lunedì 21 maggio 2012

Un endocannabinoide potrebbe aiutare i malati di SLA
 a mantenere la muscolatura
Ai due pazienti è stato somministrata la palmitoiletanolamide (Pea), un composto endogeno a effetto cannabinergico con proprietà antinfiammatorie, scoperto anni fa da scienziati italiani del gruppo che annoverava, tra gli altri, il premio Nobel Rita Levi Montalcini. La scoperta è stata presentata durante la seconda giornata del XII Congresso nazionale della Società italiana di riabilitazione neurologica (Sirn).

19 commenti:

  1. Una nuova prospettiva terapeutica e riabilitativa per i pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (Sla) arriva dalla Sardegna, precisamente dal Centro di riabilitazione di Macomer dell'Asl di Nuoro. Si tratta della scoperta di Simonetta Clemente, dirigente del centro, la quale ha ottenuto dei risultati ottimi con due pazienti.
    Ai due pazienti è stato somministrata la palmitoiletanolamide (Pea), un composto endogeno a effetto cannabinergico con proprietà antinfiammatorie, scoperto anni fa da scienziati italiani del gruppo che annoverava, tra gli altri, il premio Nobel Rita Levi Montalcini. La scoperta è stata presentata durante la seconda giornata del XII Congresso nazionale della Società italiana di riabilitazione neurologica (Sirn).

    “ll mio obbiettivo - spiega Clemente - era di migliorare gli effetti della riabilitazione, che nei malati di Sla è resa del tutto inefficace a causa della degenerazione dei motoneuroni e della progressiva atrofia muscolare. Lo studio ha dimostrato che il Pea determina un immediato effetto motorio, bloccando il progredire della patologia, mentre il paziente ha una soggettiva percezione di miglioramento e riesce a fare cose che prima gli erano precluse. Tale effetto consente di attuare un progetto riabilitativo che, in tempi brevi, determina il recupero funzionale, accompagnato dalla ricomparsa dei muscoli. Naturalmente due casi sono pochi - puntualizza la scienziata - ma mi auguro che, dopo il Congresso, sia possibile iniziare un protocollo di ricerca multicentrico con malati a diversi stadi di gravità, sperimentando il principio attivo accompagnato ad una riabilitazione mirata, per guidare la re-innervazione, come avvenuto nei due casi descritti”.

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  2. Buongiorno Fabio, la Palmitoiletanolamide (Pea) Endocannabinoide in questione, si tratta dell'Integratore NORMAST, grazie al quale i pazienti ammalati della Sla in Sardegna hanno ottenuto un consistente miglioramento delle condizioni fisiche.
    Il NORMAST Endocannabinoide associato ad una Fisioterapia Mirata ha bloccato la progressione neurodegenerativa della Sla nei due pazienti.

    Però, una cosa di estrema importanza è sapere che, gli Endocannabinoidi fanno AZIONE VASODILATATORIA, la quale è un beneficio per i Motoneuroni perchè le VASODILATAZIONI CEREBRALI SONO FORTEMENTE NEUROPROTETTIVE, infatti, l'aumento costante dell'apporto di sangue-Ossigeno Disciolto al Cervello, determina una migliore attività elettrica Neurale, bloccando in questo modo la progressione neurodegenerativa dei Motoneuroni.

    Per verificare queste mie affermazioni è sufficiente leggere lo studio pubblicato da Wikipedia riguardo alle proprietà degli Endocannabinoidi.

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  3. Questo è lo studio che riguarda la funzionalità degli Endocannabinoidi, i quali fanno azione VASODILATATORIA, determinando le VASODILATAZIONI CEREBRALI le quali sono fortemente NEUROPROTETTIVE.
    Si può così capire che, i due pazienti Sardi ammalati della Sla, hanno tratto giovamento bloccando la progressione neurodegenerativa per merito delle costanti Vasodilatazioni Cerebrali, che si sono verificate assumendo l'Integratore Normast-Pea-Endocannabinoide, insieme alla costante importantissima fisioterapia riabilitativa mirata.

    http://it.wikipedia.org/wiki/Endocannabinoidi

    Saluti

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  4. La palmitoiletanolamide (PEA) è un composto endogeno, appartenente alla
    classe delle fatty acid amides e chimicamente nota come N-(2-
    idrossietil)esadecanamide (fig 1).
    Inizialmente considerata in grado di svolgere un ruolo prevalentemente
    antiflogistico (Schmid et al., 1990), attraverso la down-modulazione del rilascio
    di mediatori infiammatori (Berdyshev, 2000) da parte di mastociti (Aloe et al.,
    1993; Facci et al, 1995; Mazzari et al., 1996; Scarampella et al., 2001), monociti
    (Berdyshev et al, 1997) e macrofagi (Ross et al., 2000), la PEA è oggi
    considerata elemento chiave nella regolazione di vie ben
    più complesse, che toccano non solo l'infiammazione (Di
    Marzo et al., 2000), ma anche i processi alla base del
    prurito e del dolore, sia neurogenico che neuropatico.
    Nel complesso, dunque, la PEA risulta implicata in quelli
    che vengono universalmente riconosciuti come i
    meccanismi endogeni di protezione, messi in atto
    dall'organismo in risposta ai più svariati tipi di danno:
    attivazione della reattività infiammatoria tissutale e delle vie
    nocicettive. Il significato dell'acronimo ALIA, con cui un
    gruppo di ricercatori italiani, guidati dal Premio Nobel per la
    Medicina Rita Levi Montalcini, denominava il meccanismo
    d'azione di questa molecola, è in breve tempo passato da
    Autacoid Local InflammationAntagonism (Aloe et al., 1993)
    ad Autacoid Local Injury Antagonism (Levi Montalcini et al.,
    1996), a significare il suo coinvolgimento più in generale nei
    sistemi di protezione, non limitatamente di natura infiammatoria.
    La storia segnata dalle straordinarie ricerche condotte su questa molecola e su
    altri composti analoghi, tutti appartenenti alla classe delle fatty acid amides, e, a
    seconda del meccanismo d'azione classificati come endocannabinoidi o
    cannabimimetici, sta fornendo prove sempre più pregnanti in favore di questo
    “allargamento” dell'effetto farmacologico.
    Questa rassegna, sulla base delle evidenze finora pubblicate nella letteratura
    internazionale, si prefigge di tracciare un quadro aggiornato dello scenario
    antiflogistico ed antinocicettivo della PEA

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  5. a. Infiammazione
    b. Dolore
    Dolore neurogenico
    1. dolore somatico
    La PEAsi è dimostrata attiva in numerosi modelli sperimentali di infiammazione,
    sia di natura immunogenica (es. anafilassi passiva cutanea) che neurogenica
    (es. iniezioni sottocutanee di sostanza P), tutti caratterizzati da un elevato
    coinvolgimento mastocitario. In particolare, la sua somministrazione orale a
    dosaggi compresi tra 0.1 e 10 mg/kg, si è dimostrata inibire, in modo dosedipendente:
    - l'extravasazione plasmatica, indotta sia da sostanza P che da anafilassi
    cutanea passiva (Mazzari et al., 1996);
    - l'edema della zampa conseguente all'applicazione di sostanze come la
    carragenina (Mazzari et al., 1996; Conti et al., 2002), il destrano, e la
    formalina (Mazzari et al., 1996).
    Tali effetti, inizialmente dimostrati in condizioni di pre
    trattamento (per somministrazioni di PEA effettuate un'ora
    prima dello stimolo flogogeno), sono stati recentemente
    confermati anche nel post-trattamento, cioè somministran
    do la sostanza successivamente allo stimolo (Costa et al.,
    2002). I risultati di quest'ultimo studio vengono così
    commentati dagli Autori: “Our findings show, for the first
    time, that palmitoylethanolamide has a curative effect in a
    model of acute inflammation” (Costa et al., 2002).
    Un recente studio pilota condotto su gatti affetti da placca e
    granuloma eosinofilico ha dimostrato come la
    somministrazione per 30 giorni della PEA (Palmidrol), alla
    dose di 10 mg/kg/die, migliora in modo significativo i sintomi
    (eritema compreso) in quasi il 65% degli animali trattati
    (Scarampella et al., 2001).
    Secondo i dettami dell'International Association for the
    Study of Pain, il dolore viene definito come “an unpleasant
    sensory and emotional experience associated with actual or
    potential tissue damage, or described in terms of such
    damage” (Lamont et al., 2000).
    Uno dei primi studi sull’effetto antalgico dei cannabinoidi è stato condotto nel
    cane. Nel lontano 1899, il dottor Dixon - da molti ritenuto il padre della moderna
    farmacologia - osservò che gli animali “trattati” non reagivano al test della
    puntura di spillo (inWalker et al., 2002).
    Da allora molte cose sono state chiarite, sia in merito alla fisiopatologia del
    dolore (Lamont et al., 2000), sia in rapporto all'esistenza degli endocannabinoidi
    e di analoghi composti cannabimimetici, sostanze endogene che direttamente o
    indirettamente agiscono sui recettori CB dei cannabinoidi (vedi paragrafo
    “meccanismo d'azione”). Altra conoscenza acquisita è che tali recettori sono
    implicati nella modulazione del dolore (Hohmann, 2002).
    Venendo agli studi sull'effetto antalgico della PEA, i dati fin qui raccolti
    consentono di affermare, innanzitutto, che la sostanza è attiva sul dolore
    acuto ed in particolare sul dolore infiammatorio somatico persistente
    (Hohmann, 2002). Il pretrattamento (1 ora prima dello stimolo) con PEA

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  6. inibisce infatti, in modo dose-dipendente, l'iperalgesia meccanica
    (Mazzari et al., 1996) e termica (Conti et al., 2002) conseguente ad
    iniezione subplantare di carragenina. L'effetto anti-nocicettivo è inoltre
    confermato dal fatto che la PEA riduce il comportamento algico indotto
    da iniezione sottocutanea di formalina (Calignano et al., 1998; Jaggar et
    al., 1998; Calignano et al, 2001) e da somministrazione intraperitoneale
    di acido acetico, caolino e solfato di magnesio (Calignano et al., 2001).
    Infine, è recente la dimostrazione che la PEA, somministrata per via
    intraperitoneale immediatamente dopo iniezione intraplantare di NGF,
    inibisce l'iperalgesia termica (Farquhar-Smith e Rice, 2003) indotta da
    questa importante neurotrofina (Rice, 2000).
    Gli effetti anti-iperalgici della PEA, fin qui descritti in modelli di dolore
    somatico, sono altresì confermati anche nel dolore viscerale. L'iperriflessia
    vescicale (modello di iperalgesia viscerale) indotta da
    applicazioni di NGF o di turpentina risulta sensibilmente attenuata dal
    trattamento sistemico con PEA, rispettivamente alle dosi di 2,5 mg/Kg
    (Farquhar-Smith et al., 2002) e 10-30 mg/Kg (Jaggar et al., 1998).
    Il dolore neuropatico - il dolore dovuto a danni del nervo - (per recenti review
    si vedano Jensen et al., 2001 e Zimmermann, 2001) rappresenta un'entità
    clinica ancor oggi caratterizzata da una certa inappropriatezza degli
    strumenti farmacologici disponibili e da una notevole difficoltà di gestione
    terapeutica.
    Il dolore neuropatico risulta infatti resistente al trattamento con gli oppioidi
    (Dellemijn, 1999) mentre risulta nettamente sensibile ai cannabinoidi
    (Richardson et al., 1998b). In particolare, recente è la dimostrazione che la
    PEA, alla dose di 100 microg/Kg i.p., è in grado di ridurre di quasi l'80 %
    l'iperalgesia tipica del dolore neuropatico, in un classico modello di legatura
    parziale del nervo sciatico (Helyes et al., 2003).
    Sugli effetti della PEA sui diversi tipi di dolore ci sembra particolarmente
    significativo riportare le conclusioni prospettate da Malan e collaboratori:
    “Although all three pain mechanisms [nociceptive, inflammatory and
    neuropathic pain, NdR] may be active in some patients (for example in
    cancer pain) there are presently no therapy that are consistently effective
    against all three entities. A single medication possessing activity against
    these three distinct types of pain could provide an extremely valuable and
    effective therapeutic option” (Malan et al., 2002).
    Poiché il prurito rappresenta il sintomo di uno stimolo nocicettivo (Gingold e
    Bergasa, 2003) che transita attraverso vie anatomicamente indistinguibili
    (sebbene funzionalmente diverse) da quelle del dolore (Andrew e Craig, 2001;
    Schmeltz, 2001; Twycross et al., 2003; Yosipovitch e Fleischer, 2003), le
    evidenze a favore di un effetto anti-nocicettivo della PEA fin qui rassegnate
    costituiscono forti indizi della potenziale attività antipruritogena del composto.
    Come recentemente affermato in letteratura, infatti, “Pruritus is a nociceptive
    stimulus; accordingly, drugs that increase thereshold to nociception ... may be a
    novel approach to the treatment of this symptom ...” (Gingold e Bergasa, 2003).
    L'ipotesi è suffragata dai risultati di uno studio condotto con la PEAin gatti affetti
    da placca e granuloma eosinofilico. Somministrato per 30 giorni al dosaggio di
    10 mg/kg/die, il composto si è mostrato indurre netto miglioramento dei sintomi
    (prurito compreso) in quasi il 65% degli animali trattati (Scarampella et al.,
    2001).

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  7. Meccanismi d’azione dellaPEA
    IpotesiALIA
    Il mastocita
    Numerose sono, dunque, le dimostrazioni di un netto effetto antinfiammatorio
    ed antinocicettivo della PEA.
    Macome agisce esattamente questo composto endogeno?
    Quali vie ne mediano gli effetti sull'infiammazione, sul dolore e sul prurito?
    Cerchiamo di rispondere a queste domande riportando le ipotesi maggiormente
    accreditate in merito al meccanismo d'azione della PEA. Si tratta di tre ipotesi,
    tra loro apparentemente diverse,main realtà complementari e sinergiche, come
    vedremo in seguito.
    Una prima ipotesi risale a più di 10 anni fa, quando venne coniato l'acronimo
    ALIA (Aloe et al., 1993), a significare che alcune N-acil-etanolamine endogene,
    PEA in primis, erano in grado di esercitare un'azione antagonista di natura
    locale nei confronti dell'infiammazione (Autacoid Local Inflammation
    Antagonism). Tale azione, in particolare, veniva attribuita al controllo della
    reattività mastocitaria (per una review si veda Jack, 1996). Era stato infatti
    dimostrato che gli effetti antinfiammatori esercitati in vivo dalla PEA, come ad
    esempio l'inibizione dell'extravasazione plasmatic e dell'edema della zampa (si
    veda paragrafo “infiammazione”), si manifestavano come conseguenza della
    down-modulazione della degranulazione mastocitaria (Mazzari et al., 1996).
    Analoghi i risultati ottenuti in studi più recenti
    condotti nel cane e nel gatto. L'analisi
    densitometrica effettuata su biopsie cutanee
    di gatti con dermatopatie eosinofiliche trattati
    per os con 10mg/Kg di PEA dimostra infatti
    un aumento della densità granulare dei
    mastociti, indice di diminuita degranulazione
    (Scarampella et al., 2001) dei mastociti
    cutanei, localizzati ai margini di ferite
    sperimental-mente indotte nel cane (Abramo
    et al., 2004a).
    Il valore farmacologico del meccanismo ALIA
    si fonda sul ruolo del mastocita nell'infiammazione,
    e, più in generale, nei processi
    protettivi messi in atto dall'organismo in
    condizioni di pericolo o danno.
    Infatti questa cellula, localizzata nei tessuti in stretta connessione anatomofunzionale
    con i vasi e le locali terminazioni nervose (Maurer et al., 2003), gioca
    ruoli di primissimo piano nella fisiopatologia del tessuto, funzionando, a
    seconda delle condizioni, da sofisticato gatekeeper dell'omeostasi distrettuale
    (Maurer et al., 2003; Galli et al., 2002), ovvero da iniziatore, sostenitore e
    “perpetuatore” di danno (Boyce, 2003; Theoharides e Cochrane 2004).
    In condizioni di sovrastimolazione, la capacità del mastocita di rispondere a
    stimoli agonisti della più svariata natura, liberando con straordinaria prontezza il
    contenuto dei suoi granuli citoplasmatici, a forte potenzialità proinfiammatoria

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  8. (es. citochine, ammine vasoattive), iperalgica (es. enzimi proteolitici,
    bradichinina, neuropeptidi) e pruritogena (es. triptasi, istamina, serotonina), ne
    fa una potenziale “santabarbara”, pronta a trasformarsi da sistema di difesa in
    sistema di attacco.
    Il pericolo insito in questa trasformazione trova nella modulazione mediata dalla
    PEA un valido sistema per arginare in modo naturale l'eccesso di esuberanza
    mastocitaria. Un eccesso di esuberanza chiamato in causa non solo nei
    processi infiammatori, ma anche nell'iperalgesia infiammatoria (Levi-Montalcini
    et al., 1995) e neuropatica (Theodosiou et al., 1999; Zuo et al., 2003).
    Un filone di ricerca apparentemente diverso, ma,
    come vedremo, assolutamente compatibile con il
    meccanismo ALIA (se non addirittura sinergico),
    coltiva l'ipotesi di un meccanismo d'azione della
    PEA di natura recettoriale. Oggetto delle ricerche: i
    recettori CB, così detti recettori dei cannabinoidi, G
    protein-coupled receptors, di cui finora sono stati
    scoperti due tipi. Il recettore CB1, identificato per la
    prima volta nel 1998 (Devane et al., 1988) viene
    espresso in varie aree del cervello (Walker et al.,
    2002), nei neuroni dei gangli delle radici dorsali del
    midollo spinale (Ahluwalia et al, 2002; Ralevic,
    2003) e nei tessuti periferici (Malan et al., 2002).
    Il recettore CB2, di più recente scoperta (Munro et
    al., 1993), è anche detto recettore periferico dei
    cannabinoidi, perché non si rinviene nel CNS in
    condizioni normali (né come proteina né come
    mRNA), mentre nelle cellule immuno-infiammatorie
    il suo mRNAè presente in ragione da 10 a 100 volte
    superiore rispetto all'mRNA del CB1 (Malan et al.,
    2002)
    L'ipotesi recettoriale prevede che gli effetti
    farmacologici della PEA derivino dall'attivazione
    diretta o indiretta del recettore CB2 (o meglio, di un
    recettore CB2-like non ancora identificato) ed è
    suffragata da una serie di dati in vivo, brevemente di
    seguito rassegnati:
    - L'effetto della PEA sull'edema da carragenina è totalmente eliminato dalla
    somministrazione di un antagonista del recettore periferico per i cannabinoidi
    (Conti et al., 2002), cioè di una sostanza in grado di legarsi al CB2 senza
    attivarne la conseguente risposta.
    - Vari agonisti recettoriali sintetici, selettivi per il CB2, manifestano importanti
    effetti antiedemigeni (Hanus et al., 1999; Malan et al., 2002; Quartilho et al.,
    2003).
    - La somministrazione di antagonisti recettoriali specifici del CB2 annullano gli
    effetti antidolorifici della PEA (Calignano et al., 1998; Calignano et al., 2001;
    Conti et al., 2002; Farquhar-Smith e Rice, 2003).
    Ipotesi recettoriale
    Il recettore canale TRPV1 consiste di:
    - un dominio N-terminale,
    - sei segmenti trans-membrana (cilindri rosa), inframmezati, tra S5 e S6, da
    un corto frammento anfipatico (segmento ricurvo giallo),
    - un dominio citosolico C-terminale, dove sono localizzati i siti di legame per
    la calmodulina (CaM) e per il fosfatidilinositolo-4,5-difosfato (PIP 2).
    (Da: G. Re et al, 2005 Palmitoylethanolamide, endocannabinoids and
    related cannabimimetic compounds in protections against tissue
    inflammation and pain: potential use in companions animals. The Veterenary
    Journal - in press)
    Str

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  9. - In modelli di dolore nocicettivo, la somministrazione locale o sistemica
    dell'agonista selettivo sintetico del recettore CB2 (AM1241) riduce
    l'iperalgesia termica da carragenina (Malan et al., 2002; Nackley et al., 2003;
    Quartilho et al., 2003) e da capsaicina (Quartilho et al., 2003), nonché
    l'allodinia da carragenina (Nackley et al., 2003).
    - Anche per via topica, il pre-trattamento con un agonista sintetico dei recettori
    cannabinoidi l'HU210 - che si lega al CB1 e al CB2 - riduce
    significativamente il dolore urente conseguente ad applicazione cutanea di
    capsaicina ed inibisce completamente la conseguente iperalgesia termica
    primaria (Rukwied et al., 2003).
    - In modelli di dolore viscerale l'effetto antinocicettivo della PEA scompare in
    presenza di antagonisti selettivi del recettore CB2 (Farquhar-Smith et al.,
    2002).
    - Nell'allodinia neuropatica (dove è noto che gli oppioidi sono attivi solo a
    dosaggi di molto superiori rispetto a quelli necessari ad inibire la nocicezione
    termica), l'agonista selettivo del recettore CB2 (AM1241) funziona al
    medesimo dosaggio di quello attivo nell'abrogare l'iperalgesia (Malan et al.,
    2002). L'effetto è dose-dipendente e si manifesta anche in assenza del
    recettore CB1.
    - Il pre-trattamento per via topica con un
    agonista sintetico del recettore per i
    cannabinoidi (HU210, che si lega al CB1 e
    al CB2) inibisce la sensazione di prurito
    indotta dall'applicazione cutanea di
    istamina (Dvorak et al., 2003). Gli Autori
    dello studio così commentano il risultato:
    “...The findings presented in this
    investigation might lead to a new strategy
    of the peripheral treatment of sensitive,
    itchy and/or inflamed skin resistant to the
    common treatment, for instance with antihistaminergic
    drugs.” (Dvorak et al., 2003).
    Concludendo, l'ipotesi recettoriale si basa
    su una corposa serie di dati che
    depongono a favore dell'esistenza di un
    meccanismo d'azione della PEA di natura
    prettamente periferica (Malan et al., 2001;
    Nackley et al., 2003; Quartilho et al., 2003),
    che prevede il legame ai recettori CB2 (o
    CB2-like) espressi dalle cellule
    immunitarie (Sokal et al., 2003; Malan et
    al., 2002) e/o dai neuroni sensoriali primari
    delle corna dorsali del midollo spinale
    (Hohmann, 2002; Nackley et al., 2003).
    In seguito all'attivazione del CB2 (o CB2-like) verrebbe ad essere inibito il
    rilascio di quelle sostanze implicate nell'infiammazione e nell'abbassamento
    della soglia di attivazione delle fibre nervose afferenti (Sokal et al., 2003).
    La natura locale di questo tipo di meccanismo d'azione comporta enormi
    vantaggi applicativi, non solo nel settore dell'infiammazione e del prurito, ma in
    particolare nel trattamento del dolore cronico, ad esempio di tipo neuropatico

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  10. (Richardson et al., 1998b). E’ verosimile infatti, che sostanze attive come
    agonisti selettivi del recettore CB2 siano prive di effetti collaterali sul sistema
    nervoso centrale che limitano l’efficacia dei farmaci attualmente disponibili.
    (Ibrahim et al., 2003). Del medesimo avviso è la conclusione di un recente lavoro
    effettuato con la PEA: i ligandi dei recettori dei cannabinoidi - in particolare gli
    agonisti selettivi del recettore periferico CB2 privi di effetti collaterali sul sistema
    nervoso centrale - possono aprire nuovi orizzonti nella terapia del dolore
    neuropatico. (Helyes et al., 2003).
    Per far fronte alla discrepanza dei risultati ottenuti in vitro e in vivo in merito al
    meccanismo CB2-mediato della PEA, ha preso recentemente corpo una nuova
    ipotesi sul meccanismo d'azione di questo composto: l'effetto entourage.
    Adispetto della “pochezza” che a prima vista può evocare il termine “entourage”
    (letteralmente “di contorno”), in realtà secondo questa ipotesi alla PEAvengono
    attribuite proprietà di raffinatissima modulazione biologica.
    In sostanza si prospetta che la PEA funzioni da amplificatore dell'attività antiinfiammatoria
    ed anti-nocicettiva di altri composti endogeni, attraverso
    l'aumento della loro affinità per il target o l'inibizione dei loro pathway degradativi
    (Mechoulam et al., 1998; Ben-Shabat et al, 1998; Calignano et al., 1998;
    Lambert e Di Marzo, 1999, Hohmann, 2002; Smart et al., 2002; Walker et al.,
    2002).
    L'ipotesi è estremamente interessante in funzione del fatto che tra questi
    composti endogeni, la cui attività verrebbe amplificata dalla PEA, se ne
    annovera uno in particolare, l'anandamide (AEA), dalle spiccate proprietà
    antinocicettive ed antinfiammatorie.
    Si tratta di un endocannabinoide che rappresenta il ligando endogeno del
    recettore CB1 (Devane et al., 1992). Se utilizzata a dosaggi molto bassi (0.01
    ng) e per trattamenti locali (non sistemici), inibisce l'edema da carragenina
    (Richardson et al., 1998c).
    L'AEA inibisce anche il comportamento algico indotto da formalina e
    l'iperalgesia termica da carragenina, attraverso un meccanismo che secondo
    alcuni Autori prevede l'attivazione del recettore CB1 (Calignano et al., 1998;
    Richardson et al., 1998; Richardson et al., 1998c) e secondo altri viene mediato
    dal recettore CB2 dei neuroni spinali (Sokal et al., 2003).
    L'AEA risulta attiva anche nei medesimi modelli di dolore viscerale dove si è
    dimostrato l'effetto antinocicettivo della PEA(vedi precedenti paragrafi),masolo
    a dosaggi dalle 3 alle 10 volte più elevati rispetto a quelli della PEA(Jaggar et al.,
    1998; Farquhar-Smith et al., 2002); il suo effetto sarebbe mediato anche in
    questo caso dal recettore CB1 (Farquhar-Smith et al., 2002).
    Alla natura endocannabinoide l'AEA accorpa in sé caratteristiche di tipo
    endovanilloide. Il composto, infatti, si è di recente dimostrato attivo anche sul
    recettore per la capsaicina, o recettore per i vanilloidi di tipo 1, VR1 (Ross, 2003;
    per una review si veda anche van der Stelt e Di Marzo, 2004). Il dualismo di
    effetti che deriva da questa duplice “appartenenza” (famiglia degli
    endocannabinoidi e famiglia degli endovanilloidi) certo non facilita il suo
    inquadramento farmacologico. Ad alti dosaggi, ad esempio, l'AEA si è
    dimostrata attivare il recettore VR1, provocando il rilascio antidromico di

    RispondiElimina
  11. neuropeptidi strettamente connessi all'infiammazione neurogenica, come la SP
    ed il CGRP, ed esercitando, conseguentemente, effetto proinfiammatorio
    (Ahluwalia et al., 2003b; Di Marzo et al., 2002; Maccarrone et al., 2002; Morisset
    et al., 2001; Ralevic, 2003).
    D'altro canto è anche noto che l'attivazione del recettore VR1 riduce la
    sensazione di prurito, sia nell'uomo (Lysy et al., 2003; Weisshaar et al., 2003)
    sia nel cane (Marsella et al., 2002). In questo caso, la capacità della PEA di
    potenziare l'effetto via VR1 dell'AEA, attraverso l'aumento dell'affinità di questo
    composto per il recettore (De Petrocellis et al., 2001) assumerebbe una valenza
    molto importante nel trattamento del prurito.
    In conclusione, l'ipotesi dell'effetto entourage comporta che gli effetti
    antinfiammatori ed antinocicettivi della PEA transitino attraverso il
    potenziamento degli effetti endocannabinoidi e/o endovanilloidi dell'AEA o di
    composti analoghi.
    “La verità sta nel mezzo” ... Forse la chiave di lettura per comprendere il
    meccanismo d'azione della PEA sta proprio in questo detto latino. Ipotesi ALIA,
    ipotesi recettoriale, ipotesi entourage: perché leggerle come ipotesi diverse?
    Potrebbero essere semplicemente l'una il completamento e l'approfondimento
    molecolare dell'altra; ognuna di esse rappresentare, in sostanza, una parte di
    quella complessità biologica che caratterizza i sofisticati sistemi endogeni di
    regolazione del nostro organismo.
    In effetti i vari filoni di ricerca in merito al meccanismo d'azione della PEA
    tendono in più punti a confluire. Il mastocita, ad esempio, target ideale del
    meccanismo ALIA, si è dimostrato in grado di esprimere il recettore CB2 (Facci
    et al, 1995), target ideale dell'ipotesi recettoriale. Questo risultato, più volte
    messo in discussione (Maccarrone et al., 2000; Lau e Chow, 2003), ha ottenuto
    recentemente un'importante conferma nelle cellule RBL2H3 (una linea cellulare
    con caratteristiche simili ai mastociti), dove sono stati identificati sia l'mRNA che
    la proteina di entrambi i recettori per i cannabinoidi, CB1 e CB2 (Samson, 2003).
    Secondo i ricercatori, entrambi sono funzionali, non ridondanti e capaci di
    concorrere alla modulazione della degranulazione mastocitaria (Samson,
    2003).
    Una “confluenza funzionale” viene dagli esperimenti condotti sull'iperalgesia
    conseguente ad iniezioni di NGF (Farquhar-Smith e Rice, 2003). A detta degli
    Autori, l'effetto anti-iperalgico esercitato in questo modello dalla PEA sarebbe
    mediato dall'inibizione dell'accumulo di neutrofili, a sua volta conseguenza della
    down-modulazione della degranulazione mastocitaria (Farquhar-Smith e Rice,
    2003; Rice et al., 2002).
    Per vie diverse, e partendo dagli effetti antalgici di un agonista selettivo sintetico
    del recettore CB2, alcuni Autori arrivano a conclusioni molto simili. Secondo
    questo gruppo (Malan et al., 2002) l'effetto antalgico sarebbe la conseguenza
    dell'attivazione del recettore CB2: non tanto di quello espresso sulle
    terminazioni dei neuroni afferenti primari, quanto di quello espresso sui
    mastociti. In tal modo - affermano - verrebbe a diminuire il rilascio mastocitario
    di sostanze capaci di sensitizzare i nocicettori periferici (es. NGF, prostanoidi,
    citochine,ATP, serotonina, istamina).

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  12. Ma come si spiega l'effetto antalgico dell'attivazione del CB2 in condizioni di
    dolore non infiammatorio (es. nocicezione termica), lì dove manca una vera e
    propria reazione infiammatoria? Secondo gli Autori anche in questo caso, il
    meccanismo sarebbe “indiretto”, via recettori CB2 mastocitari; ciò che verrebbe
    ad essere down-modulato sarebbe il rilascio basale di sostanze sensitizzanti nei
    tessuti non infiammati. Un ruolo molto importante viene attribuito al controllo del
    rilascio basale di NGF da parte dei mastociti: un rilascio che, a detta degli Autori,
    esiste ed è necessario a mantenere il fenotipo nei neuroni primari afferenti
    (Malan et al., 2002).
    Le evidenze finora note, in sostanza, fanno sì che l'ipotesi ALIA e l'ipotesi
    recettoriale non si escludano affatto tra loro ma, al contrario si completino
    costituendo un unicum che, tra l'altro, ben si concilia con l'ipotesi di un “secondo
    messaggero” endogeno stimolato dalla PEA(effetto “entourage”).
    La sorprendente capacità dalla PEA di modulare le risposte protettive messe in
    atto dall'organismo in condizioni di danno attuale o potenziale (infiammazione e
    attivazione delle vie nocicettive), ha portato a sviluppare l'ipotesi secondo cui la
    PEAendogena farebbe parte di un complesso sistema omeostatico, preposto al
    controllo della soglia basale sia dell'infiammazione che del dolore/prurito
    (Calignano et al., 2001; Malan et al., 2002; Hohmann, 2002).
    L'ipotesi è supportata anche dalla
    strategica localizzazione della PEA
    rispetto all'avvio dei meccanismi
    dell'infiammazione e del dolore e
    dal suo aumento locale in situazioni
    di pericolo o danno (vedi box a lato).
    Una conferma indiretta a favore del
    ruolo della PEA nei sistemi preposti
    al controllo della soglia basale di
    reattività infiammatoria viene dalla
    riduzione dell'extravasazione
    plasmatica operata in tessuti noninfiammati
    da un agonista selettivo
    del CB2 (Malan et al., 2002). Sono
    gli stessi Autori ad interpretare il
    risultato come indizio del ruolo
    omeostatico (”omeodinamico”?)
    sulla permeabilità vasale basale
    giocato dal sistema degli endocan
    nabinoidi. Sempre in assenza di
    infiammazione, inoltre, il medesimo
    agonista recettoriale selettivo
    allunga il tempo di latenza in
    risposta a stimolazione termica
    cutanea, provocando un innalza
    mento della soglia nocicettiva
    basale (Malan et al., 2001).
    -
    -
    PEAe soglia basale dei sistemi protettivi endogeni:
    ruoli omeostatici
    Come ormai più volte confermato in diversi sistemi cellulari, la
    PEA viene sintetizzata e rilasciata in seguito a danni attuali o
    potenziali. Lo si è dimostrato nei leucociti (Bisogno et al., 1997) e
    nei macrofagi stimolati (Di Marzo et al., 1996), nelle cellule
    epidermiche di topo in seguito a vari tipi di stress (Berdyshev et
    al., 2000), nella cute infiammata (Calignano et al., 1998;
    Hohmann, 2002) o interessata da dolore neuropatico (Darmani et
    al, submitted), in neuroni corticali come risposta all'aumento
    sperimentale della concentrazione intracellulare di calcio (Cadas
    et al., 1996) e, molto recentemente, nella corteccia cerebrale di
    topo sottoposta ad ischemia focale (Franklin et al., 2003).
    Aumenti di PEAsono stati inoltre riscontrati nel plasma di soggetti
    affetti da Low Back Pain in seguito a manipolazioni osteopatiche e
    nelle biopsie di pazienti con colite ulcerosa (Darmani et al,
    submitted). Sulla base di questi risultati, si è ipotizzato che la
    produzione cellulare di PEA in risposta a un danno possieda un
    importante significato protettivo (Berdyshev et al., 2000; Hansen
    et al., 2000).

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  13. Ma i dati che più fortemente depongono a favore dell'ipotesi di un sistema
    endogeno di controllo della soglia basale del dolore mediato dagli
    endocannabinoidi / cannabimimetici sono quelli che emergono da esperimenti
    incentrati sulla riduzione numerica o funzionale dei recettori CB.
    Si è visto, ad esempio, che il trattamento con antagonisti del CB1 e del CB2 si
    traduce in un aumento della durata e dell'intensità del comportamento algico in
    risposta ad un danno tissutale (Calignano et al., 1998). Sulla base di ciò, si è
    ipotizzato che i recettori CB1 e CB2-like periferici partecipino ad un controllo
    intrinseco del dolore, in virtù della loro attivazione da parte di AEA e PEA
    generate localmente in risposta al danno (Calignano et al., 1998).
    È stato altresì dimostrato che l'iniezione intratecale di un antagonista specifico
    del CB1 produce iperalgesia (Richardson et al., 1997), di tipo NMDAdipendente
    (Richardson et al., 1998b). Inoltre, l'inibizione della sintesi del CB1
    provoca una significativa iperalgesia termica modello hot plate (piastra calda).
    Secondo gli Autori, ciò starebbe a significare che la tonica attivazione del
    recettore CB1 spinale, attraverso il tonico rilascio locale di endocannabinoidi,
    altro non sarebbe che un meccanismo omeostatico, deputato a mantenere nella
    norma la soglia nocicettiva basale. Come logica conseguenza ne deriva che
    l'ipoattività del sistema degli endocannabinoidi potrebbe essere direttamente
    coinvolta nell'eziologia di determinati stati di dolore cronico (Richardson et al.,
    1998b).
    Interessante è la conclusione che ne traggono gli Autori: “Because opioids are
    not thought to be involved in modulation of basal nociceptive theresholds, these
    findings provide a major difference between these two endogenous analgesic
    systems.” (Richardson et al., 1998b).
    La straordinaria mole di ricerche scientifiche sugli effetti della
    palmitoiletanolamide (Lambert et al., 2002) va aprendo la strada ad opportunità
    terapeutiche senza precedenti. Mai prima d'ora una singola classe di molecole
    naturali si era dimostrata possedere tali e tante potenzialità in medicina.
    Oggi, che nella maggior parte della branche mediche l'orientamento più attuale
    è quello di utilizzare approcci “disease-oriented”, che vadano, cioè, ad incidere
    sui meccanismi alla base della patologia, poter disporre di sostanze preposte
    per natura al controllo dei meccanismi di difesa endogeni assume una
    straordinaria importanza.
    In questo senso l'acronimo ALIA, inteso come Autacoid Local Injury
    Antagonism, è quello che meglio descrive l'effetto della PEA. La sua natura
    autacoide (“Autacoid" deriva dalle parole greche “autos” [auto] e “akos”
    [rimedio]), la capacità di agire localmente, e l'attività di protezione rispetto al
    danno attuale o potenziale rappresentano i tre presupposti alla base di altrettanti
    vantaggi terapeutici. In primo luogo, l'assenza di effetti collaterali, insita nella
    natura endogena (“autos”) del composto. In secondo luogo, la duplicità
    dell'effetto, sia di tipo antinfiammatorio che di tipo antinocicettivo (inteso,
    quest'ultimo, nella doppia valenza antalgica ed antipruritogena), legata al
    concetto di “akos”. Infine, la capacità di down-modulare i mastociti, proprietà
    indissolubilmente legata alla caratteristica locale dell'effetto, e, in funzione del
    sempre più chiaro coinvolgimento del mastocita nei sistemi endogeni di

    RispondiElimina
  14. protezione dal danno, base dell'injury antagonism.
    Di enorme respiro è, dunque, il potenziale target clinico di approcci basati
    sull'utilizzo della PEA. In particolare, è ipotizzabile che la PEAed i suoi analoghi
    possano trovare utile applicazione in settori che spaziano dalla neurologia
    all'ortopedia, dalla dermatologia all'odontostomatologia, dalla nefrologia alla
    cardiologia. In tutti questi settori, infatti, numerose sono le patologie a
    componente primariamente infiammatoria e/o nocicettiva, a forte
    coinvolgimento mastocitario, alcune delle quali hanno già ottenuto importanti
    conferme cliniche sull'efficacia e sulla sicurezza della PEA.

    RispondiElimina
  15. ho letto con interesse quanto avete scritto su questo antinfiammatorio, qualcuno può dirmi invece perchè alla mia mamma allo scopo di rallentare la malattia viene somministrato un farmaco chiamato riluzolo, non mi pare stia sortendo grandi effetti...

    RispondiElimina
  16. Cara Mari,



    il Riluzolo è l'unico farmaco che ha attualmente indicazioni riconosciute per questa malattia,

    il Normast possiamo considerarlo un integratore che come altre molecole sono state studiate nelle malattie neurodegenerative - non possiamo cosiderarla come una cura - ma come un aiuto da considerare davanti a questa terribile malattia.



    Da qualche mese Cinzia una malata di SLA che considero la mia seconda mamma ( purtroppo la mia mamma è morta 4 aa fa di SLA ) prende questo integratore senza avere nessun problema secondario - speriamo che magari presto possiamo riscontrare anche qualche piccolo beneficio.



    Se hai bisogno e posso aiutarti scrivimi


    un abbraccio grande alla tua mamma


    Fabio

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  17. Fisio Medical Center25 luglio 2012 alle ore 17:01

    FISIO MEDICAL CENTER ONLUS - VIA POSTUMIA CASTELLANA N°12
    QUINTO DI TREVISO - TEL 0422/452060
    Fisio Medical Center è un centro ad alta specializzazione riabilitativa che mette a disposizione in un’unica struttura un team di specialisti ed esperti di riconosciuta competenza accompagnati da attrezzature tecnologicamente all’avanguardia.
    Il nostro obiettivo è quello di offrire un’assistenza sanitaria qualificata e completa, garantendo la massima professionalità a costi contenuti. Il Fisio Medical Center seguirà pazienti affetti da patologie che richiedono interventi di tipo fisiatrico- ortopedico- neurologico a scopo valutativo- riabilitativo con percorsi mirati al miglioramento della qualità di vita della persona.
    Per noi guarire un ammalato o migliorarlo non significa intervenire solo con determinate tecniche terapeutiche. Tutto ciò non avrebbe nessun senso senza la pazienza, l’affetto, l’amore verso il prossimo. La terapia senza anima si trasformerebbe in macchine. Cosa che per coscienza nostra ancora noi non siamo.
    Il Fisio Medical Center offre:
    - Ambulatorio specialistico con risposta multipla diagnostica e terapeutica
    - Valutazione delle potenzialità residue in pazienti portatori di deficit e/o plurideficit
    - Riabilitazione fisiatrica- ortopedica- neurologica
    - Logopedia
    - Terapia Occupazionale
    - Psicomotricità
    - Medicina integrata ovvero quel processo che permette di risalire alle cause che hanno scatenato la malattia cronica con metodologie non convenzionali, in modo da curare il malato e non la malattia, l’infezione e non l’infiammazione.
    - TheraSuit ovvero quel percorso riabilitativo che consente un programma di allenamento intensivo personalizzato per pazienti in età evolutiva ed adulti affetti da paralisi celebrale, combatte gli effetti del decondizionamento e dell’immobilizzazione consentendo di allenare il corpo di una persona disabile come quello di una persona non disabile.
    Visita il nostro sito: www.fisiomedicalcenter.eu

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  18. Salve, mi chiamo Mary ho 38 anni, sto usando normast 600 e pelvilen forte tutti e due per 2 volte al giorno, per la vulvodinia

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  19. HO LETTO CON MOLTO INTERESSE I RISULTATI DELLA RICERCA FATTA SUI PAZIENTI AFFETTI DA SLA.
    TROVANDOMI NELLE STESSE CONDIZIONI CON MIA MOGLIE CON PATOLOGIA SLA DA CIRCA TRE ANNI, ATTUALMENTE TRACHEOSTOMIZZATA E TOTALMENTE PARALIZZATA, LE SAREI GRATO SE POTESSE DARMI MAGGIORI INFORMAZIONI SUL PRODOTTO DA LEI UTILIZZATO E COME PROCURARLO.
    IN ATTESA LE PORGO DISTINTI SALUTI
    MAURIZIO VILLA

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