tag:blogger.com,1999:blog-4533954333384499647.post7454086711618925421..comments2023-07-26T11:54:51.738+02:00Comments on Unirsi contro la SLA: Fabio e Fabriziohttp://www.blogger.com/profile/02253071031154147581noreply@blogger.comBlogger4125tag:blogger.com,1999:blog-4533954333384499647.post-52320378887154830102010-03-13T15:52:43.499+01:002010-03-13T15:52:43.499+01:00Adesso, dopo otto o nove viaggi, potrei fare la gu...Adesso, dopo otto o nove viaggi, potrei fare la guida. E' difficile da spiegare, ma Lourdes ti ricarica le pile: è la magia dell'aria che respiri, sia per chi crede sia per chi non crede. Io penso seriamente di essere stato miracolato. “Dentro”. Un miracolo spirituale. Il mio atteggiamento è cambiato molto. Devo ai viaggi a Lourdes la mia serenità».<br /><br />La vita oggi<br />Per un anno, un anno e mezzo riesce a fare una vita normale, o quasi. Quasi, perché deve smettere di correre, e poi di guidare. Ma cerca di continuare a fare quello che ha sempre fatto. «Per me è stato relativamente facile, abituarmi alla malattia. Perché per fortuna procedeva lentamente, mi dava il tempo di abituarmi ai cambiamenti.<br />Certo, è brutta. Molto brutta. Tutto cambia: le cose che facevi non le puoi più fare. E ti arrabbi, eccome se ti arrabbi, ma devi fartene una ragione. Molti non ci riescono e stanno ancora peggio. La mia serenità mi aiuta molto».<br />Per molto tempo, tiene tutto dentro di sé. Al fratello Giuseppe, di un anno più giovane, viene diagnosticato un tumore. Per non far preoccupare ulteriormente i genitori, non dice nulla. «A volte, mi capitava di cadere, in casa dei miei. Loro, preoccupatissimi. <br />E io, bluffando, ripetevo che non era nulla, trovavo delle scuse». Il calvario di Giuseppe – allucinante per sfortuna, diagnosi sbagliate, false illusioni, terapie massacranti – finisce lo scorso 8 ottobre. Se n'è andato che non aveva ancora quarant'anni.<br /><br />Da due anni, Francesco vive quasi solo sulla carrozzina. Riesce a lavorare, sempre come tecnico di laboratorio (da quest'anno all'istituto Giordani): e già questo è un grande aiuto. Il problema è dipendere dagli altri, sempre. «Hai sete? Se non c'è qualcuno che ti dà da bere resti a secco. Hai la candela al naso? Se qualcuno non ti aiuta te la tieni. Hai bisogno di tutto e di tutti. E' questo il problema». Il discorso di sempre: o ti abbatti, o reagisci. «Io reagisco. Guai a chiudersi in casa, guai a piangersi addosso. Esco, vedo gli amici, vado in giro con mia moglie e le mie bimbe». E pensa a New York, alla prossima sfida. Ci pensa e sorride. No, non si può piangere, pensando alla sua grande sfida.Fabio e Fabriziohttps://www.blogger.com/profile/02253071031154147581noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4533954333384499647.post-54235201943520822662010-03-13T15:51:40.309+01:002010-03-13T15:51:40.309+01:00«E non apriamo questo capitolo – sospira lui – per...«E non apriamo questo capitolo – sospira lui – perché, tranne rare eccezioni, ho trovato ben poca umanità e professionalità, nei miei giri per ospedali e cliniche». Solo verso la fine del 2004 qualcuno, all'ospedale di Vaio, pronuncia la parola Sla. Ma è solo un'ipotesi, per il momento. Altri esami, altri accertamenti.<br />«Una volta dovevo fare un test sotto sforzo. Chiedo come lo eseguono. “In genere facciamo fare le scale e poi procediamo con l'esame”.<br />No, dico io. Io sono un podista: preferisco correre. Mi metto in pantaloncini e maglietta, esco da Vaio e imbocco la strada panoramica per Salso. Arrivo quasi a Salso e torno indietro, sudato fradicio. Sono pronto per l'esame, dico ai medici. Mi hanno dato del matto. Ma a me piaceva, correre».<br /><br />La diagnosi<br />Marzo 2005. «Mi ricordo bene, quella dottoressa. Guardava il pavimento e non alzava mai gli occhi». Hai la Sla, caro Francesco. Lui lo sapeva già: da mesi studiava, faceva ricerche. Sapeva che quella brutta cosa non viene diagnosticata subito, si va per esclusione. Ma la speranza di sbagliarsi c'era, ovviamente.<br />Invece, no. «“Non ti preoccupare, si vive bene anche su una sedia e rotelle – mi dice la dottoressa –. E mi chiede se credo nella reincarnazione, e mi scrive su un foglietto il titolo di un libro che parla di quello. “Magari ti aiuterà” ». Non è un film, così glielo dicono. «Per un giorno e mezzo ho guardato un muro della mia camera.<br />Immobile. Senza aprire bocca. O uno apre la finestra e si butta giù o reagisce, non ci sono altre strade. Io ho reagito». Ma come si fa a reagire? Come diavolo si fa? «Grazie allo sport, mi ha aiutato molto – dice convinto –. Sono uno che non molla, io». Una volta c'era da fare il tiro decisivo a un secondo dalla sirena: e la palla scottava, nelle mani.<br />Adesso c'è un'altra partita, da giocare. «Anche lo spirito alpino mi ha aiutato. Molto. Anche la fede, anche Lourdes. C'ero già andato diverse volte, prima della malattiaFabio e Fabriziohttps://www.blogger.com/profile/02253071031154147581noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4533954333384499647.post-5644567066578847422010-03-13T15:51:18.094+01:002010-03-13T15:51:18.094+01:00«Ho sempre tenuto molto alla “Gazzetta”: ricordo a...«Ho sempre tenuto molto alla “Gazzetta”: ricordo ancora con quanto entusiasmo ho lavorato per l'adunata parmigiana degli Alpini, per esempio. O le trasferte in Grecia, in Ucraina e alle Baleari per seguire il Lavezzini in Coppa Ronchetti. Avevo anche fatto un pensierino a cercare di fare del giornalismo una professione: ma la malattia l'ha reso impossibile.<br />Però tengo ancora tutti i miei articoli: anche quelli che ho scritto per la “Gazzetta dello Sport”, per il “Corriere della Sera”». Nel frattempo, inizia a lavorare a scuola, come tecnico di laboratorio.<br /><br />La passione per il podismo<br />Smette di giocare a basket a 33 anni, e si dà al podismo. «Correvo anche prima, soprattutto d'estate, quando non c'era il campionato.<br />Ma non avevo mai fatto gare. Mi sono messo a correre un po' più seriamente, ma sempre da amatore.<br />Mi facevo le tabelle da solo, grazie ai miei studi all'Isef: e ho cominciato a fare le prime gare». <br />Rigorosamente con la canotta del Cus, il vecchio amore (ma per le corse non competitive indossa quella dei Marciatori parmensi).<br />Comincia con le 10 chilometri, poi aumenta pian piano le distanze.<br />Corre tre mezze maratone: la Cariparma Running, le Terre verdiane e quella di Reggiolo. «Il mio obiettivo era aumentare la distanza e correre la maratona. Avevo un sogno, da sempre: potermi allenare bene, fare una bella maratona e poi accompagnare in una 42 Km un non vedente». Non fa in tempo a coronare il sogno.<br /><br />La malattia<br />«I primi sintomi sono arrivati proprio correndo, nel 2000: mi capitava di essere molto stanco, dopo un allenamento: ma non davo peso alla cosa, pensavo di essere stressato, poco allenato. E non l'ho dato nemmeno a una strana cosa che mi è successa qualche volta: mentre mi facevo la barba, mi capitava che il pollice si bloccasse: tornava normale solo massaggiandolo a lungo ». Il medico gli prescrive gli esami del sangue: tutto a posto, tranne il Cpk, l'enzima muscolare, che è molto alto. «Mi stancavo sempre di più. Mi capitava di fare 4 chilometri e mi sembrava di averne fatto 40». Altri medici, altri esami. «Niente di strano, non hai niente».Fabio e Fabriziohttps://www.blogger.com/profile/02253071031154147581noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4533954333384499647.post-55614865154254392712010-03-13T15:49:33.860+01:002010-03-13T15:49:33.860+01:00Vietato piangere. Non si può. Non si può piangere ...Vietato piangere. Non si può. Non si può piangere per una malattia, quando la persona che la malattia la vive, e subisce, giorno dopo giorno, sa affrontarla con tanta serenità, con tanto coraggio. Non si può piangere pensando a Francesco, se lo si sente raccontare la sua storia. Francesco è uno nato per lo sport.<br />Giocatore di pallacanestro e podista, ma anche istruttore in palestra e allenatore (sempre di basket). Non gioca, non corre, non allena più: non può. E' seduto su una carrozzina, non muove più le gambe né le braccia. Da quando nella sua vita è arrivata una brutta cosa, la Sla.<br />Francesco Canali ha 41 anni, una moglie, Antonella, bella e determinata come lui, e due figlie splendide: Laura, 8 anni, e Martina, 5. Francesco ha un sogno: correre la maratona di New York.<br />Correrla sulla carrozzina, con quattro amici che si alterneranno a spingerlo. Il sogno diventerà realtà il prossimo novembre: e servirà a raccogliere fondi per l'Aisla, l'associazione che aiuta i malati di questa brutta cosa.<br />Non si può piangere, nemmeno se (è il caso di chi scrive) si conosce Francesco da qualcosa come trent'anni, dai banchi della prima media, alla Giordani, dai parquet del minibasket. E se si ha avuto l'onore, perché di questo si tratta, di essere cooptato come parte del progetto: con l'incarico, da amico di antica data e da neofita maratoneta, di essere uno di quelli che spingeranno la carrozzina. Da Staten Island a Brooklyn, dal Queens a Manhattan, dal Bronx di nuovo a Manhattan. Anche là, quando entreremo in Central Park e saremo a poche miglia dal traguardo, sarà vietato piangere: non sarà facile, lo sappiamo già tutti.<br /><br />Una vita per lo sport<br />La passione per il basket sboccia già alle elementari. La prima casacca di una carriera lunga 25 anni è quella della Montebello. Poi quella della mitica Cbm (nel settore giovanile) e vent'anni di Cus (con parentesi alla Parmense, alla Ducale e all'Excelsior). Play prima e guardia poi. Con buone doti tecniche e una grande elevazione.<br />«Sono alto 1 metro e 80. Se mi davi una palla da pallavolo, schiacciavo che era un piacere.<br />Con la palla da basket, no: perché non ho le mani abbastanza grandi per tenerla». A 16 anni fa un provino per la Nazionale cadetti. Un giorno che non dimenticherà mai: perché sul parquet conosce Gianluca Manghi, nascerà un'amicizia bellissima. «Faceva il pivot, era 20 centimetri più alto di me e me l'hanno fatto marcare.<br />Una faticaccia». Come allenatori, Francesco ha, tra gli altri, Paolo Gandolfi – al quale resta molto affezionato – Clyde Insogna, Daniele Gatti e Claudio Gorreri.<br /><br />La penna nera<br />Intanto, gli anni passano. Dopo le medie, va all'Itis e poi si iscrive all'Isef.<br />Al mattino studia, al pomeriggio va in palestra a tenere corsi e alla sera si allena e poi esce con gli amici. A vent'anni tutto è possibile.<br />Va soldato negli Alpini: Car a Cuneo e destinazione a Trento, nel Genio pionieri. Lo spirito degli Alpini gli entra «dentro»: se ne renderà conto molto più tardi, sarà fondamentale anche per affrontare le difficoltà della malattia. «E' una cosa difficile da spiegare – di - ce lui –. Ma l'aria che si respira non si dimentica più. La solidarietà, la fatica, l'amicizia».<br /><br />Giornalista per vocazione<br />Dopo il congedo, comincia a scrivere i primi pezzi per la «Gazzetta ». Per lo sport, per la provincia, per la cronaca, per gli spettacoli.<br />«Ho una casa a Lalatta del Cardinale, vicino a Palanzano, là conosco tutto e tutti. Sono diventato il corrispondente del paese: saltavo in macchina e andavo, a caccia di notizie. Magari partivo all'alba, stavo a Palanzano mezza giornata e tornavo per scrivere un pezzo». <br />Adesso non può più, ma è orgoglioso di essere ancora un collaboratore insostituibile: per l'attività degli Alpini, per il basket, per le iniziative dell'Aisla. Anche se i pezzi non riesce più a scriverli: deve dettarli a un software di riconoscimento vocale, che li scrive al posto suo.Fabio e Fabriziohttps://www.blogger.com/profile/02253071031154147581noreply@blogger.com