Calcio e SLA
Gascoigne a rischio Sla.
Mistero sulle voci
LONDRA (13 ottobre) - Almeno per ora non ci sono reazioni, né da parte del diretto interessato né dalla sua famiglia, alla notizia riportata ieri dal quotidiano britannico Star on Sunday, secondo cui il 41enne Paul Gascoigne si è recato in settimana al Princess Grace Hospital di Londra per sottoporsi ad alcuni controlli, da cui sarebbe emerso che potrebbe essere malato di Sla, la sclerosi laterale amiotrofica
LONDRA (13 ottobre) - Almeno per ora non ci sono reazioni, né da parte del diretto interessato né dalla sua famiglia, alla notizia riportata ieri dal quotidiano britannico Star on Sunday, secondo cui il 41enne Paul Gascoigne si è recato in settimana al Princess Grace Hospital di Londra per sottoporsi ad alcuni controlli, da cui sarebbe emerso che potrebbe essere malato di Sla, la sclerosi laterale amiotrofica
Il Dramma Di Agatino Russo
Lunedì, 20 Ottobre 2008, 22:31:
L'ex calciatore della Ternana ha la SlaA 'Non Solo Sport', il programma sportivo della Radio Vaticana , la richiesta di aiuto di un ex calciatore di Ternana e Narnese, difensore, Agatino Russo , 58 anni, rappresentate di occhiali, colpito da SLA
Lunedì, 20 Ottobre 2008, 22:31:
L'ex calciatore della Ternana ha la SlaA 'Non Solo Sport', il programma sportivo della Radio Vaticana , la richiesta di aiuto di un ex calciatore di Ternana e Narnese, difensore, Agatino Russo , 58 anni, rappresentate di occhiali, colpito da SLA
3 commenti:
SLA, traumi ed attività sportiva
Nei calciatori è stata osservata in Italia un’incidenza di SLA 5 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Inoltre l’età di insorgenza della malattia in questo gruppo di soggetti è significativamente precoce rispetto alla media. Da queste osservazioni numerosi studiosi hanno formulato ipotesi per spiegare il motivo di questa “epidemia” nel mondo del calcio.
Il calcio rappresenta, per molti studiosi, una disciplina sportiva a rischio di insorgenza di SLA per i continui traumatismi ai quali il sistema nervoso centrale è sottoposto mediante il colpo di testa. I giocatori di calcio infatti, diversamente rispetto ad altri sport, colpiscono la palla di testa senza avere nessuna protezione. La forza con cui il pallone impatta sul cranio è di circa 500-1200 Newton, tuttavia essa si distribuisce prontamente anche sul collo e sul tronco.
Diverso è invece, ad esempio, il caso dei pugili, categoria anche questa a rischio per lo sviluppo di un’altra malattia neurodegenerativa, la cosiddetta “demenza pugilistica”. Questi atleti ricevono pugni sulla faccia e sulla scatola cranica che hanno una forza molto più elevata (fino a 6300 Newton) e che viene quasi del tutto assorbita dalla testa e dal cervello. Interessante è che solo i pugili che presentano una determinata predisposizione genetica (allele APO E4) sviluppano la demenza di grado severo.
Altri studi hanno inoltre dimostrato, in seguito a traumi cerebrali anche di lieve entità, un incremento dei livelli plasmatici e nel liquido cefalo-rachidiano, di una proteina (s-100 betaproteina) indice della sofferenza delle cellule nervose. Per mesi (fino a 9) sono presenti i segni di tale sofferenza e se nel frattempo la zona precedentemente lesa viene colpita nuovamente, la lesione che si viene a creare è di gran lunga più grave della prima. Già nel 1996, per tale scoperta, la federazione hockey internazionale, vietò di giocare senza casco omologato; attualmente l’intervento di testa è severamente vietato per i calciatori di età inferiore ai 16 anni dalla federazione olandese gioco calcio. Rod Markham, neuropsicologo di Sydney, nel giugno 2004, espone al giornale La Stampa la sua ricerca; avendo studiato per tre anni la malattia, analizzando le scatole craniche di alcuni calciatori professionisti, ha concluso che dovrebbero essere vietati i colpi di testa (oppure i calciatori dovrebbero indossare un casco protettivo), in quanto responsabili di micro-traumatismi cumulativi. Tuttavia sono ancora scarse le evidenze scientifiche sul ruolo del neurotrauma nelle genesi della SLA e alcuni studi, tra i quali uno recente pubblicato su Neuroepidemiology nel 1999, non hanno confermato tale associazione.
Anche se i risultati degli studi scientifici sulla relazione fra traumi cranici, del collo e della colonna e SLA sono spesso contrastanti, in parte per la presenza di dubbi relativi alla definizione di trauma, non si può negare che, in soggetti geneticamente predisposti, il neurotrauma sia un fattore di rischio per la SLA.
Un’altra ipotesi avanzata da alcuni scienziati (Felmus 1976; Granieri 1988; Gregoire 1991) e suffragata da altri, è che l’attività fisica vigorosa possa, assieme ad altri fattori ambientali e costituzionali, essere responsabile dell’insorgeneza della malattia. Studi precedenti, ma indiretti, hanno dimostrato che durante l’esercizio fisico si ha la produzione di specie reattive dell’ossigeno. I radicali liberi dell’ossigeno si creano, nei calciatori, dalla combinazione dello sforzo fisico intenso con altri fattori; in effetti le abitudini dietetiche (alimenti pro-ossidanti), l’uso prolungato di farmaci antinfiammatori, le ischemie ripetute seguite da iperivascolarizzazione (dovute ai microtraumatismi o all’attività anaerobica prolungata seguita da improvvisa riossigenazione) possono rappresentare ulteriore fonte di stress ossidativo, al quale il sistema nervoso centrale è particolarmente senisibile. Esso contiene infatti una grande quantità di substrati facilmente ossidabili.
Altre ipotesi
Alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato un’associazione fra SLA ed esposizione ad agenti tossici. Tra quelli maggiormente chiamati in causa sono i pesticidi e i fertilizzanti. In effetti secondo uno studio epidemiologico condotto in Sardegna, la prevalenza della malattia tra gli agricoltori è doppia rispetto alla popolazione generale. Tali sostanze utilizzate anche per la manutenzione del campo da gioco potrebbero essere responsabili oltremodo dell’insorgenza della malattia tra i calciatori.
Alcuni studiosi hanno proposto invece la patogenesi autoimmunitaria. Hanno infatti dimostrato la presenza di disordini linfoproliferativi e anticorpi anticanali del calcio “L-type voltage-gated” in alcuni casi di SLA.
“Motor neurone Mystery”
In un articolo di review apparso su Current Medical Research and Opinion (vol 20 n 4 del 2004) gli autori parlano di “Motor neurone Mystery”, frase usata per la prima volta da Tom Kington nel suo articolo comparso il 25 Febbraio 2003 sul sito internet della Uefa, nel quale si faceva riferimento ad inchieste giornalistiche e giudiziarie italiane sull’abuso di farmaci nello sport. Dallo studio epidemiologico condotto su 24.000 calciatori che avevano giocato tra il 1960 e il 1996, sembra emergere che la sclerosi laterale amiotrofica abbia una prevalenza nei giocatori di calcio 20 volte superiore a quella della popolazione in generale.
E’ stata quindi ipotizzata una correlazione fra doping e SLA specialmente in atleti di alto livello che si sottopongono a sforzi fisici importanti. In un recente studio, pubblicato su Lancet Neurology, Simone Beretta ha ipotizzato che l’abuso di farmaci antinfiammatori possa avere un importante ruolo nella morte motoneuronale. Secondo Beretta infatti mentre il corretto uso di queste sostanze impedisce l’attivazione gliale (coinvolta nella morte motoneuronale), l’abuso provocherebbero una permanente inibizione di questa attivazione, responsabile della degenerazione dei motoneuroni nella SLA.
Tuttavia le possibili connessioni tra SLA e Doping non sono ancora state trovate. Anche perché questi dati, che non sono stati pubblicati in riviste scientifiche nazionali o internazionali ma sono frutto di inchieste giudiziarie e giornalistiche, rendono difficilmente sostenibile l’ipotesi che il doping e lo sforzo fisico strenuo possano essere responsabili dell’insorgenza della malattia; infatti in un gruppo di 6000 ciclisti professionisti degli ultimi 30 anni, nei quali si sono registrati numerosi casi di eteroplasia, nessun ex corridore risulta deceduto o affetto dalla SLA. Tutto ciò ha comunque scatenato un interesse generale cosicchè molti ricercatori stanno tuttora indagando sulla possibile relazione tra doping e calcio.
Conclusioni
Fino ad oggi in letteratura non ci sono evidenze scientifico-epidemiologiche che mettano in relazione il doping o l’esercizio fisico strenuo alla malattia di Lou-Gehrig.
Attualmente è opinione comune che la SLA sia una malattia a genesi multifattoriale, nella quale, su una determinata predisposizione genetica, probabilmente dovuta ad una specifica combinazione di geni, agiscono numerosi fattori ambientali.
Benchè il neurotrauma appaia essere un fattore di rischio per la SLA, perlomeno in soggetti geneticamente predisposti-atleti alti e magri-solo una valutazione prospettica su larga scala in soggetti che abbiano avuto neurotraumi potrà dare una risposta definitiva a questa controversia epidemiologica..
Insieme agli studi epidemiologici saranno necessari anche studi sperimentali per indagare le conseguenze a lungo termine di ripetuti traumi cerebrali per poter chiarire i meccanismi responsabili delle lesioni nervose capaci di indurre neurodegenerazione, studi che dovranno essere fatti anche negli animali geneticamente predisposti.
Bibliografia
Rosen DL. Et al. Mutation in Cu/Zn superoxide dismutase gene are associated with familial amyotrophic lateral sclerosi. Nature 1993; 362: 59-62.
Charles T., Swash M. Amyotrophic lateral sclerosi: current understanding. J. Neurosci. Nurs. 2001; 33 (5): 245-53
Beretta S. et al. The sinister side of Italian soccer. Lancet Neurology 2003; 11:656
Cruz DC. Et al. Physical trauma and family history of neurodegenerative diseases in amyotrophic lateral sclerosis: a population-based case-control study. Neuroepidemiology. 1999; 18 (2):101-10
Riggs JE. The latency between traumatic axonal injury and the onset of amyotrophic lateral sclerosis in young adult men. Mil. Med. Aug 2001; 166 (8): 731-2
Sienko DG. Et al. Amyotrophic lateral sclerosis. A case-control study following detection of a cluster in a small Wisconsin community. Arch. Neur. 1990 Jan; 47(1): 38-41
Gregoire N. et al. Risk factors in amyotrophic lateral sclerosis. Initial results a propose of 35 cases. Rev. Neurol. (Paris) 1991; 147 (11): 706-13
Granieri E. et al. Motor neuron disease in the province of Ferrara, Italy, in 1964-1982. Neurology 1988; 38 (10):1604-8
Kington T. Motor neurone mystery, dated 25 February 2003;
available from http://www.uefa.com/trainingground/news/Kind=8/newsId=55783.html [Accessed 16 December 2003]
* Cattedra di Medicina dello Sport Università di Firenze.
** Agenzia di Medicina dello Sport Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi.
*** Medico ACF Fiorentina.
MILANO, 22 giugno 2007 - T re nuovi casi di morbo di Gehrig nel calcio italiano, tra il 2004 e il 2006. Uno dei tre giocatori colpiti dalla mortale malattia - altrimenti nota come Sla, sclerosi laterale amiotrofica - è un ex centravanti di serie A, poco più che quarantenne. Non ne scriviamo nome e cognome perché non gradisce che la sua storia venga resa pubblica. Gli altri due ammalati sono ex professionisti con discrete carriere negli anni Ottanta. Gli esiti della ricerca condotta dal dottor Gabriele Mora, della Fondazione Salvatore Maugeri di Pavia, e dal professor Adriano Chiò, del Dipartimento di Neuroscienze di Torino, appaiono inquietanti. «Abbiamo indagato su 7.325 calciatori italiani - spiega il dottor Mora -. Le statistiche generali dicevano che in un campione così ristretto di popolazione il rischio di contrarre la Sla era pari allo 0,5/0,7 per cento. Al massimo avremmo dovuto trovare un malato. Anzi, neppure quello. Invece, tra 7.325 persone dedite al calcio, otto risultano attaccate. Tante, troppe».
CIFRE - Facciamo chiarezza: i calciatori colpiti - italiani oppure stranieri che hanno giocato da noi - sono più degli 8 evidenziati dall' indagine di Mora e Chiò, effettuata su una piccola comunità e limitata nel tempo. L' inchiesta condotta dal magistrato Raffaele Guariniello della Procura di Torino, su un più ampio «range» temporale, certifica circa 40 casi di Sla tra ex giocatori. Pochi sanno, ad esempio, che anche Fulvio Bernardini, centromediano della Roma anni Trenta e poi c.t. della Nazionale, morì nel 1984 del morbo di Gehrig. 6 casi ogni 100.000 abitanti è il livello di diffusione della Sla nel nostro Paese. Una ricerca dimostra che su un campione di 7.325 calciatori sono stati individuati 8 ammalati di questo morbo. Evidente la sproporzione.
FATTORI - Il dottor Mora non è allarmista: «Non mi sento di definire la Sla malattia professionale del calcio e se avessi un figlio maschio lo lascerei giocare a pallone. Verosimilmente, però, il football, abbinato ad altri fattori, può scatenare l' insorgere del morbo». Quali fattori? «La predisposizione genetica, quello 0,1 per cento del Dna che differenzia ciascuno di noi; i ripetuti traumi alle gambe; l' intensa attività agonistica; il venire a contatto con pesticidi e diserbanti usati per mantenere l' erba dei campi da gioco; l' abuso di farmaci, in particolare degli antinfiammatori. Ecco, consiglio ai calciatori di non imbottirsi di anti-dolorifici per giocare a tutti i costi, a dispetto dell' acciacco. Non bisogna forzare il corpo, botte e traumi devono essere assorbiti nei dovuti tempi». I colpi di testa? «Possono incidere. C' è un' evidenza: i calciatori sviluppano la forma bulbare di Sla, con danni prevalenti al blocco facciale».
CENTROCAMPISTI A RISCHIO - Il lavoro di Mora e Chiò - un «report» di imminente pubblicazione, realizzato con la consulenza della dottoressa Caterina Bendotti e finanziato dalla Fondazione Vialli e Mauro - dice un' altra cosa interessante: i centrocampisti sono più a rischio. Questi i ruoli degli 8 malati individuati da Mora e Chiò: sei mediani e/o registi, un difensore e un attaccante. In assoluto si consideri che non risulta esserci mai stato un portiere affetto da morbo di Gehrig. Il dottor Mora: «I centrocampisti corrono più degli altri, prendono colpi in decine di contrasti. Hanno la massa magra più elevata, possono sovraccaricarsi di sforzi prolungati. Non è casuale che i portieri risultino immuni ed è significativo che in una ricerca avviata su basket e ciclismo non si siano trovati ammalati». La Sla prolifera nel football americano. «Vero. E stiamo per scandagliare il rugby».
CLUB RICORRENTI - Nella Sla-story del calcio italiano alcuni club ricorrono più di altri. La Sampdoria del 1958-59, tre morti: Tito Cucchiaroni, Ernst Ocwirk, Guido Vincenzi. Il Como, in diversi periodi: Piergiorgio Corno, Adriano Lombardi, Albano Canazza. Si sospetta del doping e in particolare degli anabolizzanti, ma l' equazione è complicata: se c' entrasse il doping, ci sarebbe stata una strage di ciclisti, invece i campioni della bici sembrano esenti da Sla. Mora: «Sta per arrivare in Italia il dottor Walter Bradley dell' università di Miami. Ci ha chiesto di condurlo sui campi di alcuni stadi. Bradley, negli Usa, lavora su un possibile nesso tra insorgenza di Sla e cianobatteri presenti in alcuni terreni da gioco». L' Italia è all' avanguardia nella lotta alla Sla. «Sull' onda degli studi italiani, si sono mossi gli inglesi. E hanno già imboccato una pista: tre calciatori di seconda divisione affetti da Sla, tutti e tre del Sud dell' Inghilterra». Brutta bestia il morbo di Gehrig, ma dieci anni fa pochi ricercatori se ne occupavano. Oggi è diverso: più medici impegnati, più finanziamenti, più attenzione delle case farmaceutiche. Insomma, ci sono speranze.
Sebastiano Vernazza
SLA: il dramma di Russo, ex difensore della Ternana
Si Allunga la lista dei calciatori colpiti da S.L.A.
Noi siamo del parere che un batterio del suolo produttore di tossine, in grado di aggredire anche l'uomo, iniettando soggetti geneticamente e/o immunologicamente sensibili, potrebbe spiegare il comportamento epidemiologico della Sla (Sclerosi laterale amiotrofica) o Morbo di Lou Gehrig». Il "referto" arriva da un giovane e raffinato cervello della medicina italiana, il 35enne dottor Giuseppe Stipa, del reparto di neurofisiopatologia dell'Ospedale Santa Maria di Terni. È toccato a lui l'amaro compito di diagnosticare la Sla ad Agatino Russo (ex giocatore della Ternana), uno dei tanti nomi non ancora inseriti nella lista «ufficiale» dei 43 casi di Sia riscontrati nel calcio. È ancora un mistero la causa di questa malattia multifattoriale alla quale il dottor Stipa sta cercando di dare una risposta con le sue ricerche (condotte in collaborazione con i colleghi Nicola Vanacore, Enzo Funari e Manuela Testai dell'Istituto Superiore di Sanità), che puntano il dito sul terreno dei campi di calcio. Siamo dunque passati dal sospetto dell'abuso di farmaci all'erba killer dei campi? «All'inizio per la Sla si era pensato anche alla concausa derivante dall'uso di antinfiammatori (in particolare il Voltaren) da parte dei calciatori, ma poi si è visto che non esisteva un dato epidemiologicamente interessante come quello fornito dal terreno di gioco». Qual è l'elemento fondante di questa teoria, già espressa in passato dal prof. americano Walter Bradley? «Tutti gli atleti colpiti dalla Sia hanno praticato discipline su campi in erba naturale che sono soggetti a pesticidi e particolari erbicida Negli Usa ci sono casi di malati tra i giocatori di baseball (da Lou Gehrig che ha dato il suo nome alla malattia), footbali e ultimamente anche nel golf». Chi non gioca sull'erba dunque difficilmente contrae la Sla? «La casistica non riscontra alcun caso di malati o morti di Sla in altri sport che pure provocano uno stress fisico molto accentuato e in cui è stata accertata la pratica del doping, come il ciclismo e l'atletica leggera». Ma se tutto dipende dal terreno allora dovrebbe esserci un'epidemia di malati di Sia anche nella popolazione contadina... «In effetti l'aspetto rurale della patologia era già conosciuto da tempo e il dato dei malati legati ai lavori della terra a volte raddoppia, come dimostra un recente studio effettuato sui contadini in Sardegna. La relazione della malattia con la terra nel calcio si traduce nell'attività agonistica svolta dai giocatori sui campi». Affermare che il Gehrig è il "morbo del pallone" allora non è un forzatura giornalistica. «No, lincidenza dei calciatori malati è 6-7 volte superiore alla media. Un dato preoccupante che in Italia si riscontra oltre che tra i professionisti anche tra i dilettanti». Si tratta di un fenomeno esclusivamente italiano? «In Italia è stato più studiato ma siamo venuti a conoscenza di alcuni casi di Sia tra i dilettanti inglesi». Quali sono i rimedi per sconfiggere questo morbo? «Al momento, purtroppo, non ce ne sono. Ai malati si continua a somministrare il Rilutec, ma la terapia più efficace sembra essere il Carbolitium che è in fase sperimentale». E il mondo del calcio in che fase si trova rispetto alla problematica? «C'è una maggiore coscienza, ma dal momento che abbiamo lanciato l'allarme sul pericolo derivante dai terreni di gioco una soluzione poteva essere passare ai campi sintetici. Però, nessuno l'ha fatto». Magari è un suggerimento da sottoporre al massimo inquisitore delle "morti bianche" del calcio, il giudice Guariniello... «Guariniello, dal mio punto di vista di ricercatore ha commesso due errori: il primo nell'aver segretato dei dati che dovrebbero essere di dominio pubblico e scientifico. Dati peraltro di uno studio che andrebbe rifatto, perché i malati di Sia sono sempre di più nella popolazione calcistica. Il secondo errore, è stato nell'aver isolato la patologia della Sia al solo mondo del calcio. Riducendo il fenomeno al particolarismo, si impedisce di comporre il puzzle assai più complesso di questa malattia». Per vincere la Sla è stato lanciato un appello (raccolte 20mila firme), rivolto al presidente Napolitano. «Già, ma intanto non si trovano neppure 30.000 euro per la nostra attività di ricerca e l'unico che si sta attivando è il dottor Melazzini, presidente dell'Aisla, anche lui malato di Sla».
Massimiliano Castellani (Avvenire)
Fonte:Violanews
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