giovedì 27 febbraio 2014

Paolo Marchiori:

«La Sla m'ha fatto
scoprire il senso della vita»

«Sono passato dalla disperazione alla gioia grazie a un viaggio a Lourdes: credere non basta, la fede sì»


3 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Prima l'inferno dentro. Vuoto e spaventoso. Poi all'improvviso la luce. Un sole che scalda e che fa percepire la vita come piena e potente. Emerge questa grande forza dalle parole di Paolo Marchiori, bresciano presidente di Aisla, Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, malattia da cui è affetto.
Marchiori è reduce da un fine settimana molto intenso, in cui è stato invitato al convegno «Invecchiamento e disabilità» organizzato dalla Pontificia Accademia per la vita all'istituto Augustinianum di Roma, dove è intervenuto assieme a docenti, neurologi, medici e teologi da tutto il mondo. Due giorni in cui si è parlato di numeri e statistiche ma, soprattutto, di persone. Uomini e donne che, a fronte di una patologia invalidante, riescono a considerare la loro condizione parte della vita, degna di essere vissuta in qualunque forma essa si presenti.
MARCHIORI, di vite, ne ha vissute almeno tre. La prima da uomo «normale», senza troppi pensieri. La seconda, quella della scoperta della malattia, e la terza, quella della rinascita spirituale, in cui dice di aver scoperto di avere un'anima. «Circa otto anni fa mi fu diagnosticata la Sla - ha raccontato alla platea romana -, fino ad allora la vita mi aveva dato tantissime opportunità, anche se in realtà qualcosa mancava».
Sposato e padre di un figlio, Paolo ha ricordato quando, pur essendo cattolico, era lontano dalla vera conoscenza del Vangelo. Poi, all'improvviso, l'inizio del dramma che ogni disabile vive: perché proprio a me? Cosa ho fatto di male? Da qui la disperazione, la rabbia, fino ad uno stato di chiusura, persino di vergogna. «La gente ha paura ad avvicinarsi e ti considera un poverino - ha sottolineato Marchiori -, perché il disabile è visto come un diverso, se poi è anziano peggio ancora».
Ma è proprio quando senti di essere piombato sul pavimento del mondo che succede qualcosa di inaspettato. A Paolo è accaduto in ginocchio in una chiesa, davanti al Crocifisso, implorando aiuto a colui che della sofferenza aveva fatto il riscatto del mondo. «Imparai a pregare, cosa che non avevo mai fatto prima - ha raccontato -. Iniziò in me un inatteso percorso interiore, ma il destino mi mise di fronte altre prove difficili: persi la mamma e il dolore aumentò».

Fabio e Fabrizio ha detto...

A questo punto cosa fare? Come reagire? La risposta venne da dentro e quella fede che Cristo gli trasmise avrebbe dato da lì a poco i suoi frutti: «Andai a Lourdes con il Centro Volontari della Sofferenza e fu l'inizio della mia guarigione: il giorno prima mi trovavo nella disperazione più totale e il giorno dopo pieno di gioia».
La paura era scomparsa. Al suo posto la voglia di aiutare se stesso e, ancor più importante, gli altri sofferenti che ancora non avevano vissuto il miracolo della fede. «Il credere da solo non è sufficiente, ma la fede sì» ribadisce Marchiori.
Non rimaneva che tradurre quella forza in azione. «Per far stare meglio chi soffre occorre iniziare ad educare alla solidarietà e alla conoscenza fin dalla scuola materna - ha rimarcato -. In questi ambienti mancano testimonianze di disabili che raccontino il loro quotidiano e possano far capire che hanno solo problemi motori, ma interiormente vivono la normalità comune. Bisogna anche sostenere moralmente le famiglie che hanno questi problemi e dar loro il coraggio di uscire e parlarne».
UNA CERTEZZA che Paolo ha mutuato da monsignor Luigi Novarese, il primo a vedere nel malato una fonte di ricchezza. «La disabilità la genera l'uomo stesso etichettando chi è diverso, tanto che spesso la malattia passa in secondo piano e a far soffrire di più è l'incapacità di esprimersi e di esser capito» rivela ancora Marchiori.
Da qui la sua lotta quotidiana per favorire una cultura della reciprocità tra generazioni, che permetta di prendersi cura l'un l'altro con amore e rispetto. «Dobbiamo far capire al malato, all'anziano, al disabile, che hanno grandi potenzialità, che possono offrire le loro malattie agli altri, unendo le loro sofferenze a quelle di Cristo» ha commentato monsignor Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari. Perché in fondo la felicità ha poco a che fare con il corpo, che prima o poi si ammalerà e perirà. «La vera guarigione è quella interiore», conclude Marchiori

Pino ha detto...

Fabio, sarebbe importante sapere quale era l'occupazione del Sig. Paolo Marchiori prima di ammalarsi.
Ha praticato un'attività di lavoro o sportiva anaerobica prolungata?
Saluti