giovedì 5 gennaio 2012



«E’ la nostra Casa,

non portatecela via»
Lettera accorata degli ospiti

della Breda,

il centro per

malati di SLA e SM

di Brusegana

1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Casa Breda sull’orlo del baratro, la parola passa gli ospiti. Sì, le persone accudite nel centro che assiste malati di Sla e sclerosi multipla hanno deciso di scrivere una lettera al mattino per illustrare il loro punto di vista sulla difficile situazione in cui versa la struttura. La Conferenza stato-regioni ha stabilito uno stanziamento di 7,8 milioni di euro per le strutture sanitarie che si occupano di malattie degenerative come la sclerosi multipla ma nemmeno questo sembra sufficiente per salvare Casa Breda (il centro che si trova nel quartiere di Brusegana) dalla chiusura.

«Siamo 25 persone affette da due strazianti tipologie di malattie (sclerosi multipla e sclerosi laterale amiotrofica) che non richiedono ulteriori commenti - scrivono Alberto, Augusta, Claudia, Daniel, Ferruccio, Francesca, Giovanni, Ivana, Laura, Liliana, Lucia, Luciana, Luisa, Maela, Marcello, Mary, Michela, Monica, Paride, Patrizia, Roberto, Rossella, Silvia, Ulrike e Zita - Ci siamo ritrovati insieme, in questa struttura così cruciale, provenendo ognuno da un percorso di vita individuale, ognuno con la propria storia personale, unica ed irripetibile. Abbiamo avuto la fortuna e il privilegio – perché di questo si tratta – di poter accedere a Casa Breda, dove siamo stati accolti da subito con professionalità e grande umanità. Con il passare del tempo, si sono instaurati e poi radicati veri e propri rapporti umani basati sulla cordialità, sia tra noi che con le persone che qui lavorano. Ci teniamo a sottolineare come il Breda non venga connotato (e definito) da parole come “ospedale”, “istituto”, “clinica”, ma Casa: ossia il luogo accogliente dove i membri di una famiglia condividono esperienze costruite sui sentimenti. E come in una grande comunità/famiglia ci sono state date delle regole il cui fine ultimo è la nostra salute; regole che noi tutti abbiamo accettato di buon grado, in quanto l’esperienza ci ha fatto capire che esse soddisfano le nostre esigenze e necessità, regole divenute con il passar del tempo abitudini imprescindibili. Tutto ciò ci rende davvero la vita più vivibile e dignitosa. E pertanto – con il cuore in mano – chiediamo che questa realtà possa conservarsi così com’è, perché rappresenta la nostra vita, la nostra grande famiglia che nelle quotidiane abitudini ci dona conforto e certezza. Anche il più piccolo cambiamento delle consuetudini che qui condividiamo, avrebbe riflessi devastanti relativamente alla nostra complessiva situazione.

Per noi, l’eventualità di essere inseriti in strutture generiche (quelle che non sono “casa”…) non aderirebbe alle esigenze vitali che abbiamo. E, questo “non avere certezze sul futuro che ci spetta” ci porta ad accumulare ansia, che non riesce ad essere sopita, né placata, dagli operatori sanitari che ci assistono, né dai volontari.

Tornando a ringraziare ancora una volta la Direttrice della Casa, i medici e i para-medici, gli operatori sanitari tutti, e i preziosissimi i volontari che ci regalano il loro tempo libero, auspichiamo che – per il Suo tramite – il nostro accorato appello venga ascoltato dalle istituzioni preposte».