venerdì 6 agosto 2010


GIOVANNI VENTURA PROCESSATO PER LA STRAGE DI P.ZZA FONTANA MUORE DI SLA IN ARGENTINA




1 commento:

Fabio e Fabrizio ha detto...

Cremato in Argentina, le sue ceneri resteranno per sempre a Buenos Aires. Il ministero dell'Interno ieri ha chiesto e ottenuto il certificato di morte di Giovanni Ventura, il trevigiano al centro delle inchieste su Piazza Fontana. Intanto, oggi a Castelfranco è prevista la messa in suo suffragio, voluta dalla sorella. Don Adriano, il parroco della Pieve, schiva le polemiche. «Era un battezzato, morto lontano da casa», dice. «È una celebrazione comune, come le altre». Giovanni Ventura, 65 anni, al centro della stagione del terrorismo nero, scappò nel 1979 mentre in Italia lo si processava per i fatti di Piazza Fontana. Condanne e vicende penali che lui ha vissuto dall'altra parte dell'oceano, in Argentina, dove si era rifugiato. E dove è morto di Sla lo scorso 2 agosto.

Una malattia terribile, che lo aveva costretto ad una sedia a rotelle da quattro anni a questa parte. La voce del suo decesso era rimbalzata in Italia velocemente, tramite notizie di stampa confermate dalla sorella, Mariangela, che il giorno seguente aveva deciso di pubblicare le epigrafi fuori dalla chiesa della Pieve in vista della celebrazione, programmata per oggi pomeriggio alle 16.30. Voci sulle quali però il Ministero degli Interni, da protocollo, ha voluto aver chiarezza. Così, è stata attivata una procedura internazionale di richiesta del certificato di morte. Il governo argentino ha confermato l'avvenuto decesso e spiegato che mercoledì Giovanni si era fatto cremare. Una decisione presa dalla moglie, Sandra Mabel Pacheco, la donna che aveva conosciuto nel suo esilio argentino. Con lei viveva in Calle Juncal, con lei aveva intrapreso le attività sul limbo tra ristorazione e circolo letterario, col ristorante «Filò» prima e col «Circulo italiano » poi. In Argentina, probabilmente, Ventura ci resterà per sempre: le sue ceneri sono state infatti interrate nel cimitero della Chacarita, a Buenos Aires. Ieri, la sorella Mariangela, interpellata su queste circostanze, ha preferito non dir nulla. «Basta, adesso è il tempo di pregare», ha tagliato corto al telefono.

Le rimarrà il ricordo del gennaio 2007, quando Giovanni tornò per l'ultima volta in Italia, a Castelfranco, in occasione del funerale del fratello. E le resterà l'abbraccio degli amici e dei conoscenti che oggi vorranno starle vicina durante la celebrazione. Una messa che peraltro è stata al centro delle polemiche: molti oppositori politici hanno annunciato la loro assenza. Il sacerdote della Pieve, don Adriano, si mantiene però distante dalle liti storiche e politiche. «Che si chiamasse Giovanni Rossi o Giovanni Ventura, per me, nulla cambia», dice. «Chi vuol venire a messa, venga. È una celebrazione comune, che si fa quando muore qualcuno distante da casa e i parenti non possono salutarlo nel rito funebre ». Il sacerdote, da cinque anni parroco, ben conosceva il passato di Ventura, battezzato anni fa nella sua chiesa, e stamattina scriverà qualche riga per ricordarlo. Ma si poteva opporre al rito? «Le messe di suffragio si negano solo agli eretici. Giovanni era come tutti gli altri: un battezzato che ci ha lasciato».