SLA, un problema di assistenza e regia
Se ne è parlato a Milano nel corso di un convegno cui erano presenti scienziati, calciatori e politici: ma a fare notizia è ancora una volta la straordinaria testimonianza di forza di Chantalla moglie di Stefano Borgonovo, ex calciatore malato da anni e grande testimonial della ricerca
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La stronza. Così l'aveva definita Stefano Borgonovo per via dell'atteggiamento subdolo, invasivo, ma soprattutto della caratteristica più atroce della SLA, la sclerosi laterale amiotrofica: quella di spegnere a poco a poco le sue vittime lasciandole lucidissime
Ieri di SLA si è parlato a Milano nel corso di un forum molto affollato al quale hanno partecipato oltre alla moglie di Stefano, Chantal, il professor Piero Volpi, l'ex calciatore Damiano Tommasi, don Antonio mazzi, le europarlamentari Erminia Mazzoni e Iva Zanicchi e il magistrato Raffaele Guariniello, da tempo impegnato in indagini che possano dimostrare (o escludere) un legame tra calcio e malattia.
L'impressione generale che si è rafforzata dopo questo convegno è che la confusione intorno alla SLA sia tanta e che un reale mancato coordinamento delle istituzioni nella gestione di risorse, studi e ricerche non faccia che aumentarla. Il calcio, paradossalmente, anche se non è mai stata evidenziata nessuna dimostrazione concreta di una reale connessione tra la sclerosi laterale amiotrofica e lo sport, è l'unica realtà che ha accettato il carico di essere cassa di risonanza per far conoscere questa malattia, con tutte le sue drammatiche conseguenze.
La denuncia di Chantal Borgonovo è ferma, lucida, circostanziata ed estremamente informata: "In questo momento in Italia viviamo un problema serio di assistenza al paziente più ancora che di prevenzione, battaglia nella quale siamo lontanissimi da qualche progresso. Mio marito è malato, ormai è un dato di fatto, non ci si può fare più nulla. Ma possiamo partire da qui, e lavorare sul futuro per prevenire che altre persone si ammalino. Stefano è convinto che il calcio non c'entri e io rispetto la sua posizione; ma i dati ci dicono anche che qualche studio è necessario".
Il tutto in un paese che se da una parte può essere considerato modello positivo per come viene considerata la medicina sportiva, dall'altra non fa nulla per coordinarsi: "L'Italia è certamente considerata un punto di riferimento per come gli sportivi vengono seguiti e tutelati - dice lo specialista di medicina sportiva Piero Volpi - pensate che al momento non esiste più la visita di leva obbligatoria, così come la visita medica scolastica. Dunque l'attività sportiva e il certificato di idoneità alla pratica agonistica, sono diventati l'unico strumento per censire e conoscere le condizioni dei nostri figli. Ma questi dati devono essere messi in relazione tra loro, e non possono essere patrimonio dei singoli club che li custodiscono, ma devono diventare oggetto di un databse e di un osservatorio nazionale".
La conoscenza è il primo punto di partenza, il più importante: "Senza una banca dati generale e organizzata non si potrà mai fare prevenzione - spiega Volpi - oggi mancano troppe informazioni. Non sappiamo quanti calciatori fumino, quanti abbiano familiarità o predisposizione a contrarre alcune malattie: questo è un passo necessario, da percorrere immediatamente".
La seconda categoria a rischio oltre a quella degli sportivi è quella degli agricoltori, anche se la morte di un contadino non farà mai notizia quanto quella di un calciatore professionista: la SLA colpisce duramente anche gli operatori professionali di questo ambito... "Non so se anche il ministero dell'Agricoltura o la Coldiretti - dice l'ex calciatore della Roma Damiano Tommasi - abbiamo fatto qualcosa per reagire a questa emergenza che evidentemente non riguarda solo il calcio o gli sportivi professionisti. Ma che sicuramente fino a questo momento è stata abbinata in modo frettoloso a un preconcetto facile e pericoloso che lega lo sport al doping. E' giusto vigilare, così come è giusto cercare di dare e fare informazione nel modo corretto su un aspetto così delegato".
Anche perché lo stesso Piero Volpi aggiunge un elemento di grande interesse: "Sappiamo che la SLA colpisce persone che hanno una predisposizione genetica a questa malattia, ma potremmo presto avere la certezza che la malattia si attivi di fronte a un eccesso di produzione di calcio che è una caratteristica tipica di chi fa attività sportiva professionale, o di chi ha lavoro che comporta una forte componente di attività fisica".
In realtà di SLA ci si ammala sempre di più, e in ambiti sempre più trasversali: e solo da pochi anni si è individuata che in molti paesi, solo fino a venti anni fa, non veniva neppure diagnosticata correttamente.
In passato si era parlato di una connessione con farmaci, diserbanti, pesticidi... ma la realtà è che il colpevole è ancora lontano. Al momento si può solo assistere e curare, ma soprattutto studiare: "Con l'aiuto della scienza dobbiamo cercare di fare prevenzione - dice il procuratore Guariniello - perché qui in Italia c'è una maggiore sensibilità anche se il problema della SLA è un problema mondiale, molto presente e molto concreto anche all'estero, dove se ne parla pochissimo".
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