mercoledì 27 febbraio 2013

Università di Padova, in collaborazione con l’Irccs San Camillo (del Lido di Venezia) e con il Politecnico di Milano, ha messo a punto un nuovo sistema di Brain-Computer Interface (Bci),
che dà  la possibilità  di comunicare col mondo esterno
senza muovere alcun muscolo, nemmeno gli occhi.

2 commenti:

Fabio e Fabrizio ha detto...
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Fabio e Fabrizio ha detto...

Il malato di sclerosi laterale amiotrofica, Sla, non parla ma può comunicare. E non solo con gli occhi. D’ora in avanti anche attraverso un computer. Il sistema l’hanno messo a punto i ricercatori dell’Università di Padova. «In sostanza – spiega Kostantinos Priftis, che ha coordinato i colleghi del Dipartimento di psicologia generale dell’Università di Padova – al paziente vengono applicati degli elettrodi esterni sul capo che, captando il segnale bioelettrico sottostante, interpretano la volontà del malato grazie a un cursore che su un monitor si sposta verso l’immagine che il paziente ha scelto con la sola forza del pensiero».

La Sla è una patologia neurologica che conduce irreversibilmente il malato a una progressiva atrofia muscolare, fino alla paralisi completa che impedisce di muovere qualsiasi muscolo e quindi rende impossibile la comunicazione col mondo esterno. Per questi pazienti, dunque, l’Università di Padova, in collaborazione con l’Irccs San Camillo (del Lido di Venezia) e con il Politecnico di Milano, ha messo a punto un nuovo sistema di Brain-Computer Interface (Bci), che dà loro la possibilità, negli stadi terminali della malattia, di comunicare col mondo esterno senza muovere alcun muscolo, nemmeno gli occhi.

«Abbiamo dapprima condotto i nostri studi con soggetti sani – spiega Priftis –, progettando nuove interfacce più efficaci per i pazienti da un lato e, dall’altro, implementando un raffinato algoritmo di elaborazione del segnale cerebrale per tradurre le intenzioni del paziente nel movimento del mouse. In un secondo momento abbiamo dimostrato l’efficacia del nostro sistema Bci in un gruppo di pazienti affetti da Sla a diversi stadi di malattia». Secondo i ricercatori di Padova, «educando» i pazienti affetti da Sla non ancora negli stadi più gravi della malattia, «si può insegnare loro ad usare in modo efficace il sistema di comunicazione Bci, rendendo possibile l’interazione con i familiari e i medici coinvolti nelle loro cure».