martedì 18 giugno 2013

Individuata la proteina che ripristina le funzioni cerebrali. Grazie alla ricerca dell’Università di Tel Aviv, tale scoperta potrebbe rivelarsi essenziale nella cura delle malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, il Parkinson e anche nella SLA .
Tale proteina, chiamata NAP o Davunetide, ha la capacità di stabilizzare e riparare le funzioni compromesse della rete di microtubuli, quella porzione del cervello responsabile
 dello scambio di segnali tra i neuroni.

1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Scienziati israeliani hanno sviluppato in laboratorio un nuovo peptide in grado di proteggere e ripristinare le comunicazioni tra le cellule nervose. Una risorsa contro le malattie neurodegenerative
lm&sdpBuone notizie sul fronte cervello e una sua possibile compromissione nelle funzioni. Scienziati dell’Università di Tel Aviv hanno sviluppato una proteina, o peptide, capace di proteggere e ripristinare le funzioni cerebrali. La scoperta potrebbe essere essenziale nelle malattie neurodegenerative e in tutti quei casi di compromissione delle facoltà cerebrali come il declino cognitivo, la demenza o la malattia di Alzheimer, ma anche nei casi di SLA (la Sclerosi Laterale Amiotrofica), e la malattia di Parkinson.

La nuova proteina, chiamata dai ricercatori NAP o Davunetide, andrebbe ad agire direttamente su quella che è nota come “rete di microtubuli”, che è una parte cruciale del nostro sistema nervoso. Questa rete agisce come una sorta di sistema di trasporto all’interno delle cellule nervose, portando proteine essenziali e consentendo la comunicazione cellula-cellula.
Accade tuttavia che nelle malattie neurodegenerative detta rete si guasti, con una conseguente ripercussione negativa sulle abilità motorie e le funzioni cognitive.
Il nuovo peptide, sviluppato dalla prof.ssa Illana Gozes e colleghi della Tel Aviv University’s Sackler Faculty of Medicine, avrebbe una doppia capacità: quella di proteggere e ripristinare le funzioni dei microtubuli.

La ricerca che ha portato allo sviluppo del peptide è partita dall’utilizzo di un composto derivato dalla proteina ADNP, che si occupa della regolazione di oltre 400 geni ed è fondamentale per lo sviluppo e la formazione di cervello, memoria e comportamento.
Dopo questa prima fase, i ricercatori israeliani – tra cui il dottor Yan Jouroukhin e Regin Ostritsky – hanno condotto una serie di test su modelli animali con danni ai microtubuli.
I risultati dei test, pubblicati su Neurobiology of Disease, mostrano che nei topi con sintomi associati a neurodegenerazione, questi migliorassero in modo significativo: il peptide NAP è stato in grado di mantenere o ripristinare il trasporto di proteine e altri materiali nelle cellule.

Un successivo studio condotto da un team di ricerca del Regno Unito, e pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry, ha poi confermato quanto suggerito dai risultati dei ricercatori israeliani, mostrando un’effettiva azione del NAP.
Il peptide NAP potrebbe dunque essere uno strumento efficace nella lotta contro alcuni degli effetti più debilitanti delle malattie neurodegenerative.

La prof.ssa Gozes ricorda che più ricerca deve essere condotta per scoprire come ottimizzare l’uso di PNA come trattamento, compresi i pazienti che possono beneficiare maggiormente dell’intervento, tuttavia i risultati sono promettenti e indicano questo peptide potrebbe divenire un buon trattamento per le conseguenze delle malattie neurodegenerative.