Staminali, inchiesta sulle cure
Guariniello indaga sull'attività di
Guariniello indaga sull'attività di
un'associazione con sede in via Giolitti
Maxiperizia sui luoghi e i metodi utilizzati per i pazienti
Maxiperizia sui luoghi e i metodi utilizzati per i pazienti
rivoltisi al professor Vannoni
Truffa staminali"Mio papà usato come una cavia"
Parla la figlia di un paziente morto di Parkinson:
“Vannoni lo attirò con un video: guarirai così”
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Staminali, inchiesta sulle cure
Guariniello indaga sull'attività di un'associazione con sede in via Giolitti
Maxiperizia sui luoghi e i metodi utilizzati per i pazienti rivoltisi al professor Vannoni
Storia delicatissima, di vita, morte e ricerca scientifica. Da due anni opera a Torino un’associazione per la medicina rigenerativa - ora si chiama «Stamina Foundation » - con sede in via Giolitti 41. Ufficialmente promuove la ricerca, la conoscenza e le applicazioni delle cellule staminali.
Di fatto attira anche, inevitabilmente, singoli casi clinici. Malati di Parkinson e di Sla, pazienti oncologici, bambini affetti da gravi patologie, parenti che vogliono tentare l’ultima carta. Presidente della fondazione è un professore universitario di psicologia, Davide Vannoni, 41 anni, torinese, nessuna competenza specifica. Oltre ad essere professore associato all’Università di Udine, è amministratore unico di «Cognition», una società che offre ai clienti «metodologie di ricerca» e «strumenti di formazione».
La sede è sempre a Torino, nello stesso palazzo elegante di via Giolitti. Lui dice: «Uno è il lavoro, l’altra è la passione». Ma sulla passione per le staminali del professor Vannoni ora c’è un’inchiesta coordinata dal pmRaffaele Guariniello. Tutto quello che è successo negli ultimi due anni nelle stanze di via Giolitti e in una clinica di riferimento a Carmagnola - Lisa Day Surgery - è al centro degli accertamenti dei carabinieri del Nas. Dove sono stati trattati e con quali risultati i pazienti che si sono rivolti alla «Stamina Foundation»? È appena stata consegnata agli investigatori una maxi perizia su tutti i malati che hanno incontrato il professor Vannoni.
I periti dovevano rispondere a diverse domande: dove gli è stato fatto il prelievo delle cellule staminali, dove sono stati eseguiti i trattamenti, come stanno adesso? Domande cruciali, visto che la legge italiana vieta il ricorso alle staminali al di fuori dei protocolli sperimentali riconosciuti. L’inchiesta prende spunto da due differenti canali. Primo: l’esposto dettagliato di un ex dipendente di «Cogniton». Avrebbe visto passare per mesi, negli uffici della società di ricerche di mercato, pazienti gravi pronti a pagare 27 mila euro per tentare un trattamento con le staminali. Sarebbero agli atti decine di fatture per le terapie, ufficialmente registrate come donazioni per la ricerca sulle staminali.
Alcune applicazioni sarebbero state somministrate proprio nei locali sotterranei del palazzo. Il secondo filone si incrocia con il primo, ma parte dall’inchiesta di una giornalista del Corriere della Sera del maggio scorso. Ha cercato sul campo un trattamento con le cellule staminali. E i suoi tentativi l’hanno portata, attraverso il neurologo dell’ospedale Valdese Leonardo Scarzella, allo stesso indirizzo: sempre via Giolitti 41. Il professor Vannoni è categorico: «Ci siamo sempre mossi nella massima legalità. Facciamo ricerche. Informiamo, talvolta indirizziamo verso il centro trapianti di Trieste, l’unico autorizzato in Italia. Oltre non siamo mai andati».
Questo è esattamente il punto al vaglio degli investigatori. Pazienti sarebbero finiti a San Marino, altri hanno raccontato un viaggio della speranza molto più breve. «Sono stato sottoposto a un prelievo di cellule staminali alla clinica Lisa di Carmagnola», ha raccontato un malato agli investigatori. Anche a Santo Stefano il procuratore Guariniello è in ufficio. Risponde al primo squillo: «È in corso un’indagine delicata, sui cui devo mantenere il massimo riserbo». Forse alla fine emergerà uno screening significativo, il primo in Italia, sulla reale efficacia delle cure con le cellule staminali.
Forse si riuscirà a fare chiarezza su quello che il professor Vannoni definisce senza mezzi termini: «Falsità. Non sono un medico e non l’ho mai fatto. I Nas sono venuti a perquisire questi uffici e non hanno trovato alcunché di strano. Non abbiamo mai fatto trattamenti con le cellule staminali, solo un lavoro appassionato di informazione». Storia delicatissima. Su cui si intreccia anche l’indagine sulla morte di un pensionato di Ciriè, forse vittima del morbo di Creutzfeldt-Jacob. Ma a marzo 2009 si era sottoposto a un trapianto di staminali. E aveva conosciuto il professor Vannoni.
Parla la figlia di un paziente morto di Parkinson: “Vannoni lo attirò con un video: guarirai così”
«Mio padre era un uomo sportivo. Giocava a tennis, a calcio, adorava camminare e andare a vela. Faceva l’imprenditore, ma anche da pensionato era rimasto un uomo molto attivo. Nel 2005 ha incominciato ad avere i primi sintomi del morbo di Parkinson. Si è dimostrato subito determinato nella volontà di reagire e curarsi. Un amico di Roma gli ha fatto il nome di un neurologo che poteva aiutarlo. Si chiama Leonardo Scarzella, torinese, studio in corso Moncalieri. Così è iniziato il nostro calvario, inseguendo il miraggio di una cura con le staminali».
Parla la figlia. È profondamente coinvolta, certo. Ma non accusa, racconta. Piccoli particolari significativi. Come un pennarello rosso per cerchiare sulla schiena del padre il punto in cui era stata praticata l’iniezione: «Perché ci dicevano che non dovevamo perdere il punto esatto». Pacche sulle spalle, promesse di guarigione, un video promozionale molto simile a quello dei piazzisti di elettrodomestici: «Un tetraplegico in sedia a rotelle si metteva a ballare». Fino al viaggio della speranza fra Torino, San Marino e il centro trapianti dell’ospedale di Trieste - sempre nei giorni festivi - per tentare la cura. Bonifici a ripetizione per un totale di 41.230 euro. Vittima suo padre, Claudio Font, residente a Caselle, morto il 17 dicembre all’età di 73 anni: «Dopo il secondo trattamento si è aggravato di colpo. Nel viaggio di ritorno delirava. La sua malattia è durata tre anni, mentre solitamente ha un decorso superiore ai venticinque».
La figlia racconta nello studio dell’avvocato Davide De Pasquale, che ha già nominato il professor Francesco Viglino come consulente tecnico di parte: «La peculiarità di questo caso - spiega il legale - è che sono state alimentate false speranze. Una tecnica in fase sperimentale spacciata come miracolosa. Il signor Font è stato usato come cavia di laboratorio. Purtroppo, a volte, persone senza competenze specifiche e prive di scrupoli approfittano della disperazione dei malati per ottenere lauti incassi. Non deve più succedere».
Non è un caso isolato. Tutto ruota intorno alla «Stamina Foundation» di via Giolitti, presidente Davide Vannoni (che nella vita è professore associato di psicologia all’Università di Udine e direttore di Cognition, società che fa ricerche di mercato, con sede sempre in via Giolitti). Il suo nome ricorre come quello del neurologo dell’Ospedale Valdese, Leonardo Scarzella. Sarebbero almeno 38 i pazienti che hanno tentato la loro cura, fuori dai protocolli riconosciuti. Su tutto questo indaga il procuratore Raffaele Guariniello.
Signora Font, quando è comparsa per la prima volta la parola staminali nel calvario di suo padre?«Luglio 2008. Aveva lievi tremori. Il dottor Scarzella disse che avrebbe recuperato completamente. Ci indicò Vannoni come un luminare in materia. Segnò indirizzo e numero di cellulare. Mio padre e mia madre si presentarono insieme negli uffici della Cognition».
Cosa accadde nelle stanze di via Giolitti 41?
«Il professor Vannoni si presentò come dottor Vannoni. Gli mostrò il video di un ragazzo con problemi di deambulazione. Prima era in pessimo stato, costretto su una carrozzella. Poi ballava e faceva esercizi ginnici. Vannoni diede una pacca sulle spalle a mio padre, gli disse: “Vedrà, anche lei tornerà a fare queste cose. Potrà rimettersi a correre”. Ha assicurato che un solo trattamento avrebbe bloccato la malattia per più di un anno».
Quanto costava il miracolo?
«27 mila euro per il prelievo delle staminali e la coltivazione. Poi 8 mila euro più 1200 - non so perché in questa duplice forma - per ogni iniezione. A mio padre volevano fare cinque trattamenti».
Dove ha fatto il prelievo?
«Alla Ibm di San Marino. Sembrava un centro estetico più che una clinica. E anche nella carta intestata per il bonifico - guardi qui - c’era scritto “Istituto di bellezza”. Dopo il prelievo, anche il primo trattamento venne fatto a San Marino.
Materialmente lo eseguì il dottor Luciano Fungi. Fu lui a dirci di segnare con un pennarello il punto esatto dell’iniezione. Si immagini i problemi ad ogni doccia di mio padre».
Quando fu sottoposto al secondo trapianto di staminali?
«La Ibm di San Marino, nel frattempo, era stata posta sotto sequestro per esercizio abusivo della professione medica. Quindi gli venne fissato un appuntamento a gennaio 2009 al centro trapianti di Trieste, l’unico autorizzato in Italia. Ma sempre in un giorno festivo, strano. E la cosa che mi colpì maggiormente è che dopo l’iniezione non fu tenuto neppure in osservazione. Tornò subito a casa in condizioni drammatiche. Delirava. Diceva che lo avevano rapito».
A quel punto?
«Mio padre non si più ripreso. Mia madre ha chiamato diverse volte il dottor Scarzella. Rispondeva infastidito. Diceva che l’aspetto psicologico era fondamentale per guarire, di portarlo al mare. Una volta ha telefonato ridendo a Vannoni: “Qui ci sono i signori Font che si lamentano, ma noi abbiamo un bambino che sta benissimo...”».
Quando l’ha sentito per l’ultima volta?
«A fine ottobre. Scarzella ci ha chiuso il telefono in faccia. Ha detto di non disturbarlo più, ha staccato il cellulare. Mio padre è morto due mesi dopo all’ospedale Amedeo di Savoia. Purtroppo credo che si sia reso conto di tutto quello che è successo».
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