Il destino - scrive -
..." ha fatto si che la mia vita incrociasse
una situazione da me non cercata,
non voluta, non sperata, mai auspicata.
Questa disperante SLA è piovuta addosso inaspettata senza criterio e senza regole.
Inizia per me una situazione disperata,
in cui più tentavo di scrollarmi
di dosso tale relazione
e più essa si cuciva sulla mia pelle
diventando sempre più essa stessa essenza
della mia vita.
La sensazione che emanava, invadeva completamente il mio corpo, il mio animo e la mia mente
senza una pur qualche minima possibilità
da parte mia di oppormi.
Pur tentando di rifiutarlo con tutte le mie forze, ho dovuto accettare e soggiacere a questo rapporto". ..
le magnifiche parole di ...
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Pietro Pellillo- malato di SLA
2 commenti:
scrivere è Pietro Pellillo, romano, colpito da Sla. In occasione della Giornata mondiale, che si è avuta il 21 giugno scorso, la sua riflessione va oltre la sofferenza fisica e invita invece a sottolineare "i progressi, gli ausili, le spinte emotive, i controlli sanitari, le informazioni che ciascun malato dovrebbe sapere, conoscere, avere anche e direttamente dalle Istituzioni"
ROMA - Una lettera che ripercorre il percorso fisico e umano di un uomo colpito da Sla, ma che invita anche Istituzioni e organi deputati a informare chi vive con la Sla su quanto è in loro diritto in termini di cure mediche, progressi scientifici, ausili tecnologici. A scrivere è Pietro Pellillo, romano, colpito da Sla.
"Il destino - scrive - ha fatto si che la mia vita incrociasse una situazione da me non cercata, non voluta, non sperata, mai auspicata. Questa disperante Sla è piovuta addosso inaspettata senza criterio e senza regole. Inizia per me una situazione disperata, in cui più tentavo di scrollarmi di dosso tale relazione e più essa si cuciva sulla mia pelle diventando sempre più essa stessa essenza della mia vita. La sensazione che emanava, invadeva completamente il mio corpo, il mio animo e la mia mente senza una pur qualche minima possibilità da parte mia di oppormi. Pur tentando di rifiutarlo con tutte le mie forze, ho dovuto accettare e soggiacere a questo rapporto".
"In tale prospettiva - continua la lettera - quanto la mia famiglia debba spendere in termini quantitativi e qualitativi può sicuramente chiarirlo i miei figli e soprattutto mia moglie che ha dovuto, deve quotidianamente e dovrà, chissà per quanto tempo, sacrificare buona parte della propria vita a sostegno delle mie terrene necessità. E sì che vestirsi, lavarsi, mangiare, bere, fare una passeggiata ed altro sono atteggiamenti talmente normali da non poter essere concettualmente considerati come atteggiamenti straordinari. Ma tant'è che se io non avessi l'amore, l'attenzione, la vicinanza, il sostegno della mia famiglia, certamente non potrei vantare la stessa dignità di vita che posso vantare ora e tali atteggiamenti di normalità ordinaria, diverrebbero per me di grottesca straordinarietà".
"In tutta la mia vita - continua - senza voler togliere né aggiungere alcunché, mi sono sempre soffermato più sulla voluttà del corpo che sulle esigenze dell'Animo, o più precisamente ho sempre considerato che le esigenze dell'Animo dovessero essere seconde alle corporali. Ora in una fase così esaltante della vita secondo me si devia da quello che dovrebbe essere l'indirizzo emotivo e sensazionale della vita stessa, tanto quanto in una fase meno esaltante è la vita stessa a mostrare tutti gli aspetti più nascosti e reconditi della nostra unicità".
"Ciò che, secondo me, dovremmo evidenziare - precisa infatti Pellillo - sono i progressi, gli ausili, le spinte emotive, i controlli sanitari, le informazioni che ciascun malato dovrebbe sapere, conoscere, avere anche e direttamente dalle Istituzioni. Io personalmente nel corso della mia malattia sono stato sotto controllo a neurologia del Gemelli, del San Camillo, del Policlinico ed onestamente devo dire di non aver mai ricevuto input che potessero in qualche modo essere d'aiuto a me e alla mia famiglia nel superamento dei gorghi della malattia per una vita corrente accettabile. Tutte le conoscenze e le informazioni che ora posseggo, sono frutto della caparbia e ostinata ricerca mia e della mia famiglia".
"In definitiva il terrore è che, di fronte al capolinea motorio, la mia mente - scrive infine Pellillo, restituendo a ognuno di noi un interrogativo - possa affievolirsi e arrendersi all'insormontabile blocco fisico "perché troppo doloroso". .............. Ed è allora che la Società deve avvolgere questa vita e farla sentire viva, piena e degna senza che ciò venga chiesto o concesso e non, come troppo spesso accade, povera di dignità per questa bizzarra, quotidiana e ordinaria follia sociale di scarsa solidarietà". (eb)
Pietro Pellillo
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