venerdì 5 ottobre 2018


Una ricerca italiana ha permesso per la prima volta di osservare i meccanismi alla base della SLA: presto la cura definitiva!

Un gruppo di ricercatori italiani ha osservato, per la prima volta, la formazione gli aggregati di proteine che sono all'origine della SLA all'interno delle cellule nervose. La scoperta, descritta sulla rivista Communications Biology, è stata possibile grazie a una nuova tecnica non invasiva al microscopio messa a punto dall'Istituto Italiano di tecnologia e dall'Università La Sapienza di Roma.

1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Un gruppo di ricercatori italiani ha osservato, per la prima volta, la formazione gli aggregati di proteine che sono all'origine della SLA all'interno delle cellule nervose. La scoperta, descritta sulla rivista Communications Biology, è stata possibile grazie a una nuova tecnica non invasiva al microscopio messa a punto dall'Istituto Italiano di tecnologia e dall'Università La Sapienza di Roma.

La ricerca, coordinata da Giuseppe Antonacci dell'Iit, si basa su una tecnica di microscopia ottica ad altissimo contrasto che ha permesso di osservare strutture di dimensioni molto inferiori a quelle visibili fino ad oggi. Osservando le cellule danneggiate dalla Sla, ossia i motoneuroni che trasportano il segnale di movimento dal cervello ai muscoli, gli scienziati hanno individuato le strutture in cui è attiva la proteina legata alla malattia, chiamata Fus. Si è così scoperto che, quando questa proteina è mutata, le strutture cellulari diventano più rigide e viscose.

Questo spiegherebbe il motivo, fino a oggi sconosciuto, per il quale nei motoneuroni delle persone affette da Sla si formano gli aggregati presumibilmente tossici, responsabili della morte dei motoneuroni. Finora il ruolo di questi aggregati non era che un'ipotesi.

La scoperta apre la strada a diagnosi più precise e fornisce informazioni fondamentali sui meccanismi patologici che portano alla morte dei motoneuroni. Adesso infatti, ha osservato Alessandro Rosa, dell'Università La Sapienza, la nuova tecnologia "consentirà di studiare da una nuova prospettiva i granuli cellulari, che sembrano giocare un ruolo chiave nell'insorgenza di malattie neurodegenerative. Si tratta del primo passo per programmare in futuro terapie farmacologiche più mirate contro questa malattia".