mercoledì 17 marzo 2010


VIA LIBERA ALLE STAMINALI ???
NEL PROTOCOLLO MELAZZINI
In Italia potrebbe partire già tra qualche settimana un nuovo protocollo di ricerca, sulla base di cellule staminali, da cui ci si possono aspettare risultati nella lotta
alla Sclerosi laterale amiotrofica (Sla).
Nessuno però lo sa,
e soprattutto non lo hanno saputo
i malati di Sla.

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

In Italia potrebbe partire già tra qualche settimana un nuovo protocollo di ricerca, sulla base di cellule staminali, da cui ci si possono aspettare risultati nella lotta alla Sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Nessuno però lo sa, e soprattutto non lo hanno saputo i malati di Sla. Perché finora tutto è stato discusso nelle stanze della Consulta ministeriale delle Malattie neuromuscolari, dove il protocollo ha ottenuto un primo via libera. A dare il nome alla ricerca è Mario Melazzini, un oncologo che nel 2002 si è ammalato di Sla. Melazzini ricopre una serie di cariche: oltre ad essere presidente della Consulta ministeriale, è presidente di Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), presidente di Arisla (Agenzia di ricerca per la Sla) e direttore scientifico del Centro clinico Nemo, che si trova all`interno dell`ospedale Niguarda di Milano. Il protocollo porta il suo nome perché è lui ad averlo sperimentato per primo su se stesso. "Grazie alla mia competenza in campo ematologico spiega Melazzini - quando mi sono ammalato, ho intrecciato le ipotesi immunomediate e infiammatorie, che vengono dalla Scuola Americana del professor Appel, con gli studi effettuati anni fa e poi abbandonati con un farmaco immunoregolatore, che aveva dimostrato per un periodo transitorio un recupero di funzioni".

Anonimo ha detto...

Nessun conflitto d`interesse, però: "Non ho portato io il protocollo alla Consulta, sono stati alcuni malati a scrivere al ministro, per chiedergli di avviare la sperimentazione, e il ministro ha fatto intervenire la Consulta". Guai poi a parlare già di risultati: "Ci sto lavorando da anni con i neurologi. Sono convinto che sia una strada da perseguire, sono un ricercatore che vuole continuare a stimolare questo meccanismo, ma fino a quando non ci sarà una sperimentazione scientifica non si possono illudere le persone". "Certo non deve passare come un protocollo di staminali commenta Letizia Mazzini, neurologa dell`Ospedale Maggiore della Carità di Novara - si potrebbe usare soltanto con un`ipotesi di tipo immunitario. Negli Stati Uniti il protocollo Appel è stato eseguito su sei pazienti, ma in maniera molto rigorosa e, purtroppo, non ha dato risultati. Speriamo che in Italia si possa usare lo stesso rigore". Adesso la sperimentazione potrà partire: lo scorso 8 marzo, in una riunione della Consulta durante la quale era assente l`Istituto superiore di Sanità (che finora ha preferito non esprimersi nel merito), il protocollo ha avuto un primo via libera. "Manca l`autorizzazione dell`Iss - prosegue Melazzini - poi gli esperti dei comitati etici dovranno decidere se partire dalla fase 1 (quella che verifica la pericolosità sull`uomo, ndr) o 2. Il protocollo sarà poi sperimentato in sei centri italiani, coinvolgerà una trentina di pazienti e costerà 12.000 curo a paziente". Naturalmente con soldi ministeriali. Mario Melazzini è un paziente diverso da quelli che II Fatto ha finora descritto: la sua malattia avanza più lentamente, dopo quasi otto anni riesce ancora, anche se in parte, a muovere le mani (ne è felice testimonianza un video proprio di una riunione della Consulta postato su YouTube). Qualcuno ha pensato che a "fare il miracolo" sia proprio il protocollo. "In realtà la mia è una delle tante facce della Sla - spiega il professore per fortuna 1`80% dei pazienti ha una vita come la mia. Soltanto il 20% va incontro a tracheostomia: le loro storie fanno notizia, soprattutto quando lanciano un grido di allarme, e vengono conosciute. Ma pensi che c`è addirittura un malato di Sla che a novembre andrà a fare la maratona di New York. Il nostro obiettivo è quello di rendere migliore la nostra vita, quella dei malati". Sono parole, ma soprattutto numeri, che non piacciono a Mauro Pichezzi, presidente della onlus "Viva la Vita" : "Solo nella Asl Roma A ci sono 26 tracheostomizzati, il loro numero negli ultimi due anni è raddoppiato solo perché riusciamo a garantire loro un`elevata assistenza. Altrove le famiglie sono costrette a vendersi la casa o un organo pur di sopportare le spese che un malato richiede". La Sla è una patologia rara (e per questo orfana di farmaci) che colpisce ogni anno in Italia circa mille persone. Il decorso medio va dai tre ai cinque anni, il 50% dei malati muore entro 18 mesi dalla diagnosi, soltanto il 10% supera i 10 anni. La morte avviene nella maggior parte dei casi per insufficienza respiratoria. Pichezzi non si sbilancia sul protocollo Melazzini, ma lancia un allarme: "Vorremmo saperne di più, l`impressione finora è che la Consulta si stia occupando di una cosa oscura alla comunità dei malati. Noi ci sentiremo garantiti sulla sicurezza della sperimentazione solo se verrà affidata al controllo degli organi competenti, tra cui l`Iss". Sulla stessa linea anche Chantal Borgonovo, moglie del calciatore malato: "La garanzia la darà l`Istituto. Ricordiamoci poi che la Sla è una malattia mortale, Stefano è la rappresentazione della Sla".

Anonimo ha detto...

Nessun conflitto d`interesse, però: "Non ho portato io il protocollo alla Consulta, sono stati alcuni malati a scrivere al ministro, per chiedergli di avviare la sperimentazione, e il ministro ha fatto intervenire la Consulta". Guai poi a parlare già di risultati: "Ci sto lavorando da anni con i neurologi. Sono convinto che sia una strada da perseguire, sono un ricercatore che vuole continuare a stimolare questo meccanismo, ma fino a quando non ci sarà una sperimentazione scientifica non si possono illudere le persone". "Certo non deve passare come un protocollo di staminali commenta Letizia Mazzini, neurologa dell`Ospedale Maggiore della Carità di Novara - si potrebbe usare soltanto con un`ipotesi di tipo immunitario. Negli Stati Uniti il protocollo Appel è stato eseguito su sei pazienti, ma in maniera molto rigorosa e, purtroppo, non ha dato risultati. Speriamo che in Italia si possa usare lo stesso rigore". Adesso la sperimentazione potrà partire: lo scorso 8 marzo, in una riunione della Consulta durante la quale era assente l`Istituto superiore di Sanità (che finora ha preferito non esprimersi nel merito), il protocollo ha avuto un primo via libera. "Manca l`autorizzazione dell`Iss - prosegue Melazzini - poi gli esperti dei comitati etici dovranno decidere se partire dalla fase 1 (quella che verifica la pericolosità sull`uomo, ndr) o 2. Il protocollo sarà poi sperimentato in sei centri italiani, coinvolgerà una trentina di pazienti e costerà 12.000 curo a paziente". Naturalmente con soldi ministeriali. Mario Melazzini è un paziente diverso da quelli che II Fatto ha finora descritto: la sua malattia avanza più lentamente, dopo quasi otto anni riesce ancora, anche se in parte, a muovere le mani (ne è felice testimonianza un video proprio di una riunione della Consulta postato su YouTube). Qualcuno ha pensato che a "fare il miracolo" sia proprio il protocollo. "In realtà la mia è una delle tante facce della Sla - spiega il professore per fortuna 1`80% dei pazienti ha una vita come la mia. Soltanto il 20% va incontro a tracheostomia: le loro storie fanno notizia, soprattutto quando lanciano un grido di allarme, e vengono conosciute. Ma pensi che c`è addirittura un malato di Sla che a novembre andrà a fare la maratona di New York. Il nostro obiettivo è quello di rendere migliore la nostra vita, quella dei malati". Sono parole, ma soprattutto numeri, che non piacciono a Mauro Pichezzi, presidente della onlus "Viva la Vita" : "Solo nella Asl Roma A ci sono 26 tracheostomizzati, il loro numero negli ultimi due anni è raddoppiato solo perché riusciamo a garantire loro un`elevata assistenza. Altrove le famiglie sono costrette a vendersi la casa o un organo pur di sopportare le spese che un malato richiede". La Sla è una patologia rara (e per questo orfana di farmaci) che colpisce ogni anno in Italia circa mille persone. Il decorso medio va dai tre ai cinque anni, il 50% dei malati muore entro 18 mesi dalla diagnosi, soltanto il 10% supera i 10 anni. La morte avviene nella maggior parte dei casi per insufficienza respiratoria. Pichezzi non si sbilancia sul protocollo Melazzini, ma lancia un allarme: "Vorremmo saperne di più, l`impressione finora è che la Consulta si stia occupando di una cosa oscura alla comunità dei malati. Noi ci sentiremo garantiti sulla sicurezza della sperimentazione solo se verrà affidata al controllo degli organi competenti, tra cui l`Iss". Sulla stessa linea anche Chantal Borgonovo, moglie del calciatore malato: "La garanzia la darà l`Istituto. Ricordiamoci poi che la Sla è una malattia mortale, Stefano è la rappresentazione della Sla".

Fabio e Fabrizio ha detto...

AISLA ONLUS PRECISAZIONI
Le precisazioni di Mario Melazzini (tratte da "Il Fatto Quotidiano" del 18/03/2010)

Milano, 17 marzo 2010 - In merito ai contenuti dell’articolo firmato da Silvia D’Onghia ed apparso sulla testata “Il Fatto Quotidiano” di oggi, 17 marzo, il presidente di Aisla Onlus Mario Melazzini ritiene indispensabile precisare quanto segue:

di non aver mai parlato direttamente di “protocollo Melazzini”, che non esiste in quanto tale. Si tratta, per la precisione, di un protocollo di trapianto di cellule staminali autologhe emopoietiche a seguito di immunosoppressione;

quest’ultimo protocollo non coincide con il protocollo del prof. Appel, procedura che utilizza invece un trapianto eterologo eco procedura mieloablativa. Le ipotesi del prof. Appel ha rappresentato un riferimento di partenza solo per le teorie immunomediate ed infiammatorie;

di non essersi assolutamente mai espresso in merito alla partenza, entro qualche settimana, del protocollo di trapianto di cellule staminali autologhe emopoietiche a seguito di immunosoppressione/immunomodulazione. Quest’ultima è una ipotesi liberamente formulata dalla giornalista che ha redatto l’articolo;

in merito al protocollo di trapianto di cellule staminali autologhe emopoietiche a seguito di immunosoppressione/immunomodulazione la Consulta per le Malattie Neuromuscolari non ha mai fornito alcuna autorizzazione né via libera, ma unicamente un parere tecnico scientifico.

Con tutti questi chiarimenti si vuole contribuire a fornire una informazione più completa e corretta rispetto a quanto contenuto nell’articolo sopracitato, evitando nel contempo di alimentare illusioni nella comunità dei malati di Sla e dei loro familiari.