giovedì 2 febbraio 2017

Un gruppo di ricerca guidato dalla prof.ssa Anna Liscia, ordinario di Fisiologia dell'Università di Cagliari, che ha visto la collaborazione di diversi Centri di Ricerca afferenti all'ateneo del capoluogo sardo, al CNR, all'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e ad un istituto di ricerca indiano,


hanno scoperto che alcuni fitoderivati estratti dalla Withania somnifera e dalla Mucuna pruriens, piante impiegate da secoli dalla medicina tradizionale indiana (Ayurveda), sono in grado di rallentare e contrastare una serie di sintomi e di alterazioni cellulari, sub-cellulari e molecolari associati
alla Sclerosi Laterale Amiotrofica


1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Alcuni fitoderivati estratti dalla Withania somnifera e dalla Mucuna pruriens, piante impiegate da secoli dalla medicina tradizionale indiana (Ayurveda), sono in grado di rallentare e contrastare una serie di sintomi e di alterazioni cellulari, sub-cellulari e molecolari associati alla Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) causata dalla sovra-espressione di una proteina, la SOD1, nei neuroni che controllano il movimento. Lo ha dimostrato un gruppo di ricerca guidato dalla prof.ssa Anna Liscia, ordinario di Fisiologia dell'Università di Cagliari, che ha visto la collaborazione di diversi Centri di Ricerca afferenti all'ateneo del capoluogo sardo, al CNR, all'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova e ad un istituto di ricerca indiano.

I risultati dello studio, finanziato dal Rotary Club Sanluri, sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista Scientific Reports con un articolo dal titolo "Differential effects of phytotherapic preparations in the hSOD1 Drosophila melanogaster model of ALS". "Lo studio è stato effettuato con l'impiego del moscerino della frutta, la Drosophila melanogaster - spiega la professoressa Anna Liscia - che, grazie alla comune presenza di geni e ad una simile organizzazione e modalità cellulare di funzionamento col sistema nervoso umano, costituisce un potente modello traslazionale per lo studio delle basi biologiche di malattie neurodegenerative attualmente senza cure quali la SLA. In accordo con i clinici coautori dell'articolo questi risultati potrebbero aprire nuove strade nell'affrontare trattamenti alternativi di questa e di altre malattie simili".