, circa cinquemila in tutta Italia. La "malattia dei calciatori", l'hanno soprannominata, per l'alta incidenza che ha in chi pratica questo sport a livello agonistico e anche perché sono stati proprio alcuni giocatori ad impegnarsi nella raccolta fondi per la ricerca scientifica. Come l'ex bianconero Massimo Mauro, consigliere nazionale dell'Aisla, l'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica.
Come giudica l'idea di mettere in vendita un rene per pagare una badante a un malato? "Quel ragazzo è stato coraggioso a porre il problema dei malati di Sla in un modo tanto drammatico. Questo serve sicuramente ad attirare l'attenzione su questa malattia, ma spero che la sua resti solo una provocazione e lui ritorni sui suoi passi, perché questa è la maniera peggiore per reclamare un diritto. Sono sicuro che suo padre non sarebbe contento di questo".
Il sostegno dato alle famiglie dalle istituzioni non è sufficiente? "Non si fa mai abbastanza. I malati di Sla hanno bisogno di assistenza 24 ore al giorno e se i familiari vogliono che siano curati a domicilio, per non dover ricorrere al ricovero in una struttura, la vita si trasforma in un incubo. Bisogna pensare ai malati, ma anche o forse soprattutto ai familiari. Capisco che per loro ogni aiuto non sia mai abbastanza grande e soprattutto non è uguale per tutti".
In che senso? "L'assistenza ai malati di Sla non è regolata a livello nazionale, ma è gestita in modo differente dalle diverse regioni. Proprio per questo è più difficile per le associazioni stringere degli accordi con le diverse realtà locali. Ci sono alcune regioni, come per esempio il Piemonte, la Lombardia o la Toscana, in cui si riconosce il problema dell'assistenza e in forme diverse si cerca di intervenire. Ma ci sono altre zone d'Italia dove non ci sono nemmeno dei centri di assistenza specializzati e i malati e le loro famiglie sono costrette a fare viaggi della speranza per poter essere curati".
Il fatto che la Sla sia diventata popolare come la "malattia dei calciatori" non ha fatto in modo che si accendessero i riflettori su questa patologia? "Sì, questo è vero. Se può servire a far conoscere la Sla va bene, però che sia il morbo dei calciatori è una cavolata. La stragrande maggioranza dei malati sono operai, agricoltori, avvocati, commercialisti... Non si deve pensare che sia una patologia solo di una categoria, perché altrimenti si dimenticano tutte le persone che stanno soffrendo e che, in più, per essere assistite, non hanno le possibilità economiche che può avere un calciatore".
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