Incubo Sla:
Sono 6 i giocatori del Como colpiti da sclerosi laterale amiotrofica
Forse colpa del campo del Sinigaglia?
Il coraggio di Stefano Borgonovo ha portato in primo piano il dramma degli ex calciatori colpiti dalla malattia.
Fra questi, altri cinque ex lariani:
Adriano Lombardi, deceduto; Celestino Meroni, fratello del grande Gigi, deceduto; Albano Canazza, deceduto; Piergiorgio Corno e Maurizio Gabbana, in lotta per la vita.
Il mistero dell'erba dello stadio e dei veleni del sottosuolo (Se fossero davvero i veleni nel sottosuolo (cadmio, cromo, piombo, manganese, nichel, formaldeide) di un impianto maledetto:
prelevati campioni di antiparassitari !!!
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8 commenti:
Se questi fili d'erba potessero parlare si esprimerebbero in laghé con la cadenza saltellante della musica di Van de Sfroos che fa ballare il Sinigaglia prima delle partite e racconterebbero storie di confine e sogni in parastinchi, dal paradiso della A (13 campionati, un sesto posto come miglior risultato nella stagione del debutto, '49-'50) al precipizio della serie D, polenta uncia e belloni venuti da Hollywood, pugni dati (Ferrigno) e pugni presi (Bertolotti), perché nemmeno un uomo di mondo come George Clooney può immaginare che una gelida domenica del novembre 2000 negli spogliatoi di questo stadio si sfiorò la tragedia e che la sua erba, questi fili bagnati dall'umidità del lago, è entrata dentro il fascicolo di un'inchiesta della Procura di Torino che scava tra morti e malati, Sla e patologie letali, fregandosene della classifica (6˚ a 43 punti in C2) e dei gol di Luca Facchetti, il centravanti col futuro nel cognome sulle cui spalle (larghe) appoggia la voglia di rinascita.
I casi di sclerosi laterale amiotrofica, la malattia dei calciatori, che affondano le radici nei centodue anni di vita del Football Club Como sono diventati sei. Il più celebre è Stefano Borgonovo, 86 presenze e 16 reti, 45 anni martedì, malato da quattro. Il più rimpianto Adriano Lombardi, regista carismatico degli anni Settanta (132 presenze), deceduto nel 2007. L'ultimo emerso Maurizio Gabbana, due stagioni in B ('76-'78); era l'alternativa ideale a Fontolan. Il meno noto Celestino Meroni, amatissimo fratello di Gigi con cui era cresciuto nel vivaio della società lariana prima che la farfalla prendesse il (breve) volo verso il mito granata: morto anche lui, nel 2001, di Sla. Albano Canazza, divorato dalla sclerosi laterale amiotrofica a 38 anni.
E Piergiorgio Corno, che tra violente onde d'affetto e rassegnazione quella roccia di sua moglie Mariagrazia definisce 'il recordman': 6 presenze ('65-'66), un quasi gol alla Cremonese (che ha la sua vittima di morbo di Gehrig: Attilio Tassi), 15 anni marcato a uomo, molto molto stretto, dalla Sla. Piergiorgio lotta in un letto della villetta di Albate, irrorato da una commovente spiritualità: "Nella mia vita ho capito che nulla è accaduto per caso — ha scritto proprio ieri sul suo computer —. Più volte la presenza di un'entità superiore si è manifestata e per questo vedo la Sla come un percorso che ha una sua ragione, che non capirò mai con la razionalità umana. Ma verrà un momento in cui tutto sarà chiaro". E che dire del tumore di Guido Quadri, della leucemia di Andrea Fortunato, della vasculopatia cardiaca di Giuseppe Longoni, brevemente transitati dal Sinigaglia, dal campo d'allenamento di Orsenigo e dall'esistenza?
Il mistero dell'erba di Como potrebbe risalire ai primi del '900, ai tempi della bonifica della zona paludosa alla foce del torrente Cosia, quando i barconi carichi di rifiuti tossici provenienti dalle fonderie di Dongo attraccavano proprio là, all'orizzonte dello storico "buco" nel settore distinti sparito negli anni Novanta in una ristrutturazione del Sinigaglia. Se fossero davvero i veleni nel sottosuolo (cadmio, cromo, piombo, manganese, nichel) a causare l'impazzimento del motoneurone alla base della Sla, avrebbe ragione Oscar Brevi, capitano del Como di
Stefano Di Chiara, quando dice che "io sono scettico, al Sinigaglia giochiamo 16-17 partite a stagione, però non dovrebbe essere difficile appurarlo, cosa impedisce di analizzare il terreno, cercare sotto l'erba e sotto lo stadio?" anche se alla tesi dell'erba killer da queste parti non crede nessuno, "una panzana" sbotta Mariagrazia Corno, "mai sentito parlare di materiali tossici" dice Paolo Mascetti per cinquant'anni medico sociale del Como, "al massimo carbone cotto, marogna come diciamo noi in dialetto, per aiutare il drenaggio del prato" ricorda Livio Prada, lucidissimo 79enne, factotum lariano dagli anni Quaranta.
L'inchiesta a oggi, la memoria storica a cui nominare Meroni Gigi nato all'oratorio di San Bartolomeo, provincia del Sinigaglia, fa bagnare ancora gli occhi. Eppure si indaga anche in questa direzione, guai a lasciare qualcosa di intentato: gli ispettori di Guariniello hanno fatto due sopralluoghi, si sono portati via avanzi di antiparassitari e vecchi barattoli incrostati di vernice verde, a Como, come in tutta Italia, si spennellano i campi per nascondere le tracce della gramigna, pratica confermata al pm dagli antichi manutentori del prato dello stadio, funghicidi a base di formaldeide (potentissimo antibatterico) e mani di verde per truccare un campo di patate da diva, si studiano gli effetti neurotossici sull'essere umano, calciatori inclusi. Dove cresceva l'erba ora c'è un giallo drammatico e intrigante da risolvere. E la bruma sottile, che sale dal lago mentre Di Chiara manda la squadra sotto la doccia, rende tutto meno chiaro.
Fonte: Corriere della Sera, articolo di Gaia Piccardi
CADMIO
Descrizione
Il cadmio è un minerale in traccia tossico che ha una struttura molto simile a quella dello zinco. Il cadmio non ha nessuna funzione biologica nel corpo umano. I suoi effetti tossici nell’organismo vengono tenuti sotto controllo dallo zinco.
I processi di raffinazione disturbano l’importante equilibrio cadmio-zinco. Nel grano intero il rapporto cadmio zinco è di 1 a 20.
Il cadmio si trova principalmente negli alimenti raffinati come la farina, il riso e lo zucchero bianco. E’ presente nell’aria, nel fumo di sigaretta e nelle zone inquinate come quelle intorno alle fabbriche di zinco. Inoltre, l’acqua più dolce contiene di solito maggiori quantità di cadmio rispetto all’acqua più dura. L’acqua dolce, soprattutto se acida, assorbe il cadmio dalle tubature metalliche degli acquedotti.
Assimilazione ed immagazzinamento
Il fegato e i reni sono le zone in cui si depositano il cadmio e lo zinco. La concentrazione totale di cadmio nel corpo umano aumenta con l’età e varia nelle diverse parti del mondo. Viene assorbito molto poco, quindi in circostanze normali dal punto di vista alimentare e ambientale, non rappresenta un problema.
Quando si presenti una carenza di zinco nell’alimentazione, il corpo può reagire accumulando il cadmio al suo posto. Se l’assunzione giornaliera di zinco è elevata, lo zinco sarà immagazzinato e il cadmio verrà invece espulso. Il cadmio ostacola anche l’assorbimento del rame.
Dosaggio e tossicità
L’assunzione giornaliera di cadmio è stata valutata tra i 13 e i 24 microgrammi, con notevoli variazioni secondo la provenienza e il tipo di alimenti. L’eliminazione giornaliera è di 10 microgrammi per litro. Lo zinco è un antagonista naturale del cadmio. Gli effetti tossici del cadmio vengono probabilmente dal fatto che il corpo lo immagazzina al posto dello zinco quando si crea uno squilibrio. L’intossicazione da cadmio può essere combattuta col selenio. Gli alginati (contenuti nelle alghe) si combinano col cadmio e lo eliminano dal corpo, un procedimento che può prevenire l’avvelenamento. Gli squilibri tra zinco e il cadmio possono creare problemi per la formazione dello sperma.
Il dott. Henry A. Shroeder, specialista degli oligoelementi minerali ha sviluppato una teoria sul cadmio, quale causa dell’ipertensione (pressione alta) e dei disturbi cardiaci ad essa legati. I test da lui effettuati sui ratti, a causa delle loro similitudini con gli esseri umani, hanno mostrato che la somministrazione di forti dosi di cadmio aumentava la pressione. Interrompendo la somministrazione, la pressione ritornava a valori normali. Negli esseri umani, l’urina dei pazienti ipertesi contiene il 40% in più di cadmio, rispetto a quella dei pazienti con una pressione normale. Queste scoperte possono dare credibilità alla teoria che un eccesso di cadmio possa essere direttamente legato all’ipertensione.
L’avvelenamento da cadmio è un processo estremamente impercettibile, che può andare avanti per tutta la vita. Il cadmio si deposita nei reni, causando problemi renali, e si stabilisce poi nelle arterie, aumentando la pressione arteriosa e causando l’arteriosclerosi.
Il fumo delle sigarette contiene quantità notevoli di cadmio. Un pacchetto di sigarette deposita da 2 a 4 milligrammi di cadmio nei polmoni di un fumatore. Una parte del fumo rimane nell’aria e viene inalata nello stesso modo da fumatori e non fumatori. Il cadmio contenuto nel fumo delle sigarette e l’esposizione a composti di rame e cadmio, può causare enfisema polmonare. La presenza di dosi elevate nel fegato e nei reni è stata associata ad anemia, proteinuria e aminoaciduria.
Effetti da carenza e sintomi
Non ci sono informazioni disponibili sull’argomento.
Effetti benefici nelle malattie
Quando lo zinco diventa un antagonista del cadmio può sviluppare un’azione anti-cancro.
CROMO
Descrizione
Il cromo è un minerale essenziale presente in concentrazioni di venti parti di cromo per miliardo di parti di sangue. Il corpo contiene circa 6 mg di questo minerale, mentre il sangue ne contiene circa 20 parti per miliardo. Il cromo è essenziale nella nutrizione sia degli animali che degli uomini. A questo minerale è stato recentemente riconosciuto un ruolo importante nel metabolismo dei carboidrati. Il cromo organico è un componente di una sostanza chiamata GTF (fattore di tolleranza al glucosio); gli altri componenti sono la niacina e alcuni aminoacidi. Il cromo stimola l’attività degli enzimi responsabili del metabolismo del glucosio, utile per l’energia e per la sintesi degli acidi grassi e del colesterolo. E’ stato provato che il cromo aumenta l’efficacia dell’insulina e la sua capacità di manipolare il glucosio, prevenendo l’ipoglicemia (troppa insulina) o il diabete (poca insulina). Nel sangue, il cromo trasporta le proteine insieme al ferro. Il cromo ha un ruolo anche nella sintesi delle proteine attraverso legami con le molecole di RNA.
Misurare il contenuto del cromo nei cibi non è facile viste le diverse forme in cui si presenta e il diverso tasso di assorbimento da parte del corpo. Il cromo inorganico viene assorbito all’1% massimo. Il cromo che si trova nelle uova non può essere completamente utilizzato. Gli alimenti che contengono cromo più biologicamente adatti per il corpo sono: il lievito di birra (il migliore), il fegato, la carne di manzo, il pane integrale (il cromo viene rimosso dal grano raffinato), le barbabietole, la melassa di zucchero di barbabietola, i rognoni di maiale, carni e formaggi e spezie come il pepe nero, il timo e i funghi. L’acqua dura può fornire una percentuale del fabbisogno giornaliero che va dall’1 al 70%.
Assimilazione ed immagazzinamento
Il cromo è difficile da assorbire. Soltanto circa il 3% del cromo della dieta viene trattenuto dall’organismo. Il minerale si deposita soprattutto nella milza, nei reni e nei testicoli; piccole quantità vengono anche depositate nel cuore, nel pancreas, nei polmoni e nel cervello. Il cromo è stato trovato anche in alcuni enzimi e nell’RNA. L’eliminazione avviene principalmente attraverso l’urina; quantità minori vengono perse con le feci. La quantità di cromo presente nell’organismo diminuisce con l’età.
Dosaggio e tossicità
Non vi è alcuna dose dietetica consigliata riguardo al cromo, quindi l’assunzione normale viene considerata come dose sufficiente. Le dosi quotidiane di cromo per i bambini sino ai 5 mesi, dovrebbero andare da 0,01 a 0,04 mg; da 5 mesi a 1 anno, da 0,02 a 0,06 mg, da 1 a 3 anni, da 0,02 a 0,08 mg; dai 4 ai 6 anni, da 0,03 a 0,12 mg. I bambini oltre i 7 anni, i ragazzi e gli adulti dovrebbero assumerne da 0,05 a 0,20 mg (da 50 a 200 microgrammi).
Se le dosi eccedono le quantità normali, gli effetti del cromo rovesciano e inibiscono l’attività dell’insulina piuttosto che favorirla. Il cromo esavalente è tossico e l’esposizione a lungo termine può provocare problemi dermatologici, perforazione del setto nasale e tumore ai polmoni. La forma trivalente è quella presente negli alimenti; non provoca questi disturbi e ha una tossicità molto bassa.
Effetti da carenza e sintomi
Anche una leggera carenza di cromo avrà gravi conseguenze sull’organismo. Le ricerche effettuate hanno mostrato che le carenze sistematiche di cromo sono molto comuni negli Stati Uniti, sebbene il fenomeno si riscontri raramente in altri paesi. La carenza degli Americani è spiegata dal fatto che il suolo non contiene una quantità sufficiente di questo minerale per cui il cromo non può venire assorbito dai raccolti o raggiungere le falde freatiche. La raffinazione dei cibi è un’altra causa probabile della perdita di cromo insieme ad un consumo eccessivo di zuccheri ed altri carboidrati raffinati. Questo può predisporre alcuni individui a carenza mentre nei diabetici può aggravare la malattia. Le persone più esposte alla carenza sono gli anziani, quelli che praticano regolarmente sport molto stancanti (i corridori) e le gestanti. Soprattutto le gestanti sono molto esposte ad una carenza perché il feto utilizza grandi quantità di cromo.
Una carenza di cromo può essere un fattore che inibisce la funzione dell’insulina e si manifesta con tassi di crescita rallentati e una grave intolleranza al glucosio nei diabetici. Si ritiene anche che l’interazione del cromo e dell’insulina non sia limitata al metabolismo del glucosio ma valga anche per il metabolismo degli aminoacidi. La carenza può ridurre la sensibilità del tessuto periferico al glucosio, una disfunzione simile al diabete. Il cromo può impedire la formazione di placche aortiche e una sua carenza può favorire l’aterosclerosi.
La carenza di cromo è molto frequente nelle donne incinte a causa dell’alta quantità utilizzata dal feto. Le persone sottoposte a interventi chirurgici ricevono glucosio in via endovenosa causando un maggiore fabbisogno di cromo. Alcuni studi hanno mostrato che il cromo del sangue diminuisce notevolmente dopo la somministrazione di 60 grammi di glucosio. Se il paziente ha un’infezione virale in corso, tale diminuzione è ancora maggiore. Negli studi sugli animali, i ratti carenti soffrono di depositi di grasso nelle arterie, hanno una durata della vita inferiore, minore quantità di spermatozoi, quindi scarsa fertilità.
Effetti benefici nelle malattie
Il cromo aiuta a regolare il livello di zucchero nel sangue e può dare giovamento ai diabetici nei casi di perdita di peso o disturbi nervosi. Il picolinato di cromo può aumentare la massa muscolare se viene assunto da chi pratica uno sport con regolarità. I bambini affetti da kwashiorkor (una malattia causata da carenza di proteine) hanno mostrato un miglioramento in seguito alla somministrazione orale di cromo. I pazienti affetti da schizofrenia hanno bisogno di dosi maggiori di niacina e hanno poca tolleranza per il glucosio; è possibile che traggano beneficio da somministrazioni di cromo che aumentano il GTF (fattore di tolleranza al glucosio). Il cromo nell’acqua potabile, in quantità di 0,2 parti per milione ha abbassato il colesterolo nei ratti alimentati con lo zucchero. La somministrazione di cromo aumenta la tolleranza al glucosio in alcuni diabetici. L’assunzione di 200 microgrammi al giorno migliora l’ipoglicemia.
IL CROMO PUO’ ESSERE EFFICACE NELLA CURA DELLE SEGUENTI MALATTIE:
Organi Malattie
Sangue/Apparato circolatorio Diabete
Muscoli (sviluppa i muscoli deboli)
Generale Cardiopatie
Ipoglicemia
Kwashiorkor
Schizofrenia
MANGANESE
Descrizione
Oggi sappiamo che l’oligoelemento manganese svolge un ruolo molto importante come antiossidante prevenendo la formazione di forme tossiche di ossigeno. Si ritiene che possa avere un ruolo nel processo degenerativo di invecchiamento. Il manganese agisce come attivatore di numerosi enzimi necessari per l’utilizzazione della colina, della biotina, della tiamina e dell’acido ascorbico. Il manganese è un catalizzatore nella sintesi degli acidi grassi, del colesterolo e dei mucopolisaccaridi. Partecipa anche alla produzione delle proteine, dei carboidrati e dei grassi ed è necessario per la regolazione dello zucchero nel sangue. Tra le funzioni del manganese troviamo il benessere del sistema nervoso e del cervello, il mantenimento della produzione degli ormoni sessuali, il normale sviluppo dello scheletro, il buon funzionamento del sistema immunitario e la formazione del sangue. Il manganese è importante nella cura dell’anemia da carenza di ferro, e per l’utilizzazione della tiamina e della vitamina E. Il manganese è un elemento importante per la produzione del latte materno, la formazione dell’urea e del collagene. E’ fondamentale per la formazione della tiroxina, un componente della tiroide. La protrombina e la vitamina K si formano con l’aiuto del manganese.
Il manganese è presente in piccole dosi nelle ossa, nell’ipofisi, nel pancreas, nella mucosa intestinale, nel fegato e in altri tessuti. Solo piccole quantità vengono immagazzinate in una sola volta con dosi massime che vanno dai 10 ai 20 mg. Il magnesio può espletare alcune funzioni al suo posto aiutando così a conservare sempre delle riserve minime del minerale nell’organismo.
Tra gli alimenti più ricchi di manganese ricordiamo i cereali integrali, l’avocado, le alghe, il tuorlo d’uovo, la frutta secca, i semi, i legumi, i mirtilli, l’ananas, gli spinaci, i piselli secchi e le verdure verdi. Il contenuto varia in relazione alla quantità di minerale presente nel suolo. Una parte di manganese viene persa nel processo di raffinazione e macinatura degli alimenti.
Assimilazione ed immagazzinamento
Il manganese viene assorbito mentre transita nell’intestino tenue. Circa il 40% del manganese ingerito viene assorbito dal corpo. Una persona normale elimina giornalmente quattro milligrammi di manganese. Tale quantità deve essere sostituita.
L’assunzione di grandi quantità di calcio e fosforo nella dieta ne diminuiscono il tasso di assorbimento. L’eliminazione del manganese avviene attraverso le feci, per la maggior parte sotto forma del complesso di colina della bile. Il corpo di un individuo adulto contiene soltanto dai 10 ai 20 milligrammi di manganese che si concentra soprattutto nei reni, nelle ossa, nel fegato, nel pancreas e nella ghiandola pituitaria.
Dosaggio e tossicità
Il Consiglio Nazionale di Ricerca (Usa) consiglia una assunzione quotidiana di manganese che può variare dai 2 ai 5 milligrammi per gli adulti. Per quanto riguarda i bambini le dosi consigliate sono le seguenti: da 1 a 3 anni, da 1 a 1,5 mg, dai 4 ai 6 anni da 1,5 a 2 mg; dai 7 ai 10 anni, dai 2 ai 3 mg. I neonati sino ai 6 mesi dovrebbero assumerne dai 0,3 ai 0,6 mg, e dai 6 mesi a 1 anno, dai 0,6 a 1 mg. Una dieta media ne contiene circa 4 milligrammi.
L’assunzione di quantità elevate di calcio e fosforo aumenterà il fabbisogno di manganese. Dosaggi estremamente alti di manganese portano ad una riduzione nell’immagazzinamento e l’uso del ferro, e possono causare anemia da carenza di ferro. Questo disturbo è curabile con l’aggiunta di ferro alla dieta.
I lavoratori dell’industria frequentemente esposti alla polvere di manganese possono assorbire nelle vie respiratorie una quantità tale del metallo da dar luogo a sintomi di intossicazione. Un accumulo eccessivo di manganese nei tessuti può manifestarsi con debolezza, difficoltà psicologiche e motorie, instabilità, anoressia, apatia, crampi alle gambe, emicranie, astenia, cambiamenti polmonari, difficoltà di locuzione, spasmi e rigidità muscolari, espressione assente, impotenza, morbo di Parkinson e malattie virali.
La somministrazione di manganese a pazienti anziani affetti da schizofrenia, per abbassare il livello di rame, può causare un aumento della pressione arteriosa. L’assunzione di zinco normalizzerà la pressione. L’aminoacido L-dopa è stato utilizzato per la cura delle intossicazioni da manganese.
Effetti da carenza e sintomi
Una carenza di manganese può compromettere la tolleranza al glucosio, che si manifesta con l’incapacità di eliminare gli eccessi di zucchero nel sangue attraverso l’ossidazione e/o il deposito, causando il diabete. Bassi livelli di manganese possono causare l’aterosclerosi ed essere un fattore scatenante di attacchi negli epilettici. La discinesia tardiva, una malattia neuromuscolare, può essere curata con la somministrazione di manganese e vitamine del complesso B. L’atassia, una deficienza nel coordinamento muscolare, è stata collegata ad una inadeguata assunzione di manganese. Le carenze possono portare anche alla paralisi, alle convulsioni e alla cecità e sordità dei bambini. Vertigini, ronzii nelle orecchie e perdita dell’udito possono manifestarsi negli adulti. In alcuni test effettuati su cavie in gravidanza, gli animali carenti di manganese, mostravano una minor produzione di latte materno e i piccoli avevano un minor tasso di sopravvivenza. Avevano anche problemi di equilibrio a causa dello scarso sviluppo dell’orecchio interno, convulsioni e attacchi di tipo epilettico. Nei pulcini si notava anche uno scarso accrescimento con zampe e colonna vertebrale più corta.
Effetti benefici nelle malattie
Il manganese è necessario per il processo riproduttivo a causa del suo ruolo nella sintesi del colesterolo, un precursore degli steroidi sessuali. Il manganese viene usato anche nella cura della miastenia grave (perdita della coordinazione e della forza muscolare). Alcuni studi condotti indicano che il manganese può essere utilizzato nel trattamento della sclerosi multipla. Il manganese ha dato risultati positivi nella cura dell’osteoartrite. Alcuni studi sugli animali hanno mostrato che il manganese può essere efficace nel trattamento del diabete. Combinato con le vitamine B, il manganese ha aiutato bambini e adulti affetti da grave debolezza stimolando la trasmissione degli impulsi tra nervi e muscoli. La stessa combinazione di sostanze nutritive produce un’intensa sensazione di benessere.
Molti schizofrenici hanno livelli di rame troppo elevati. Il manganese, come lo zinco, aiuta l’eliminazione del rame dal corpo.
IL MANGANESE PUO’ ESSERE EFFICACE NELLA CURA DELLE SEGUENTI MALATTIE:
Organi Malattie
Cervello/Sistema nervoso Depressione
Discinesia tardiva
Disturbi neuromuscolari
Epilessia
Sclerosi multipla
Schizofrenia
Vertigini
Orecchie Ronzii alle orecchie
Perdita dell’udito
Muscoli Coordinazione muscolare
Debolezza
Miastenia grave
Ghiandole sessuali Steroidi
Polmoni/Apparato respiratorio Allergie
Asma
Sangue/Apparato circolatorio Diabete
Generale Atassia
Osteoartrite
Stanchezza
PIOMBO
Descrizione
Il piombo è un minerale in traccia altamente tossico. Negli ultimi anni l’avvelenamento da piombo per gli esseri umani ha cambiato provenienza ma ha probabilmente aumentato la sua estensione.
Il corpo umano può tollerare una dose massima di piombo che va da 1 a 2 milligrammi senza intossicarsi. Un chilo di cibo contaminato dal piombo, con un rapporto di 1 parte per milione, contiene un milligrammo di piombo. Ciò non lascia un largo margine di sicurezza.
Assorbimento ed immagazzinamento
Il piombo contenuto negli alimenti viene scarsamente assorbito ed è eliminato principalmente attraverso le feci. Il piombo può penetrare nel corpo attraverso la pelle e il tratto gastrointestinale. Il piombo assorbito entra nel sangue e viene immagazzinato nelle ossa e nei tessuti morbidi, incluso il fegato. Se ingerito in quantità minime, l’espulsione del piombo ha lo stesso ritmo dell’assunzione, per cui la quantità immagazzinata è trascurabile. Il piombo che si accumula nel corpo viene trattenuto nel sistema nervoso centrale, nelle ossa, nel cervello, nelle ghiandole e nei capelli.
Dosaggio e tossicità
E’ difficile quantificare i livelli critici di assunzione di piombo, al di sopra dei quali avviene un’immagazzinamento eccessivo. Un’assunzione eccessiva di piombo può venire dal consumo di distillati alcolici di non chiara provenienza e cibi conservati in ceramiche smaltate a piombo, cotte a temperatura insufficiente per permettere una corretta fissazione del piombo ed evitare che particelle del minerale potessero passare negli alimenti. I regolamenti attuali hanno abbassato il contenuto di piombo permesso nelle ceramiche, ma i prodotti di provenienza estera non seguono gli stessi regolamenti.
Alcuni integratori di calcio sotto forma di farina di ossa possono essere contaminati dal piombo. L’avvelenamento da piombo può venire anche dal consumo di acqua acida e dolce che erode il piombo delle tubature, presenti negli edifici costruiti prima degli anni ‘30, dal metallo per saldare i tubi di rame usato sino al 1986, dai cibi contenuti in recipienti saldati con il piombo (nel 1987 tutti i fabbricanti americani, ad eccezione di una percentuale del 15,9% rispettavano il regolamento che prevede l’uso di altre sostanze), da vernici a base di piombo, cosmetici, sigarette (a causa dell’insetticida a base di piombo usato per il tabacco), dalla combustione del carbone, da scaglie di vernici o rivestimenti a base di piombo e dai gas di scarico dei motori. L’accumulo di piombo nel corpo umano legato ai gas di scarico dei motori è causato direttamente dall’inalazione e indirettamente dal piombo che si deposita nel terreno e nelle piante lungo le autostrade e nelle zone urbane. Attualmente esiste un certo grado di protezione grazie all’introduzione delle marmitte catalitiche; tuttavia la benzina al piombo è ancora in commercio.
Anche se il livello di inquinamento da piombo nell’aria si è abbassato, rimangono dai 4 ai 5 milioni di tonnellate accumulate nel terreno negli anni ‘70. Le persone che coltivano terreni nelle vicinanze di strade o autostrade dovrebbero far analizzare il terreno.
L’avvelenamento da piombo in forma acuta si manifesta con coliche addominali, encefalopatia (disfunzione cerebrale) mielopatia (ogni affezione del midollo spinale) e anemia. Il piombo può ostacolare il normale funzionamento del cervello interferendo e sostituendosi all’azione di altri minerali vitali, come lo zinco, il ferro e il rame, che regolano i processi mentali. Alti livelli di piombo causano danni al sistema nervoso e iperattività. L’intossicazione da piombo nei bambini può provocare disordini nell’apprendimento, dislessia, rallentamento dei riflessi, mancanza di coordinazione occhio-mano e problemi di comportamento. Anche livelli molto bassi possono causare questi disturbi.
E’ stato provato il legame tra il piombo ingerito con l’acqua potabile e il ritardo mentale e fisico infantile. Il piombo contenuto nell’acqua potabile ingerito da una donna incinta può attraversare la placenta e depositarsi nel cervello del feto. Circa il 90% del piombo immagazzinato nel corpo della madre può attraversare la placenta. Si ritiene che circa il 16% dei bambini abbia livelli di piombo superiori al normale. Livelli anormalmente alti sono stati trovati nei bambini morti per la sindrome della morte in culla.
L’intossicazione da piombo può manifestarsi nei bambini attraverso un fenomeno chiamato pica, che consiste nell’ingerimento di sporcizia, carta o vernici contenenti piombo. Tra i sintomi dell’intossicazione da piombo ricordiamo la depressione, l’emicrania, l’irrequietezza, l’irritabilità, la difficoltà di concentrazione, l’indebolimento della memoria, l’insonnia, le allucinazioni, la debolezza e i dolori muscolari, la nausea e le indigestioni. Le gengive possono diventare bluastre, può manifestarsi anche paralisi delle estremità, cecità, disturbi mentali e persino follia.
L’intossicazione può causare anche impotenza maschile, sterilità e anemia. Il consumo di alcool facilita il depositarsi del piombo nei tessuti morbidi, incluso il cervello. I danni più gravi sono a carico del cuore, del fegato, dei reni e del sistema nervoso. Alti livelli di piombo possono causare carenza di proteine e se si presenta anche carenza di vitamina E la probabilità di intossicazione è maggiore.
La cura più usata in caso di avvelenamento da piombo consiste in una dieta a base di calcio, iniezioni di una soluzione di cloruro di calcio e l’assunzione di vitamina D. Il calcio impedisce l’accumularsi del piombo nel corpo riducendone l’assorbimento nel tratto intestinale. Una quantità insufficiente di calcio permette l’accumularsi del piombo nel sangue, nelle ossa e nei tessuti morbidi.
La vitamina C somministrata in dosi che possono raggiungere i 6 grammi al giorno può favorire l’eliminazione del piombo. Sono efficaci anche gli aminoacidi cisteina e metionina e gli altri minerali. La tiamina ha un effetto molto potente nei confronti di questa tossina.
Un modo efficace per prevenire l’avvelenamento da piombo è l’assunzione quotidiana di piccole quantità di alginato di sodio. L’alginato di sodio è una sostanza non nutritiva che si trova nelle alghe kelp del Pacifico e viene utilizzata nella preparazione di diversi cibi per dare una consistenza più densa. Si attacca al piombo presente e lo trasporta dolcemente fuori dal corpo.
Effetti da carenza e sintomi
Non ci sono informazioni disponibili sull’argomento.
Effetti benefici nelle malattie
Non ci sono informazioni disponibili sull’argomento.
NICHEL
Descrizione
Il nichel è un minerale in traccia essenziale nel corpo umano. Ricerche eseguite su esseri umani e animali mostrano che il nichel ha una funzione nel metabolismo degli ormoni, dei lipidi e della membrana e nell’integrità della membrana cellulare. E’ un attivatore di alcuni enzimi - nel fegato arginasi, tripsina e carbossilasi - e partecipa al metabolismo del glucosio. Se ne trovano quantità importanti nel DNA e nell’RNA e può agire come stabilizzatore di questi acidi nucleici.
Il nichel è un sottoprodotto di molte industrie; si trova nei carburanti per riscaldamento, nel fumo delle sigarette, nei fertilizzanti a base di superfosfato e nei gas di scarico delle autovetture. I grassi e gli oli idrogenati, come la margarina o i condimenti e gli alimenti raffinati e lavorati contengono questo minerale. Tra i cibi il nichel è presente nei frutti di mare, nei cereali, nel grano saraceno, nell’avena, nei legumi, nei semi e nel cavolo.
Assimilazione ed immagazzinamento
La quantità di nichel realmente assorbita dall’intestino è minima. L’assunzione media giornaliera va dai 0,17 ai 0,7 microgrammi. L’assunzione quotidiana attraverso l’alimentazione varia molto secondo la quantità di minerale contenuta nel terreno e può variare da alcuni microgrammi sino a diverse centinaia di milligrammi. La maggior parte del minerale passa nell’urina o nelle feci. I reni regolano la quantità di nichel trattenuta o eliminata dal corpo.
L’uso di utensili che contengono nichel per la cottura degli alimenti può causare un passaggio del minerale nel cibo e questo dovrebbe essere evitato. Gli utensili da cucina in acciaio inossidabile possono contenere nichel che può passare negli alimenti più acidi.
Dosaggio e tossicità
Il nichel è tossico per gli esseri umani se assunto a livelli troppo elevati. Si possono riscontrare livelli eccessivamente alti di nichel nelle persone colpite da infarto al miocardio, ictus, cancro all’utero, ustioni e tossiemia gravidica. Sono comuni le allergie ad alcuni orecchini che contengono leghe di nichel usati per forare i lobi delle orecchie. I dentisti utilizzano spesso ferri a base di leghe di nichel per i loro interventi chirurgici.
La tossicità del nichel aumenta quando il minerale si combina con ossido di carbonio creando il nichel carbonile. Questo elemento viene ottenuto nel corso di diversi processi di lavorazione industriale. E’ anche un componente del fumo delle sigarette. Alcune ricerche effettuate sui ratti hanno mostrato che la quantità di nichel responsabile del cancro ai polmoni può essere ottenuta fumando 15 sigarette al giorno per la durata di un anno.
Negli animali l’avvelenamento da nichel si manifesta con gonfiore agli arti ed esaurimento dei grassi e dell’ossigeno nel fegato. Il nichel si accumula nel fegato, nelle ossa e nell’aorta. Tra i sintomi dell’avvelenamento da nichel ricordiamo emicrania, vertigini, nausea, vomito, problemi respiratori, interferenza con gli enzimi nei ciclo di Krebs, eruzioni cutanee, dolori al torace e tosse.
L’analisi del capello permette di individuare eventuali intossicazioni da nichel.
Effetti da carenza e sintomi
La carenza di nichel può essere provocata da cirrosi epatica, scompenso renale cronico, sudorazione eccessiva, cattivo assorbimento intestinale e stress. Tale carenza può anche aggravare l’anemia causata da mancanza di ferro. La carenza di nichel può influenzare il metabolismo di zinco e ferro.
I sintomi sono insufficienza epatica, crescita stentata, cambiamenti del colore della pelle e problemi dell’apparato riproduttivo.
Effetti benefici nelle malattie
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La formaldeide (o aldeide formica, nome IUPAC: metanale) è la più semplice delle aldeidi. La sua formula chimica è HCHO, il suo numero CAS è 50-00-0. In soluzione acquosa al 37% è commercialmente nota anche con il nome di formalina.
La sua molecola è planare; l'atomo di carbonio ha ibridazione sp2 ed è al centro di un triangolo circa equilatero ai cui vertici si trovano i due atomi di idrogeno e quello di ossigeno.
paraformaldeide (1,3,5-triossano)Benché gassosa a temperatura ambiente, si trova generalmente in due forme: come soluzione acquosa al 37% o come paraformaldeide (nome IUPAC: 1,3,5-triossano), molecola ciclica formata dall'unione di tre molecole di formaldeide. La ciclizzazione è una reazione reversibile, la paraformaldeide può essere riconvertita in formaldeide.
Le sue soluzioni acquose sono incolori e posseggono un odore caratteristico.
La formaldeide presenta il tipico comportamento chimico delle aldeidi, con la differenza di possedere una maggiore reattività. La formaldeide è un forte elettrofilo ed in quanto tale può dare reazione di sostituzione con i composti aromatici e di addizione agli alcheni.
In presenza di basi, subisce la reazione di Cannizzaro (vedi alcoli) trasformandosi in acido formico e metanolo.
La reazione di Cannizzaro è un esempio di disproporzionamento (o dismutazione), ossia una reazione in cui parte di un composto subisce un'ossidazione mentre un'altra parte subisce una riduzione.
La formaldeide in soluzione acquosa reagisce facilmente con l'ossigeno dell'aria, che la ossida ad acido formico.
Indice [nascondi]
1 Produzione
2 Utilizzi
3 Effetti sulla salute umana
4 Note
5 Voci correlate
Produzione [modifica]
Industrialmente, la formaldeide è prodotta per ossidazione catalitica del metanolo. I catalizzatori più usati sono l'argento metallico ed una miscela di molibdeno e ossido di ferro. Con quest'ultimo catalizzatore, la reazione ha luogo a 400 °C ed è la seguente
CH3OH + ½ O2 → HCHO + H2O
Con l'argento la reazione viene condotta a temperatura superiore, 650 °C; alla reazione sopra indicata si accompagna anche quella di de-idrogenazione:
CH3OH → HCHO + H2
Utilizzi [modifica]
La formaldeide è un potente battericida; le soluzioni acquose di formaldeide trovano largo impiego come disinfettanti per uso domestico, e nella produzione di tessuti a livello industriale viene utilizzata come battericida. Nella formalina vengono anche conservati campioni di materiale biologico. Trova del resto vasto impiego anche nelle tecniche di imbalsamazione.
Viene anche utilizzato in soluzione acquosa (formolo) per la produzione di vaccini, sia per produrre anafilotossine (o tossoidi, tossine che perdono la tossicità ma mantengono la immunogenicità) a partire da tossine batteriche, sia per produrre vaccini basati su microrganismi uccisi.
La maggior parte della formaldeide prodotta è destinata però alla produzione di polimeri e di altri composti chimici.
Per reazione con il fenolo polimerizza dando la bachelite, una resina termo-indurente. In maniera analoga reagisce con l'urea e la melammina, le cui resine trovano uso come laminati plastici, adesivi e schiume isolanti. Essa è contenuta in diversi composti, ad esempio: Imidozolidinyl urea, Sodium Hydroxymrthyl Glycinate, DMDM hydantoin, 2-Bromo-2 Nitropropane-1, 3-Diol, Bronopol, Bronidox, Diazolidinyl–urea, 5-Bromo-5Nitro-1, 3-Dioxane.
La formaldeide è anche un reagente impiegato per produrre altri composti organici; molti di essi sono polialcoli, come la pentaeritrite.
Tra gli additivi alimentari è identificata dalla sigla E 240, ed è usata come conservante. Difatti è presente nel fumo di legno ed è, insieme ai polifenoli, responsabile della conservazione dei prodotti alimentari affumicati.
La formaldeide, insieme all'urea, è impiegata come vernice collante di pannelli in legno di truciolato, nobilitato o Medium-density fibreboard, è contenuta nei pannelli fonoassorbenti dei controsoffitti, nelle pareti divisorie degli uffici open space. Tende a distaccarsi negli anni e a volatilizzarsi nell'ambiente circostante.
Effetti sulla salute umana [modifica]
Dato il largo impiego di resine derivate dalla formaldeide nelle produzioni di manufatti, rivestimenti e schiume isolanti, considerato che queste tendono a rilasciare nel tempo molecole di formaldeide nell'ambiente, la formaldeide è uno dei più diffusi inquinanti di interni. A concentrazioni nell'aria superiori a 0,1 ppm può irritare per inalazione le mucose e gli occhi.
L'ingestione o l'esposizione a quantità consistenti sono potenzialmente letali.
La cancerogenicità è stata accertata sui roditori, dove la formaldeide provoca un tasso di incidenza di cancro al naso ed alla gola superiori al normale; la formaldeide è in grado di interferire con i legami tra Dna e proteine.
L'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) sin dal 2004 ha inserito la formaldeide nell'elenco delle sostanze considerate con certezza cancerogene per la specie umana[1]. Va considerato che le concentrazioni di formaldeide presenti normalmente all'interno degli edifici sono generalmente basse, mentre vanno accuratamente valutati i rischi per gli addetti alle lavorazioni industriali che impiegano formaldeide.
L' Organizzazione Mondiale della Sanità ha indicato, come limite massimo di concentrazione accettabile di formaldeide in casa, 100 microgrammi / metrocubo (pari a 0,1 parti per milione - pp).
Caratteristiche intrinseche: composizione chimica
I principi attivi utilizzati a scopo antiparassitario sono raggruppabili in grandi "famiglie chimiche" cioè hanno una composizione e struttura chimica simile fra loro.
Le più importanti sono nel caso degli insetticidi: fosforganici, carbammati, benzoiluree, clororganici, piretroidi.
Nel caso dei fungicidi le famiglie chimiche più grosse sono: ditiocarbammati, tioftalimmidi, benzimidazoli, triazoli, fenilammidi, dicarbossimidici, rameici, morfoline, strobilurine; vi sono altre famiglie chimiche con pochi composti, ma non per questo di minore importanza applicativa.
La conoscenza della famiglia chimica di appartenenza dei diversi principi attivi è fondamentale per alternarli in modo tale da evitare fenomeni di assuefazione o resistenza da parte dei parassiti. E’ ragionevole pensare che più le molecole sono diverse chimicamente più è difficile la comparsa di assuefazione o resistenza; questo concetto è particolarmente importante nella lotta contro gli insetti, poiché si effettuano ripetutamente trattamenti ravvicinati e per il fatto che questi artropodi sono particolarmente predisposti all’insorgere dei resistenza a causa della possibilità di molte generazioni nell’anno. La resistenza comunque è nota anche da parte di alcuni funghi verso determinati fungicidi, ma compare con più lentezza.
Caratteristiche funzionali: organismi bersaglio
Fondamentale è la scelta dell’antiparassitario in funzione dell’organismo da combattere. A questo scopo facciamo alcune precisazioni
insetticidi. In genere sono principi attivi che colpiscono pressoché tutti gli insetti. Il criterio di scelta, in questo caso, sarà quello di scegliere in base al meccanismo d’azione nei confronti dell’insetto (azione di contatto, ingestione, asfissia). Alcuni insetticidi hanno anche azione nematocida e alcuni sono anche acaricidi. Queste caratteristiche vanno attentamente valutate quando si deve effettuare un trattamento. Il meccanismo di azione è nella maggior parte dei casi quello di anticolinesterasico cioè interferiscono nella trasmissione dello stimolo nervoso o neuromuscolare provocando paralisi dell’insetto. Più recentemente sono state introdotte molecole che invece disturbano la muta degli insetti (denominati IGR=insect growth regulator). Altro meccanismo (poche molecole per la verità) è quello di inibizione della respirazione. Questo diverso meccanismo di azione è un altro criterio che può guidare nell’alternanza fra diversi insetticidi nella pratica di azienda.
Fungicidi. Si tratta di molecole che combattono i parassiti fungini delle piante coltivate. La scelta deve essere più attenta rispetto agli insetticidi poiché hanno un’azione più selettiva cioè sono attive solo verso certi funghi e non altri. Diventa quindi importante un’attenta diagnosi a evitare insuccessi nella lotta fitopatologica. I meccanismi di azione sono di tipo biochimico e principalmente si possono ricondurre a tre schemi di funzionamento:
uno è quello di inibizione dei processi respiratori (andando a disturbare il ciclo di Krebs o la conseguente fosforilazione ossidativa);
un altro è quello di inibizione della biosintesi degli steroli (e conseguenti anomalie di crescita e di sviluppo del micelio e dei conidi);
ultimo meccanismo di azione è quello di inibizione della divisione cellulare (andando a interferire con i microtubuli di tubulina).
Acaricidi Sotto questa dizione troviamo composti di diversa composizione che hanno efficacia diversa a seconda dei gruppi sistematici di acari fitofagi (tetranichidi, tarsonemidi, eriofidi, tenuipalpidi). Quindi nella scelta dell’antiparassitario si dovrà prima diagnosticare di quale gruppo sistematico si tratta e poi decidere quale principio attivo utilizzare. Inoltre si dovrà porre attenzione al fatto che alcuni acaricidi sono adulticidi, altri ovicidi e altri colpiscono gli stadi preimmaginali.
Come già detto, alcuni insetticidi hanno anche efficacia acaricida e in questo caso il meccanismo di azione è quello anticolinesterasico già descritto. Altri acaricidi sono in genere inibitori della respirazione.
Battericidi Non ci sono, allo stato attuale, veri e propri battericidi utilizzabili in agricoltura. I sali di rame hanno una buona azione preventiva; sembra che ci sia una certa azione anche da parte di estratti di propoli. Gli antibiotici sono vietati in agricoltura.
Erbicidi Per questa particolare categoria di antiparassitari (o prodotti fitosanitari che dir si voglia) è fondamentale la scelta del meccanismo di azione e della selettività rispetto alla specie in coltivazione. Una semplicistica, ma efficace, classificazione distingue diserbanti contro essenze a foglia larga o a foglia stretta (rispettivamente dicotiledoni e monocotiledoni) e in questo si realizza un primo criterio di selettività. Altri sono diserbanti antigerminello, cioè sono efficaci nel colpire i semi in via di germinazione; anche questo è un modo di ottenere selettività. Ci sono poi i "diserbanti totali" che hanno azione disseccante e la selettività in questo caso non esiste.Il meccanismo di azione degli erbicidi è quanto mai vario e si basa in molti casi sull’inibizione della fotosintesi nelle piante colpite.
Limacidi. Sono pochi principi attivi quelli che combattono le chiocciole o le limacce. Oggigiorno esistono anche formulati biologici a base di nematodi che combattono efficacemente le limacce.
Rodenticidi. Si tratta per lo più di anticoagulanti. In realtà trovano scarso impiego in agricoltura, ma soprattutto vengono utilizzati nella lotta ai ratti in magazzini, fogne, ecc.
fitoregolatori: non hanno alcun organismo bersaglio.
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