Guariniello attacca i calciatori
"I calciatori sono più omertosi dei mafiosi".
L'accusa è di Raffaele Guariniello, il magistrato
della Procura della Repubblica di Torino,
da anni impegnato in indagini sul fronte delle morti
sospette nel mondo del calcio per SLA.
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"I calciatori sono più omertosi dei mafiosi". L'accusa è di Raffaele Guariniello, il magistrato della Procura della Repubblica di Torino, da anni impegnato in indagini sul fronte delle morti sospette nel mondo del calcio. "Nella mafia i testimoni si trovano, nel calcio no, è molto difficile", chiosa il procuratore torinese che, tempo addietro, decise di indagare sulle morti sospette del pallone, onde stabilire se vi potesse essere una connessione tra queste ed i farmaci che, in quel periodo (prevalentemente negli anni '70), venivano somministrai agli atleti. Intervenuto, ieri a Milano, ad un dibattito sulla Sla, promosso dall'europarlamentare Iva Zanicchi, Guariniello ha aggiunto: "Non vogliamo criminalizzare il calcio, ma neppure possiamo assolverlo a priori". Già perché i numeri appaiono chiari e inconfutabili: in Italia, tra i calciatori la Sclerosi laterale amiotrofica, meglio conosciuta come Sla, ha un tasso di diffusione ventiquattro volte superiore alla media. Su denuncia specifica della moglie di Bruno Beatrice, ex calciatore della Fiorentina, Cesena, Ternana, Guariniello ha aperto indagini su molti casi (sono ben 35 ad oggi i calciatori morti a causa del morbo del pallone).
La sclerosi laterale amiotrofica, chiamata anche morbo di Lou Gehrig, (dal nome del giocatore statunitense di baseball che fu la prima vittima accertata di questa patologia), malattia di Charcot o malattia dei motoneuroni, è una malattia degenerativa e progressiva del sistema nervoso che colpisce selettivamente i cosiddetti neuroni di moto. Ma il morbo del pallone, così come lo ha definito il giornalista Massimiliano Castellani nel suo ultimo libro ‘Il Morbo del Pallone. Gehrig e le sue vittime' (2009 Selene edizioni) seguito della sua prima opera ‘Palla avvelenata. Morti misteriose, doping e sospetti nel calcio italiano' (2003 Bradipolibri), è solo uno dei terribili mali che affligge il mondo del calcio perché al sospetto di diffuse ed invasive pratiche dopanti è legata anche la morte per tumori o leucemie di numerosi altri ex calciatori. Con il libro ‘Nel fango del dio Pallone' (2000 Kaos edizioni), Carlo Petrini fu il primo a denunciare apertamente la pratica del doping che già negli anni sessanta/settanta in Italia era dilagante: lui stesso, oggi affetto da una grave forma di glaucoma che gli ha procurato la quasi cecità, scrisse di esservi ricorso più volte con la complicità dei medici sportivi delle società in cui militò.
Quattro anni più tardi fece altrettanto Ferruccio Mazzola, figlio di Valentino e fratello minore di Sandro, il quale con il libro ‘Il terzo incomodo', come già fatto da Petrini, mosse una serie di pesanti accuse al mondo del calcio. Mazzola raccontò di come il mago Helenio Herrera somministrasse anfetamine per bocca e nel caffè, ipotizzando che le cause delle morti di molti dei calciatori della grande Inter (se ne contano, ad oggi, sei comprese le riserve più altri due casi di malati gravi lungodegenti) fossero da attribuire anche alle pratiche non ortodosse dell'epoca. Ferruccio Mazzola ripeté le accuse anche in un alcune interviste sulla carta stampata e in televisione compromettendo, di fatto, i rapporti con il fratello e con la società dell'Inter, che nella persona di Massimo Moratti e Giacinto Facchetti (anch'egli tra quelli accusati da Mazzola di far uso di doping) gli fecero causa. Causa che, con una sentenza della prima sezione civile, fu rigettata. Per il tribunale, quello di Ferruccio fu infatti "un racconto chiaro e completo in cui l'ex calciatore si è limitato a raccontare i fatti vissuti in prima persona", fatti che "concretizzano un interesse sempre attuale della collettività". Massimo Moratti, il quale aveva chiesto a Mazzola jr. oltre un milione di euro di danni, è stato quindi costretto a pagarne 10 mila tra spese e onorari e, soprattutto, non potrà più sostenere che le denunce dell'ex giocatore fossero diffamatorie. Nella sentenza emessa nel novembre del 2008 dal giudice unico Rosaria Ricciardi si legge infatti che: "Il libro è costituito prevalentemente da una serie di racconti che hanno visto come protagonista il Mazzola nel corso della sua carriera, nonché da una serie di testimonianze di molti ex calciatori. Attraverso un racconto chiaro e completo, scevro da espressioni malevole o offensive, gli autori delineano un quadro generale e storico del calcio dell'epoca".
Guariniello ha ragione. Parlando di omertà probabilmente si riferisce al silenzio dietro al quale, oggi, si nascondono in molti, probabilmente tutti. Nel calcio solo alcuni ex giocatori, come Petrini e Mazzola, hanno trovato il coraggio di parlare, e persino scrivere, denunciando in maniera dettagliata le pratiche diffuse nel mondo che conobbero e gli appartenne. Il sistema però tende ad isolarli, rinnegando quanto da loro riportato ed anzi intentando addirittura cause legali nei loro confronti. L'omertà del calcio è sconcertante, così come è ovvio che nello sport esista il doping. Si tratti di Eritropoietina (Epo), Cera così come di trasfusioni ossigenanti o di un uso (abuso) di farmaci più comuni. Infiltrazioni, flebo, medicinali, farmacie troppo spesso vengono accomunate al mondo dello sport che, invece, dovrebbe ricorrervi esclusivamente in caso di assoluta necessità. Non è così, inutile far finta di niente. Ben vengano quindi le pubblicazioni, le inchieste, le denuncie di chi ha a cuore il problema. Guarinello dice che "tra i criminali si trovano testimoni, tra i calciatori no". Sarà forse perché il dorato mondo del pallone fa gola a molti, perché chi denuncia ne viene forzatamente cacciato e perseguitato. Perché nel nome del dio denaro è più comodo scordare, negare, tacere, far finta di nulla. Dobbiamo forse aspettare che nuovi e più giovani atleti invecchino e si ammalino per scoprire nuovamente (e tardivamente) il solito vaso di Pandora?
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