sabato 11 febbraio 2012

Black-out elettrico: malato di SLA rischia di morire !!!

Ci si aspetterebbe che in tali casi ci sia una procedura di urgenza e di allerta, in cui venga comunicato ai familiari il disservizio che si sta creando e subito vengano attivate tutte le condizioni per organizzare il soccorso e la degenza in una struttura sanitaria, pubblica o convenzionata che sia. E’ una cosa di una logica talmente elementare che mi stupisco come i dirigenti del servizio sanitario regionale non hanno messo in conto una tale eventualità, come mi sorprende che L’Enel non lo faccia.

Non so di chi sia la responsabilità, se dell’Enel o dell’Asrem, ma resta

il fatto che Vincenzo ha rischiato di morire,

così come sarebbe successo a chi è nelle condizioni di mio marito

1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

E’ una storia a lieto fine quella di Vincenzo, malato di Sla, che vive nella propria casa di Venafro grazie ad un letto elettrico e ai macchinari che lo nutrono e alimentano, assistito dalle cure della moglie, Palmina Giannini. La sua vita è strettamente legata all’elettricità. In caso di black-out momentaneo le apparecchiature che lo assistono sono servite da un generatore di corrente che assicura il funzionamento degli apparecchi, ma per evitare rischi l’interruzione non si può prolungare eccessivamente.

Venerdì scorso, il 3 febbraio, Palmina Giannini era disperata, fino a quando non è riuscita a trovare ospitalità al Neuromed di Pozzilli. “Già nella notte fra giovedì e venerdì”, racconta, “il flusso dell’energia elettrica ogni tanto si interrompeva, e questo già mi aveva messo addosso una forte ansia. Ieri, poi, alle tre circa del pomeriggio la ‘corrente’ è andata via. Visto che con il passare del tempo non tornava, ho cominciato a chiedermi se sarebbe tornata ‘in tempo’. Intanto vedevo che l’autonomia dell’alimentazione elettrica del sistema cominciava a scendere. Ho cominciato a chiamare i carabinieri, i vigile del fuoco. Non sapevo quasi cosa fare. Poi ho chiamato il 118 e grazie al buon senso di persone amiche sempre molto cortesi e disponibili, finalmente abbiamo portato Vincenzo in salvo al Neuromed di Pozzilli. E per farlo abbiamo dovuto utilizzare le pile!”.E’ eloquente il fatto che in un sistema sanitario pubblico, l’unica struttura in grado di salvare la vita ad un malato in quelle condizioni sia stata una struttura privata che c’è nella zona di Venafro, ma ciò che ha stupito e addolorato Palmina Giannini, e che stupisce tutti, è la mancata comunicazione del prolungarsi del black-out elettrico: “Nessuno mi ha avvertito che la mancanza di energia elettrica sarebbe continuata. Non l’Enel, non l’Asrem. Nessuno! Se avessi tardato ad intervenire oggi mio marito sarebbe morto! Ed ora, nel primo pomeriggio di sabato, ancora siamo senza elettricità”. Palmina Giannini, che è presidente del ‘Comitato Paolo Balestrazzi – Lotta alle malattie rare’, si chiede e chiede alle istituzioni competenti come sia stato possibile una vicenda del genere: “I malati di Sla, come altri malati affetti da altre gravi patologie e che vivono nella propria abitazione, hanno la necessità vitale di un servizio costante come quello dell’energia elettrica. Questo lo sanno tutti, lo sanno i dirigenti del servizio sanitario nazionale e regionale, per cui ciò che chiedo alle istituzioni competenti è perché mio marito ha rischiato di morire? Ci si aspetterebbe che in tali casi ci sia una procedura di urgenza e di allerta, in cui venga comunicato ai familiari il disservizio che si sta creando e subito vengano attivate tutte le condizioni per organizzare il soccorso e la degenza in una struttura sanitaria, pubblica o convenzionata che sia. E’ una cosa di una logica talmente elementare che mi stupisco come i dirigenti del servizio sanitario regionale non hanno messo in conto una tale eventualità, come mi sorprende che L’Enel non lo faccia. Non so di chi sia la responsabilità, se dell’Enel o dell’Asrem, ma resta il fatto che Vincenzo ha rischiato di morire, così come sarebbe successo a chi è nelle condizioni di mio marito. Resta a chi ha il dovere di capire le cause di farlo, per procedere a cambiare le procedure in maniera tale da assicurare che una cosa del genere non succeda più, mai più!”.