Sebastiano è di Castel di Lama
(Ascoli Piceno),
ha 70 anni e da 7 è costretto
a letto dalla SLA
Sebastiano, attraverso una lettera al Carlino esprime un desiderio, quello di poter acquistare un furgoncino Fiat Doblò per poter uscire di nuovo di casa, ma ci vogliono all'incirca 20 mila euro e lui, che vive con la sua sola pensione, non può permetterselo e chiede aiuto.
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E' di mercoledì 7 un articolo-appello pubblicato dal quotidiano Resto del Carlino, il quale sceglie di dare voce a Sebastiano Marrone. Sebastiano è di Castel di Lama (provincia di Ascoli Piceno), ha 70 anni e da 7 è costretto a letto dalla Sla (sclerosi laterale amiotrofica) che non gli consente né di parlare né di muoversi.
Non è uno che si sia mai rassegnato alla sua condizione e ha sempre lottato per la sua vita e per il suo diritto a comunicare, tanto che in passato si è fatto portavoce dei diritti dei malati come lui, incontrando l'ex ministro della salute Livia Turco direttamente a Roma.
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Sebastiano, attraverso una lettera al Carlino esprime un desiderio, quello di poter acquistare un furgoncino Fiat Doblò per poter uscire di nuovo di casa, ma ci vogliono all'incirca 20 mila euro e lui, che vive con la sua sola pensione, non può permetterselo e chiede aiuto.
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Sebastiano ha sempre detto che non vuole arrendersi alla Sla e nell'Aprile nel 2007 rilasciò un'intervista sempre al Resto del Carlino in cui dichiarava di non essere Welby e di amare anche questa vita, di pensare che nessuno può disporre della vita degli altri, tantomeno della propria.
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Va rispettato e difeso il pensiero di Sebastiano Marrone, proprio come va rispettato e difeso il pensiero di chi invece nella stessa condizione ha preferito percorrere un'altra strada come fece Piergiorgio Welby. Senza giudicare e senza cercare quel confronto tra tifoserie urlanti, senza cercare quella barbara contrapposizione tra chi è "per la vita" e chi è "contro la vita", ci si dovrebbe soffermare su un altro punto.
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Il punto è che, Sebastiano nel 2007 già denunciava di averci messo mesi per avere un materasso antidecubito, per l'acquisto del MyTobi (apparecchio che legge gli impulsi ottici e li trasforma in parole) ha dovuto fare un appello a Livia Turco e oggi deve fare un appello ad un quotidiano nazionale nel 2007 per raccogliere 20 mila euro per acquistare un mezzo che lo possa trasportare. Significa che c'è qualcosa che non va. Tutto questo deve far riflettere, soprattutto sulla latitanza della politica sulle questioni sociali, su come lo Stato lasci soli migliaia di malati di sla che non hanno la giusta assistenza, non possono muoversi e in molti casi non possono comunicare con chi li circonda.
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Forse si può accettare l'obiezione di chi, cinicamente e magari in buona fede, fa notare che lo Stato non può permettersi di spendere decine di migliaia di euro per ogni malato, ma c'è da chiedersi se in uno stato democratico la garanzia della libertà di parola e di espressione non sia una priorità assoluta che vada ricercata con ogni mezzo. Questione di punti di vista dunque?
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Probabilmente no, visto che l'assistenza sanitaria ai malati di sla è garantita dai Lea (livelli essenziali di assistenza) sulla base di criteri che richiamano i principi base della stessa istituzione del Servizio sanitario nazionale italiano e tra questi principi vi è quello di garantire un'assistenza volta all'eliminazione di qualsiasi discriminazione e disuguaglianza che sia sopraggiunta per motivi di salute. Tutto questo perché gli stessi principi e obiettivi del nostro sistema sanitario nazionale si rifanno all'art. 3 della costituzione.
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La negligenza dello Stato è dunque grave in quanto a causa di una malattia come la sla, vi sono persone lasciate nel silenzio e di fronte a cittadini che non possono esprimere uno dei diritti fondamentali del nostro paese il cinismo forse andrebbe messo da parte.
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