mercoledì 8 febbraio 2012

MALATO DI SLA ...

MUORE ASPETTANDO L'IVALIDITA' !!!

2 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Genova - C’è una foto del marzo 2011 che ritrae Pasquale Rao, 68 anni, in un momento (apparentemente) sereno. È scattata al reparto pneumologia della Colletta di Arenzano, Rao è con la neurologa Monica Bandettini, le volontarie dell’Aisla Franca Carnevali e Annetta Cecalupo. Pasquale è morto lo scorso 28 gennaio, consumato da una forma di Sla bulbare, quella più grave. È morto aspettando 17 mesi per conoscere se “aveva diritto” a quanto la legge dovrebbe riconoscere, «per noi e per la scienza medica, in “automatico”: l’assegno di accompagnamento, il diritto alla legge 104 per i familiari consentendo il rispetto di una dignità vera di persona» spiega Anna Cecalupo dell’Aisla, volontaria e una storia personale di vita e assistenza accanto al suo compagno ucciso dalla Sla. Salvatore è morto e la burocrazia ha comunicato dopo il suo decesso che era stato accertato “l’aggravamento” della sua malattia. Ci sarebbe stato bisogno anche di una “macchinetta” (un ausilio salva vita detto “Pegaso”) necessaria per respirare: «Non è successo, ancora una volta per l’assurda insensibilità delle procedure» sottolinea la Cecalupo. Quella che viene definita “macchinetta”«l’Asl 3, a differenza di altre Asl, non la passava più, ora siamo in attesa dell’ultimazione delle gare di appalto». Ci hanno messo una “mano” il primario pneumologo della Colletta di Arenzano e la Gigi Ghirotti nella fase acuta degli ultimi giorni. Alcuni mesi fa su Il Secolo XIX i casi dei malati di Sla e dei dinieghi delle “Pegaso” erano stati denunciati dall’Aisla e dalla Federconsumatori. Asl3 e Inps avevano risposto spiegando che le procedure erano state velocizzate.

Fabio e Fabrizio ha detto...

Stefania, moglie di Salvatore, e la figlia Sabrina hanno vissuto il calvario, l’amarezza e la rabbia di una morte purtroppo annunciata, ma non assistita nella dignità della persona-malato. «La Sla venne diagnosticata a mio padre nel giugno 2010 - ricorda Sabrina - e avviammo subito la richiesta di invalidità e handicap (per la legge 104 che consente permessi di lavoro ai familiari che assistono queste persone) attraverso il patronato Enasco». Salvatore Rao era un benzinaio e aveva in precedenza lavorato in un’azienda di Cornigliano. La richiesta parte il 29 luglio del 2010. La malattia viene definita come “neurologica degenerativa con esito infausto”.

Stefania e Sabrina Rao ricordano: «Mio padre viene convocato alla visita per l’accertamento di invalidità e handicap dalla Asl 3 il 13 ottobre 2010». Apparentemente è autonomo, cammina ancora, la malattia è nella prima fase, ma gli effetti precipitano in modo repentino e non solo nel caso di Rao. La commissione però valuta il “momento”, non la malattia e boccia la richiesta. «Passano ben sette mesi per avere questa risposta - rammentano i familiari - Viene riconosciuta l’invalidità ai soli fini assistenziali ma non l’assegno di accompagnamento (poco meno di 500 euro) e non viene riconosciuta la legge 104». Per assisterlo la figlia prende ferie, permessi non retribuiti. Salvatore Rao si aggrava. «Il 16 giugno 2011 col patronato facciamo la richiesta di aggravamento e per il riconoscimento dell’handicap». Si potrebbe fare ricorso al giudice civile, ma i tempi si allungherebbero. Questione di vita decorosa e di assistenza. Chi è malato e chi gli è vicino deve fare anche queste scelte. Rao viene visitato a domicilio il 5 luglio 2011. Le sue condizioni sono ormai gravi. A dicembre 2011 «mio padre è ricoverato per una decina di giorni alla Gigi Ghirotti per l’aumento delle secrezioni tracheo-bronchiali per cui gli viene prescritto l’uso della macchina della tosse (la famosa Pegaso). Ad oggi la Asl 3 non passa questo ausilio salva vita». Sette mesi dopo la visita per l’aggravamento arriva la risposta dall’Inps che accoglie però solo «l’accompagnamento» ma non l’handicap e la legge 104. Salvatore si spegne il 28 gennaio scorso. Il 4 gennaio il patronato conferma alla moglie e alla figlia che «fino a quando non riceviamo comunicazioni in merito io non posso inoltrare la richiesta per i 3 giorni di permesso cui avrei diritto per assistere mio padre». Salvatore vola via. La burocrazia è impietosa, i tempi pure: «A oggi non abbiamo ancora ricevuto l’indennizzo per l’accompagnamento». Un “arretrato” sulla morte e la dignità non rispettata. Con un autosconto da parte delle istituzioni sanitarie e previdenziali: il periodo coperto dall’assegno è solo quello successivo all’accertamento dell’aggravamento. Prima Rao non ne era degno anche se la sua malattia era degenerativa e ad esisto infausto.