sabato 2 aprile 2011


Paura del glutammato?!










6 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Nella maggior parte dei preparati dell'industria alimentare troviamo un ingrediente dal nome divenuto ormai famoso, anche se ancora in molti non hanno capito bene di cosa si tratta: sto parlando del glutammato monosodico. Utilizzato per dare più sapore agli alimenti, rientra nella categoria degli additivi e viene identificato con la sigla E621. Non tutti conoscono bene questa sostanza, e troppo spesso qualcuno l'ha additata come nociva per la salute. Ma vediamo di fare un po' di chiarezza, premettendo che in quanto appassionato e cultore delle tradizioni enogastronomiche, non posso che disapprovarne l'utilizzo. Ma un conto è scegliere per cultura di non utilizzarlo, un altro è dare informazioni false.
Per capire di cosa stiamo parlando occorre fare un passo indietro, e ricordare quali sono i sapori che vengono percepiti dal nostro palato. Fino ai primi decenni del secolo scorso la comunità scientifica era concorde nel sostenere che i sapori fondamentali fossero quattro: il dolce, il salato, l'aspro e l'amaro. Nel 1908 lo scienziato giapponese Kikunae Ikeda, mangiando una zuppa di alghe, scoprì l'esistenza di un quinto sapore, diverso da quelli già conosciuti. Lo chiamò umami, che in italiano potremmo tradurre con il termine sapido, e scoprì che il principale agente di questo nuovo sapore era proprio il glutammato presente nelle alghe. Fu così che da allora il glutammato venne utilizzato come esaltatore di sapidità.

In termini più scientifici, il glutammato viene definito come il sale dell'acido glutammico, un amminoacido che si trova abbondantemente anche in alimenti molto comuni come i pomodori o il latte (il nostro parmigiano ad esempio ne contiene una discreta quantità). È molto importante la sua funzione in quanto agisce da neurotrasmettitore nel nostro sistema nervoso, ma non è una sostanza essenziale, perché viene prodotta autonomamente dal nostro organismo.

Fabio e Fabrizio ha detto...

È abbastanza diffusa l'idea che questa sostanza sia dannosa per la salute, convinzione originata quando alcuni clienti di un ristorante cinese accusarono degli strani sintomi: bruciore alla nuca, difficoltà respiratorie e nausea. Si ritenne che quella sintomatologia, definita con poca fantasia sindrome da ristorante cinese, derivasse proprio dall'ingestione di una grossa quantità di glutammato, sostanza particolarmente utilizzata nelle cucine asiatiche.
Secondo altri studi invece il glutammato monosodico può danneggiare le funzioni cerebrali, e può provocare obesità, disturbi comportamentali e alterazioni della funzionalità delle ghiandole endocrine. Nel 1999 furono pubblicati i risultati di uno studio che evidenziava addirittura una relazione tra l'eccessiva assunzione di glutammato e una malattia degenerativa chiamata sclerosi laterale amiotrofica.

Non mancano dunque informazioni pseudo-scientifiche che imputano al glutammato responsabilità su molte malattie, anche gravissime. Ma cerchiamo di capire quanto di fondato ci sia in questi studi. Cominciamo dalla sindrome da ristorante cinese: se fosse vera questa tesi, in Cina - dove vengono consumate tonnellate di glutammato ogni anno - dovrebbero esserci milioni di persone che soffrono di emicrania, e questo dato alle autorità sanitarie mondiali non risulta assolutamente. E tanto per dare una validità più scientifica a quanto ho appena detto, vorrei segnalare lo studio effettuato nei primi anni settanta dall'italiano Silvio Garattini, che dimostrò la totale assenza di correlazioni tra il mal di testa e il consumo di questa sostanza. Per esperienza personale posso dire che mangiare cibo cinese in Cina, per venti giorni, provoca sicuramente fastidiosi effetti collaterali, ma che hanno ben poco a che vedere con l'emicrania e la nausea.
Ma come ben sappiamo le leggende metropolitane nascono con una facilità estrema e la loro confutazione è un'opera pressoché impossibile.
Dai numerosi studi scientifici sugli effetti del glutammato, non risultano dati inconfutabili sulla sua nocività. Nel 2006 è stata pubblicata la rassegna intitolata "Reconsidering the effect monosodium glutamate: a literature review", su quanto fino ad allora pubblicato sull'argomento nelle riviste scientifiche. Da tale rassegna risulta evidente che in quaranta anni di studi clinici e ricerche non si è mai dimostrata alcuna relazione tra il consumo di glutammato e le varie patologie la cui causa è stata spesso attribuita a questa sostanza.
Per chiudere definitivamente la questione, nel 2006 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che un'assunzione massima di 6 grammi di glutammato per chilogrammo di peso corporeo è da ritenersi sicura.
Prima di chiudere vorrei ribadire che questa non vuole essere una trattazione apologetica del glutammato, tantomeno un invito a tenerne una scorta in casa per farne un uso sconsiderato. Questo articolo vuole soltanto sfatare alcune convinzioni molto comuni, e invitare il lettore a non cadere mai nella trappola di chi, senza apparente motivo, vuole creare del terrorismo psicologico nei confronti di alcune sostanze. In un futuro abbastanza prossimo, per chi lo vorrà leggere, parlerò di un'altra sostanza "killer": l'aspartame.

Anonimo ha detto...

Il glutammato monosodico è un sale dell'acido glutammico, uno dei 20 amminoacidi componenti le proteine. Da un punto di vista nutrizionale rappresenta un amminoacido non essenziale' poiché può essere sintetizzato dall'organismo stesso, quindi perche’ aggiungerlo ?

Nei cibi e nei tessuti, l'acido glutammico può essere presente in due forme: in forma “legata” ad altri amminoacidi e contribuisce alla costruzione delle proteine, in forma “libera” se presente come singolo amminoacido. Soltanto quest'ultima forma consente di migliorare il sapore dei cibi, ma perche’ farlo ? i cibi hanno il loro sapore quindi, MEGLIO NON aggiungerlo !

Recenti studi hanno dimostrato che il glutammato presente nei cibi rappresenta la principale fonte di energia dell'intestino.
La sensazione di “vorace appetenza” è determinata proprio dalla presenza di glutammato. E' stato dimostrato che di tutto il glutammato ingerito solo il 4% viene assorbito dal corpo, questo implica che il corpo deve poi sintetizzare quasi tutto il glutammato che necessita, ecco perche’ NON va aggiunto, per non appesantire ed affaticare il metabolismo corporeo !

Il glutammato presente naturalmente nei cibi sia in forma “legata” che “libera”, o anche purtroppo aggiunto dall’industria chimica alimentare, è convertito nell'intestino nella forma “libera” ed usata dall'intestino stesso per produrre energia. Il glutammato viene anche utilizzato dal cervello come un neurotrasmettitore. Tuttavia le barriere del cervello che controllano l'entrata delle molecole non consentono il passaggio del glutammato. Quindi, anche il cervello deve sintetizzare dal glucosio ed altri amminoacidi il glutammato specializzato che gli necessita.

Il glutammato è importante per il metabolismo poiché funge da substrato per la sintesi proteica, da precursore di glutammine e da trasportatore di azoto, ma come gia’ detto, NON serve ne’ e’ necessario aggiungerlo, quindi esso viene aggiunto per “fini” diversi…….far ammalare le persone mandando, con il tempo in crisi il metabolismo per “surmenages” = iperlavoro !

Inoltre l’aggiunta di prodotti chimici per aumentare il sapore “salato, zuccherato, aspro, acido” e’ effettuata anche perche’ l’aumento di uno di questi “sapori” chimici obbliga il corpo a riordinare quei disequilibri con i “sistemi tampone”, per cui esso “richiede” l’assunzione di bevande…..che naturalmente raramente non sono solo “acqua pura”…..ma bevande commercializzate dalle stesse industrie che inseriscono quei prodotti chimici nei cibi…oltre ad appesantire le Digestioni ogni volta che vi sono quei prodotti chimici aggiunti…. E cosi’ con il tempo le malattie compaiono.

Inoltre queste sostanze per le indigestioni che producono nell’intestino esaltando i danni delle sostanze tossiche ingerite od inoculate, tipo farmaci, vaccini, conservanti, ecc.

Numeri E Nome
E620 Acido glutammico
E621 Glutammato monosodico
E622 Glutammato monopotassico
E623 Glutammato di calcio
E624 Glutammato monoammonico
E625 Di-glutammato di magnesio
E626 Acido guanilico
E627 Guanilato disodico
E628 Guanilato dipotassico
E629 Guanilato di calcio
E630 Acido inosinico
E631 Inosinato disodico
E632 Inosinato di potassico
E633 Inosinato di calcio
E634 Calcio 5'-ribonucleotidico
E635 5'-ribonucleotidico disodico
E636 Maltolo
E637 Maltolto etilico
E640 Glicine e suoi sali sodici

Nota: E636, E637 e E640 sono insaporitori senza i sapori “umani”.

Anonimo ha detto...

Il glutammato monosodico è un aminoacido contenuto in tutte le proteine degli alimenti (formaggi, latte, funghi, carne, pesce e molti vegetali). È fondamentale per il metabolismo del cervello, ma un'alterazione del suo livello può essere critica (ricordiamo per esempio che nella terapia della sclerosi laterale amiotrofica viene utilizzato il riluzolo, un farmaco che pare contrastare l'azione del glutammato; alcuni studi hanno infatti messo in evidenza il ruolo negativo di un eccesso di glutammato sui motoneuroni. Il riluzolo sembrerebbe in grado di opporsi a tale problema).
Il glutammato di sodio (un sale dell'acido glutammico) è uno dei più comuni additivi dell'industria alimentare. Si può trovare principalmente in

dadi da brodo
prodotti da gastronomia
primi, secondi e contorni surgelati
salse
prodotti in scatola
salumi
liofilizzati.
Il quinto sapore: l'umami

La scoperta del glutammato avvenne in Giappone nel 1908 all'università di Tokyo, quando il dott. Kikunae Ikeda lo estrasse da un'alga marina (kombu). Apparve subito chiara la funzione della sostanza, tanto che il sapore del glutammato in giapponese venne detto umami (o umai) che tradotto sta per saporito, delizioso.
Secondo recenti ricerche, l'umami sarebbe proprio il quinto sapore, cioè la percezione del glutammato di sodio (Lindeman indicò nel 2001 una proteina che funge da recettore per il glutammato); il termine umami indica (Ninomiya, 2002) il sapore di glutammato e di cinque suoi nucleotidi (come il guanilato disodico e l'inosinato disodico). Il sapore sarebbe associabile non solo al glutammato, ma anche ad altri alimenti particolarmente ricchi di proteine (carne e formaggio in particolare).

La diffusione del glutammato

Dopo la scoperta, la produzione industriale fu affidata alla Ajinomoto. In occidente però il glutammato decollò solo quando si scoprì un'altra via di produzione: non più dalle alghe, ma dalle acque provenienti dalla fermentazione di melasse o di altri sciroppi di glucosio (per esempio dalla lavorazione della barbabietola da zucchero). Nel 1925, negli USA si perfezionò la produzione e nel giro di un decennio il glutammato diventò una sostanza importante per l'industria alimentare. Lo diventò soprattutto in Cina dove entrò nella preparazione di moltissimi cibi (nell'immagine, la vetrina di un ristorante cinese in Canada che dichiara di non fare uso di glutammato).
Come il sodio, anche il glutammato è presente in natura in moltissimi cibi; non si tratta pertanto di valutare la sostanza in sé quanto il suo impiego o, meglio, il suo abuso in cucina.
Che sia un'aggiunta arbitraria e non un ingrediente è anche chiarito dal fatto che viene inserito nell'elenco degli additivi e classificato con la sigla E621.

Innocuo o dannoso?

Alcuni vorrebbero assolvere il glutammato di sodio per i seguenti motivi:
esiste uno studio in cui si dimostrerebbe che non è responsabile della sindrome del ristorante cinese. Tale disturbo è così chiamato perché il primo caso venne segnalato a seguito del consumo di un pasto cinese e perché il glutammato monosodico viene usato con frequenza nella cucina asiatica. I sintomi sono cefalea, senso di bruciore alla nuca, difficoltà respiratorie, nausea, sudorazione ecc. Tale studio è unico e non da tutti accettato.
Il glutammato di sodio contiene meno sodio del sale (circa un terzo) e dove viene usato (insieme al sale) riduce il contenuto di sodio del 30% circa. Ma non è buona norma usarlo perché implicitamente abitua il gusto del consumatore a mangiare salato (per alcuni saporito).

Anonimo ha detto...

Vedremo i problemi irrisolti e un trucco per scoprire se il ristoratore usa o meno glutammato nei suoi piatti migliori.

Primo problema: la salute

Nonostante le smentite, ogni anno compaiono sulle riviste internazionali molte ricerche contrarie all'impiego di glutammato. Chi non ne fosse convinto, consulti Pubmed ricercando "sodium glutamate".
Attorno agli anni '80, J. Olney (università di Washington) condusse molte ricerche miranti a dimostrare i danni al cervello in animali neonati e sostenne la tesi che l'eccesso di glutammato fosse alla base di malattie neurodegenerative. Infatti il glutammato ha un ruolo essenziale nel metabolismo dei neuroni e un'alterazione dei suoi livelli può essere molto critica (un po' come l'eccesso di sodio per le cellule normali); ciò spiegherebbe per esempio la sindrome cinese. Ma si pensa che i problemi derivanti da un'eccessiva assunzione possano essere maggiori.
Infatti recentemente è stato messo a punto il ruolo del glutammato nella dipendenza da droghe: l'attivazione del circuito cerebrale del glutammato contribuisce all'apprendimento di comportamenti additivi, tanto da eguagliare o superare il ruolo della dopamina. Il glutammato può essere tossico per alcune cellule cerebrali che non sono adeguatamente protette dalla barriera ematoencefalica. Non ha perciò senso utilizzare come ingrediente superfluo (nel senso di non necessario) una sostanza biologicamente attiva.
Dalla fine degli anni '50 (studi di Newhouse e Lucas) si sa che il glutammato produce danni irreversibili alla retina; tali studi sono stati periodicamente ripresi fino alla ricerca (dicembre 2002, Experimental Eye Research) di un gruppo di ricercatori giapponesi (Hirosaki) che ha mostrato che il glutammato può compromettere irreversibilmente le funzioni retiniche. In topi di laboratorio, nutriti per sei mesi con alimenti a base di glutammato, alcuni strati di retina si sono assottigliati del 75%. Anche la vista risultava gravemente compromessa.

Secondo problema: la ritenzione idrica

La ritenzione idrica non deriva solo dall'impiego di sodio, ma dall'effetto globale degli agenti che provocano ritenzione; il glutammato ha un effetto esageratamente superiore a quello del semplice sale, non fosse altro per il fatto che un cibo troppo salato risulterebbe inappetibile.
Nella stragrande maggioranza dei ristoranti si abbonda in sale, ma soprattutto di esaltatori di sapidità contenenti glutammato (il classico dado, tanto per intenderci). Tutti possono notare che dopo aver mangiato normalmente (per esempio un primo, un secondo e un dolce) si beve molto nelle 2-3 ore dopo il pasto. Se non si ha modo di smaltire l'acqua bevuta sudando molto, probabilmente ci vorranno 3-4 gg. prima di ritornare al peso abituale. Un buon test per valutare la qualità del ristorante.

Anonimo ha detto...

Terzo problema: l'inganno

È anche il punto più convincente: il glutammato viene utilizzato come esaltatore di sapidità aumentando, oltre il loro pregio, l'appetibilità di molti cibi. Insomma, un cibo scadente diventa appetibile. Tutto ciò è inaccettabile per qualsiasi modello alimentare che vuole sconfiggere il sovrappeso, visto che è fondamentale non aumentare senza ragione l'appetibilità dei cibi.
L'uso del glutammato è sostanzialmente un inganno per il consumatore (un po' come l'uso di coloranti e/o aromi artificiali, ma con maggiori implicazioni salutistiche). L'uso sconsiderato è però da censurare ulteriormente perché molti lo usano senza sapere che non sempre funziona. Infatti l'esaltazione di sapidità deriva dall'interazione del glutammato con i sapori propri del cibo. Funziona con carne, pesce, alcune verdure, ma non funziona con cibi dolci.
Per i prodotti etichettati basta guardare l'etichetta per sapere se viene impiegato glutammato di sodio. Il problema nasce quando si va al ristorante. Moltissimi ristoratori lo usano, soprattutto sotto forma di dado. L'assurda pubblicità della Star in cui si vede uno chef che usa il dado Star convincerà gran parte della popolazione che l'uso del glutammato sia normale e positivo. A prescindere dal fatto che l'abilità di uno chef dovrebbe consistere nel preparare piatti appetibili senza l'uso di trucchi, come si può scoprire se il cuoco usa il glutammato? Giocando sulla possibile ignoranza alimentare del ristoratore. Vediamo la strategia.
1) Si entra in confidenza.
2) Si loda oltre misura un piatto (per esempio un secondo di carne o di pesce).
3) Ci si professa cuochi dilettanti, ansiosi di imparare il segreto dal maestro.
4) Gli si confessa che con l'uso di un dado (per esempio lo Star) i piatti non vengono saporiti come i suoi e si cerca di carpirgli il nome della marca che usa o la quantità ("forse io ne uso troppo poco").
5) Se il cuoco usa un esaltatore di sapidità (è ammesso il costosissimo e pregiatissimo estratto di carne Liebig, purissimo), visto che siete sulla stessa barca (anche voi utilizzate il dado), probabilmente vi confesserà marca, tipo di alimento con cui si sposa meglio, quantità ecc.
Con lo stesso trucco si può scoprire se usa oli strani per friggere le patatine o per preparare la grigliata.
Se invece è un ristoratore professionale e "pulito" si scandalizzerà candidamente delle vostre affermazioni oppure vi tratterà bonariamente: "se pensa che per cucinare bene ci voglia il dado…".