giovedì 18 ottobre 2012

Italiani isolano nuovo gene nelle demenze

Il gruppo di ricerca valuterà se lo stesso meccanismo possa essere coinvolto anche nell’Alzheimer e nelle
 demenze fronto temporali associate alla SLA.

1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Isolato un nuovo gene nelle demenze che apre interessanti prospettive terapeutiche. Sono stati appena pubblicati su Neurology, una delle più prestigiose riviste internazionali di neurologia, i risultati di uno studio italiano che dimostra per la prima volta come la demenza frontotemporale sia dovuta ad un anomalia del processo di autofagia neuronale.



Il progetto di ricerca, coordinato dal professor Lorenzo Pinessi, direttore della clinica neurologica dell’Università di Torino, è stato sviluppato dai medici del centro per le demenze (unità valutativa Alzheimer) e del centro sclerosi laterale amiotrofica della Città della Salute e della Scienza di Torino.



In una vasta popolazione di pazienti con demenza frontotemporale sono state trovate numerose varianti nel gene Sequestosoma1 (SQSTM1). Questo gene codifica una proteina, chiamata p62, che svolge un importante ruolo nel processo di autofagia neuronale, un processo che provvede a proteggere la cellula eliminando gli accumuli proteici alterati.

Inoltre, lo studio ha confermato precedenti dati che avevano dimostrato anomalie dello stesso gene nei pazienti con Sla. I neuroni che presentano una anomalia della proteina p62, pertanto, non sono in grado di allontanare le proteine tossiche e vanno rapidamente incontro a degenerazione.



Lo stesso gruppo di ricerca ha iniziato a valutare se lo stesso meccanismo possa essere coinvolto anche nella malattia di Alzheimer.



Le malattie che causano deficit cognitivo sino alla demenza sono diventate un grave problema socio-sanitario in tutti i paesi occidentali. La più frequente causa di demenza è l’Alzheimer, ma esistono anche altre forme di demenza, come la demenza a corpi di Lewy e la demenza frontotemporale, che spesso non vengono diagnosticate correttamente e che possono sovrapporsi alla malattia di Alzheimer. E’ stato calcolato che, se non si troveranno terapie adeguate, la malattia di Alzheimer e le altre forme di demenza porteranno presto al collasso i Servizi Sanitari dei nostri paesi.



Le demenze degenerative sono caratterizzate da un lento processo di deposizione di proteine anomale (protein misfolding) all’interno del cervello. L’accumulo di queste proteine, spesso sotto forma di placche, esercita un effetto tossico sulle sinapsi e induce una lenta e progressiva morte dei neuroni (neurodegenerazione). Nelle fasi iniziali di una malattia demenziale, i neuroni attivano un processo, chiamato autofagia, che porta ad isolare le proteine anomale e alla loro distruzione, prevenendo l’aggregazione nelle placche.



Se questo processo non funziona in modo adeguato, il cervello non è più in grado di difendersi da queste sostanze tossiche e la demenza diventa conclamata ed irreversibile. Negli ultimi anni sono stati isolati diversi geni implicati nei processi neurodegenerativi. Tuttavia, non era ancora chiaro, come diversi geni che agiscono su diverse vie metaboliche, possono causare la degenerazione cerebrale.



I risultati di questo studio, innanzitutto, dimostrano come vi siano diversi punti di contatto nei meccanismi responsabili delle diverse malattie neurodegenerative e spiegano anche la notevole variabilità clinica degli stessi. Ma, soprattutto, questo studio italiano apre nuove prospettive di profilassi e di terapia delle demenze. Sono, infatti, già iniziati negli animali da esperimento (topi transgenici per geni della demenza frontotemporale) studi volti a potenziare dal punto di vista farmacologico il meccanismo dell’autofagia neuronale, permettendo così al neurone di allontanare le proteine tossiche e di bloccare i processi di morte cellulare.