DUE DONNE.. due storie di SLA ,
Giovanna e Anna
SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA: ...AIUTIAMOCI A TROVARE IN QUESTO BUIO UNA LUCE ... CHE CHI DOVREBBE NON HA TEMPO O CORAGGIO DI ACCENDERE... VI LASCIO UNA VOCE CHE CON SACRIFICIO HO CONQUISTATO... MA QUESTO TRISTE E INCONSOLABILE PATRIMONIO E' DI OGNI MALATO ... DI OGNI FAMILIARE CHE PIANGE IN SILENZIO... DA QUANDO QUESTE TRE LETTERE SONO ENTRATE NELLA NOSTRA VITA E CHE MESSE INSIEME FORMANO UNA COSI' PROFONDA E INGIUSTA MALATTIA...
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GIOVANNA LA PIU' SILENZIATA:
L’Articolo 21 della nostra costituzione sancisce il diritto di manifestare, con ogni mezzo, il proprio pensiero. Tale principio deve trovare piena applicazione in qualsiasi momento della nostra vita, anche e soprattutto, quando si è malati, affetti da una grave malattia che tende, ogni giorno che passa, ad immobilizzarti sempre di più e ad impedirti di svolgere una vita normale. Giovanna è affetta da SLA, ma vuole parlare, solo il comunicatore vocale le potrà dare la libertà di parola che la sua malattia e l’inefficienza sanitaria non le consentono più di avere. Ma non è di “caso umano” che si tratta bensì di un caso politico. Giovanna Fiumara è un medico chirurgo con quattro specializzazioni, affetta da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), candidata alle prossime elezioni regionali in Calabria con la lista Bonino Pannella, lista che vede candidati numerosi militanti dell’Associazione Luca Coscioni. Come tutti i malati di SLA, Giovanna, ci tiene a sottolinearlo nella mail con cui ha contattato la prima volta l’Associazione Luca Coscioni, è assolutamente capace di intendere e volere. “Vogliono risolvere la mia assistenza chiudendomi in una casa di riposo. Io ho 45 anni e sono ancora capace” ha scritto Giovanna. E su questo, sul diritto all’assistenza domiciliare di tutti i malati come lei, oltre che alla lotta per avere un comunicatore vocale per poter dire la sua, vuole farne una battaglia politica. L’ho incontrata per la prima volta giovedì 14 gennaio 2010, come rappresentante della Lista Bonino Pannella in Calabria, per chiedere la sua disponibilità a candidarsi. Appena l’ho vista, mi ha guardato negli occhi, mi ha sorriso ed è scoppiata in lacrime. “Questa possibilità è un segno del Signore” mi ha detto. Decidendo, anche lei, di servirsi dei Radicali come strumento per una lotta di civiltà. Tra le sue specializzazioni c’è anche quella di medico legale e, in passato, ha lavorato nel tribunale di Crotone come perito legale. Oggi Giovanna non è in grado di parlare. La sua malattia le lascia tutta la lucidità e il fervore intellettuale, togliendole però una libertà fondamentale, la parola.
Giovanna non ha mai rinunciato alla sua libertà e alle sue battaglie, nonostante il ritardo nella consegna del comunicatore. Tali apparecchi non sono forniti gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale poiché il nomenclatore relativo all’assistenza protesica risale agli anni ’90 ed è quindi obsoleto. La Calabria, come Regione, ha autorizzato autonomamente il sussidio. Oggi alla politica impegnata nelle elezioni regionali, fatte troppe volte da alleanze e “inciuci”, Giovanna pone solo una richiesta: poter esporre le ragioni della sua candidatura e spiegare agli elettori come vorrebbe rivoluzionare la sanità in Calabria, conoscendone profondamente i limiti in quanto vittima del suo mal funzionamento, la gestione dell’ambiente e della Res pubblica calabrese, sempre più allo sbando. Non ha potuto farlo per gran parte di questa campagna elettorale in attesa di ricevere il comunicatore. Ma finalmente, il 15 febbraio scorso, Giovanna ha vinto la sua prima battaglia, le è stato consegnato il computer con puntatore oculare per scrivere e parlare con gli occhi. Ora comincia la sua lotta per la libertà.
MALATI DI ILLEGALITA':
“Anna era una birbante”. Inizia così il racconto di Giuseppe Riccio, un simpatico vecchietto dall’inconfondibile accento napoletano. Si sposta a fatica tra uno scatolone e un divano nella piccola cucina del tugurio di trentasette metri quadri, che condivide con altre sei persone. In realtà, fino a qualche anno fa, lui conduceva una vita normale con la moglie a Napoli; faceva il “tassinaro” e tirava a campare. Poi la malattia della figlia Anna e una vita segnata per sempre. Quattro anni fa Anna, madre di tre bambini, commerciante con un passato da operatrice turistica, si ammala di SLA, sclerosi laterale amiotrofica. Giuseppe la sua spiegazione ce l’- ha: “La malattia l’ha colpita quando il suo compagno le è morto d’infarto”. Inteneriscono le parole di un padre, che stringe al cuore l’immagine della figlia, una ragazza indipendente, vivace, amante della vita. Parlava due lingue ed era una grande guidatrice. A soli sedici anni aveva ottenuto il suo scooter, col quale – racconta Giuseppe – s’era recata addirittura da Napoli a Mondragone. Una ragazzata che allora le costò una bella polmonite. Del padre severo, che l’aveva punita sottraendole il motoveicolo, rimane solo una traccia scavata nelle rughe sotto due occhi invasi dalla nostalgia. La malattia prende il sopravvento. Nel giro di quattro anni Anna si ritrova immobilizzata in un letto, tracheotomizzata e alimentata artificialmente; permane una tenue mobilità a un pollice e a un alluce. Gli occhi però sono agilissimi quando puntano lo schermo che le permette di comunicare all’esterno i suoi pensieri. Un profluvio di pensieri perché Anna legge, naviga in rete, viaggia con la fantasia.
Mi chiede chi sono, chi è Luca Coscioni. Vuole l’indirizzo web del sito. “Di dove sei? Di che segno sei?”. Tutto in un colpo. Temo la risposta perché conosco le pecche notorie del mio segno, ma lei cambia subito discorso e mi chiede: “Come fai con la tua sensibilità a fare questo lavoro?”. Io riesco a risponderle soltanto che per me non è un lavoro. Mi racconta le notizie che ha letto sugli ultimi progressi in campo scientifico. Lei è cattolica e credente. “Dio mi ha salvato cinque volte”, mi dice riferendosi a diversi episodi in cui ha rischiato la vita per negligenza e insipienza dei medici. Sulla porta campeggia un crocifisso e un’iconografia della Madonna. Eppure sia lei che il padre sono ferventi sostenitori della libertà della ricerca scientifica. “Io sono altruista e, se non per me, vorrei aiutare gli altri”. A favore della ricerca sulle staminali, a favore dell’uso di farmaci cannabinoidi. Nel 2007, sotto sfratto e ormai senza lavoro, Anna presenta la domanda per una casa popolare a Gaeta. La sua pensione d’invalidità (700 euro al mese) va interamente al ragazzo cingalese che la assiste giorno e notte. Dopo due anni arriva finalmente la tanto agognata assegnazione, ma il giorno prima di prendere possesso dell’immobile, un’altra ragazza, madre con due minori, lo occupa abusivamente. “Una guerra tra poveri”, la definisce così Giuseppina Porceddu, l’agguerrita avvocatessa che ha assistito Anna e i suoi familiari. Si è immersa nella loro storia e, dopo aver cercato invano un canale mediatico, ha inserito un video su YouTube per chiedere aiuto. Alla fine arriva il provvedimento di immediato rilascio dell’abitazione e Anna ottiene una nuova casa di ottanta metri quadri. “Non è una casa confortevole – tiene a precisare l’avvocatessa - ma almeno lì si potrà usare il sollevatore per spostarla dal letto su una sedia”. Ad Anna racconto dell’Associazione, di Luca, di Piergiorgio, e quando apprende del distacco del respiratore mi dice: “E’ la cosa migliore. Ma io non voglio morire, io voglio vivere!”. I figli, che adesso hanno 7, 17 e 19 anni, sono la sua forza. Ricorda quando li portava in tre sul suo motorino. Pezzi di una vita cui Anna è aggrappata con le unghie e con i denti. Di notte non riesce a dormire perché, dice il padre, “ha paura che le si blocchi il cervello”. Si definisce una “Sansone al femminile”. E’ attaccata alla vita perché i figli sono la sua vita. Siamo seduti attorno al tavolo, mentre dalla stanza di Anna arriva la musica vulcanica di Heavy Cross a tutto volume. “Adora la musica forte”, dice il padre, che intanto ripercorre soffici pagine dell’album di famiglia. S’interrompe bruscamente: “Ve l’aggia fa vedé”. Tira fuori una carta stropicciata dal portafoglio. La stende e chiede a uno di leggere l’articolo ad alta voce. Chissà quante volte l’avrà letto, ma lui assapora quelle parole melodiose una ad una come fosse la prima volta. Il titolo: “La carrozzella che si muove col pensiero”. E’ l’ultimo prototipo in via di sperimentazione al Politecnico di Milano. “Prima di morire vorrei comprarla a mia figlia”. Ritorno da Anna per salutarla. “Quello che mi manca di più” – mi confida – “è baciare e sentire l’odore delle persone che amo”.Esco da quella casa e addosso sento, ingombrante, l’odore di quell’incontro.
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